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Alla scoperta dell'Ambiente Televisivo Digitale


Si potrebbe dire che il clima dell'ambiente tv è caldo ma secco, di quel secco che non da fastidio come l'aria ferma e umida. L'ambiente televisivo non è fermo, anzi, è in fermento come da anni non accadeva, nuove parole vengono alla ribalta e nulla è più chiaro come prima. La locuzione "Ambiente Digitale" è da qualche giorno protagonista negli spot di presentazione dell'iniziativa "TiVù" ("Noi ci siamo, vieni anche tu"), che per molti è ancora poco definita. Effettivamente l'uso di espressioni vaghe come "Ambiente Digitale" non aiuta a capire molto bene di cosa si stia parlando e in più vediamo che gli elementi del sistema televisivo nella sua globalità, i protagonisti sullo schermo, le tecniche di trasmissione e gli assetti societari, sono oggi tutti in discussione e in movimento. Il "passaggio di Fiorello a SKY" (accostato anche a tutti gli altri che stanno pensando di fare lo stesso, come Panariello) assume un altro senso ed un diverso valore se accostato al lancio della società "TiVù", a sua volta collegata alla decisione, immediatamente successiva, di creare uno "standard IPTV" per unificare tecnicamente l'offerta video digitale su cavo. Insomma, siamo di fronte ad un riassetto complessivo del sistema e tutte queste vicende assumono nell'informazione spesso i caratteri retorici tipici dello sport: i personaggi "cambiano maglia", fra piattaforme "è scontro", ci sarà "un vincitore" ed il tutto è shakerato "in un turbine di sesso e politica" se aggiungiamo i nuovi canali Dahlia per adulti e anche un pizzico di querelle "Europa7", la quale dopo aver finalmente avuto in dote una isofrequenza nazionale in banda VHF ha stranamente dichiarato di voler trasmettere solo in analogico, vanificando a se stessa uno straordinario vantaggio competitivo.
Quella che in precedenza veniva chiamata vagamente "piattaforma TiVù" oggi diviene più correttamente "Ambiente Digitale" che, seppur non immediatamente chiarissimo, ha un senso nell'ottica di "neutralità tecnologica" che spesso si invoca come un dovere inderogabile. TiVù dichiara di riferirsi all'"Ambiente Digitale" perchè i suoi servizi e i suoi prodotti sono messi a disposizione dei soci indipendentemente dalla tecnica di trasmissione che usano o che decideranno di usare in futuro, che sia "terrestre" o "satellitare". TiVù è semplicemente la società che riunisce tutte le emittenti italiane interessate a mettere in comune politiche commerciali, risorse tecniche e di comunicazione per lo sviluppo di servizi per la televisione digitale, non soltanto della "televisione gratuita", non soltanto per "il digitale terrestre", altro che "Raiset" subito paventata come ennesimo inciucio insopportabile. Per quanto riguarda la trasmissione da terra l'intento è chiaro, creare l'impatto comunicazionale di "piattaforma" come ha fatto Freeview in Inghilterra, per mitigare le infinite criticità che il passaggio al digitale sta sopportando. Non che questa operazione abbia una reale valenza tecnica, infatti la televisione da terra si può trasmettere in maniera relativamente facile anche senza fare consorzi, ma è certamente utile presentare al mercato, abituato a ragionare "per piattaforme" invece che per "emittenti" o per "palinsesti", un'"offerta compatta" (e soprattutto gratuita...) limitando così i danni di una preconcetta e spesso irragionevole opposizione verso la nuova tecnica di trasmissione, in se stessa neutra. La vera novità di TiVù è però l'iniziativa per la trasmissione via satellite (a volte indicata come "TiVùSat"), in particolare la proposta ai soci per uno standard unico nazionale di crittazione del tipo "Nagravision", allo scopo di fornire un pacchetto di servizi facile e consolidato per chi vuole trasmettere contenuti dei quali non si possiedono i diritti per l'Europa oppure per fare televisione a pagamento (da dire sottovoce perchè sembra che in Italia parlare di televisione a pagamento sia un peccato grave, del quale soprattutto il "servizio pubblico" pare non possa macchiarsi). Il motivo per cui il solo effetto annuncio dell'accordo fra tutti i network nazionali è stato dirompente per gli addetti ai lavori è chiaro: finalmente è possibile pensare di trasmettere qualcosa di criptato senza dover fare i conti con una monopolistica realtà, non quella di SKY "piattaforma satellitare" ma quella di "SKY milioni di ricevitori già montati nelle case" degli italiani non in grado di decrittare programmi "alieni" al sistema NDS Videoguard.
Forse anche a causa di una informazione non corretta, non tutti sanno che i canali della televisione di tutti i giorni, quelli banalmente chiamati "generalisti", sono già trasmessi via satellite dai rispettivi network e non da SKY Italia. Essi sono dunque normalmente ricevibili in digitale con qualsiasi ricevitore (anche di costo inferiore ai trenta euro) e senza pagare alcun abbonamento, anche con i ricevitori di SKY (anche con i vecchi ricevitori Italtel che utilizzava la vecchia Stream). Trasmettere via satellite programmi per i quali non si detengono i diritti europei può essere però un problema, per farlo bisogna avere una licenza di crittaggio con uno dei sistemi a disposizione per impedirne la ricezione generalizzata in tutto il continente. Volendo assicurarsi una audience significativa bisogna tenere conto del fatto che in questo momento nelle case degli italiani ci sono praticamente solo ricevitori sat in grado di gestire il singolo sistema di crittaggio di proprietà News Corp. ovvero SKY. Fino ad oggi RAI ha utilizzato il sistema di crittaggio NDS (e non i servizi di tramissione della società di Murdoch), essenzialmente per consentire la ricezione dei propri programmi crittati a quella maggioranza di italiani che possiedono un ricevitore targato SKY, non per una esclusiva tecnicamente necessaria ma per una esclusiva praticamente necessaria. Oltretutto con SKY esistono rapporti commerciali consolidati che spingono alla collaborazione, ad esempio RAI vende "a pacchetto" diversi palinsesti/canali creati appositamente per rimpolpare l'offerta (rinunciando alla vendita "al minuto"), oltre a produrre canali tematici come "Roma Channel".
Quindi non è esatto sostenere tout court che i canali "generalisti" fanno parte integrante del "pacchetto SKY" e va intesa bene la richiesta fatta da SKY in queste ore di "trasmettere il canale RAI4 su SKY" perchè il canale RAI4 è già trasmesso via satellite (per esempio sulla frequenza 10992 MHz di Hot Bird 6 dai 13.0° Est) attraverso i normali trasponder RAI affittati dal consorzio Eutelsat. In questo momento tutti gli abbonati SKY che usano il ricevitore SKY possono vedere i canali non crittati trasmessi da chiunque (soprattutto se inseriti nella lista EPG, notoriamente molto difficile da aggirare per comandare direttamente la macchina) e quindi anche RAI4 se "on air". In futuro, invece, potrebbe non essere così perchè i ricevitori di SKY non possono usare il sistema Nagravision e se RAI decidesse (o avesse la necessità) di crittare anche momentaneamente il singolo programma, evidentemente con il sistema Nagravision scelto da TiVù, lo "schermo SKY" rimarrebbe desolantemente nero. E' dunque questo il senso della notizia di oggi: SKY è preoccupata di non poter offrire attraverso il suo ricevitore "proprietario" un canale di successo che può spingere all'uso di un altro ricevitore, un ricevitore "aperto" e non proprietario che a differenza di quello SKY sarà in grado di visualizzare democraticamente tutti i canali italiani, tranne quelli proprietari di SKY, ed anche con un sistema di EPG standard (l'altra importante "mission" del consorzio TiVù), da condividere anche con le trasmissioni terrestri, completo, aperto e condiviso da tutte le emittenti. Considerando che un ricevitore adatto alla decrittazione Nagravision (come quelli detti "Common Interface" in vendita da anni) costa poche decine di euro si comprende meglio la preoccupazione del network del magnate australiano: perdere il monopolio dei salotti italiani, restii ad aggiungere scatole su scatole, fili su fili. Ad onor del vero, chi è causa del suo male deve piangere innanzitutto se stesso, se SKY non avesse deciso di obbligare i suoi abbonati all'uso di un ricevitore particolare e si fosse accontentata di fornire buoni progammi con un modello di business ragionevole attraverso ricevitori "aperti", oggi non rischierebbe di essere tagliata fuori dall'audience generale italiana, quella vera, quella consistente in decine di milioni di ricevitori. Qualcuno potrebbe dire "è il mercato, bellezza".
In questo senso si capisce l'urgenza di organizzare una vera televisione, come fino ad oggi non aveva fatto. SKY Italia è stata fino ad oggi soprattutto un packager, un assemblatore di programmi prodotti da altri, senza un palinsesto in grado di donare una personalità al singolo canale e trasmessi da un unico punto alle porte di Roma. Un impegno tecnico ben diverso da quello che devono affrontare ogni giorno, sulle montagne di tutta Italia, i tecnici di RaiWay e Elettronica Industriale (le due società che si occupano degli impianti di trasmissione RAI e Mediaset). Per fare una vera televisione, un vero terzo polo, bisogna proporre un vero palinsesto con programmi esclusivi e informazione politica. Per questo Sky ha prima iniziato a produrre fiction e ora si sta dando ottimamente da fare per seguire un percorso di crescita non inedito: è la stesso seguito da Berlusconi quasi trent'anni addietro. Consiste in una semplice strategia, conseguente ad un'altrettanto semplice osservazione: gli spettatori guardano i programmi e non i canali, i personaggi e non i generi. Quindi basta, esattamente come per una squadra di calcio, acquistare i giocatori migliori per ottenere due vantaggi in uno: proporre una squadra vincente da subito e sottrarre risorse agli avversari, spostare programmi e personaggi per trascinare meccanicamente audience. Il progetto è sicuramente vincente, il passato lo dimostra. Potremmo arrivare a suggerire a SKY l'ideazione di uno speciale torneo di calcio, magari con quelle modifiche alle regole evidentemente ridicole che affliggono il nostro calcio "moderno", magari con tante telecamere sui pali per vedere senza storie e complicazioni se è gol o meno.
C'è però una difficoltà per SKY. Nonostante molta parte politica si affanni a sostenere che SKY sia una realtà, che sia il mitologico "terzo polo" confrontabile con gli altri enti televisivi italiani radicati nel tempo e nella società, di fatto lo spettacolo di Fiorello può essere ricevuto al massimo da circa quattro milioni e settecentomila apparecchi. Se Fiorello raggiungerà oltre quattro milioni di case (per poi essere visto da oltre quattordici milioni di spettatori secondo i dati stimati) si potrà dire che ha raggiunto il 100% della sua audience potenziale. Ma si tratta di un dato che non può essere tranquillamente confrontato - succede anche con i dati elettorali - con i precedenti programmi di Fiorello trasmessi con sistemi potenzialmente ricevibili da oltre venti milioni di famiglie. Quindi, riassumendo, in ogni caso sarà un successo perchè Fiorello sarà seguito anche solo per curiosità, sta costruendo un enorme macchina promozionale a costo zero (sorvolando sulla subdola promozione SKY nei centri commerciali, che usa toni terroristici, già denunciata all'Antitrust) che usa come fonte di energia pulita una sorta di entusiasmo progressista per avere, se non altro, smosso le acque paludose dell'analogico (quindi vecchio) ambiente tv. Ma qui non si tratta soltanto di successo inteso come audience, SKY Italia è una società che vende televisione a pagamento e qui la questione è vendere direttamente abbonamenti. Il successo di Fiorello dovrebbe essere misurato ad incremento di abbonamenti più che ad audience. Ed anche volendo considerare Fiorello solo l'inizio di un nuovo corso, riuscirà la società di Tom Mockridge ad aumentare numericamente i suoi abbonati soltanto promettendo fragorose risate e personaggi famosi? Su questo è lecito essere scettici e contemporaneamente avere una certezza. Fra TiVù, che decollerà senza problemi anche senza lanciare un satellite apposta, e SKY che si sta dando da fare per diventare una vera televisione per non essere tagliata fuori, il vincitore già c'è e si chiama YouTube: attraverso quale sistema dell'"Ambiente Digitale" pensate che la maggioranza degli italiani sta vedendo lo show di Fiorello?

L'alta definizione spiegata al popolo


Presentato nell'ambito di SatExpo 2009 - esposizione appena conclusa nella Nuova Fiera di Roma - il volume "Esperienze in Alta Definizione: guida per l'utente" è la seconda pubblicazione di HD Forum Italia, l'associazione che promuove "l'ambiente digitale" ad alta definizione, nonché prodotti e tecnologie legati alla nuova qualità di visione televisiva. Dopo l'uscita dell'"HDbook DTT", dedicato principalmente alle aziende e alla tecnologia digitale terrestre, ecco giungere una vera guida per l'utente finale la quale "intende accompagnare l'utente, viaggiatore tecnologico, fornendogli uno strumento per essere pienamente capace di godere di esperienze in Alta Definizione" e non soltanto per quanto attiene al solo video ma anche per quanto riguarda la parte audio del programma, spesso lasciata erroneamente in secondo piano.
Nonostante il target "generalista" della guida, il seminario "Ricevere, vedere ed ascoltare l’alta definizione a casa" che ha fornito l'occasione per presentarla è stato piuttosto tecnico, rivolto nelle intenzioni alle categorie professionali coinvolte nella transizione digitale, installatori e rivenditori di apparati di elettronica di consumo che hanno l’importantissima e delicata funzione di portare le tecnologie a casa dell’utente, rendendole effettivamente fruibili per tutti. Dopo l’apertura dei lavori da parte del Presidente di HD Forum Italia, Benito Manlio Mari, sono intervenuti Luigi Rocchi della Direzione Strategie Tecnologiche RAI e Cristina Timò della Direzione Tecnica del Comitato Elettrotecnico Italiano che hanno coordinato la redazione del volume, formata da esperti di primo piano nel panorama italiano, ognuno dei quali ha contribuito in modo determinante allo sviluppo della televisione digitale e dell’alta definizione.
Il seminario, anche grazie alla capacità comunicativa degli intervenuti, in particolare dell'Ing. Arrigoni di IDS Multimedia che ha curato la parte più tecnica, è stato in realtà interessante per tutti, non solo per i più tecnici. Ad esempio è stato molto utile per capire quanto - per una fruizione efficace ed efficiente dell'alta definizione televisiva ma anche per dare un senso compiuto alla spesa economica sostenuta - sia necessario mettere in discussione abitudini e credenze oramai pluridecennali, ad esempio quelle che riguardano la distanza dallo schermo durante la visione.
Come illustrato nel corso del seminario, infatti, la distanza di visione dei moderni schermi ad alta definizione segue un criterio diametralmente opposto rispetto ai vecchi tv a tubo catodico. Quante volte ci siamo sentiti ripetere di non stare troppo vicini al televisore, meglio se ad almeno tre o quattro volte la diagonale dello schermo. Oggi è tutto cambiato. Gli schermi non emettono più radiazioni X nè sono carichi elettrostaticamente e soprattutto esiste una relazione inversa fra la risoluzione percepita e la distanza di visione. Detto molto semplicemente: se lo schermo è troppo piccolo non si percepisce l'alta definizione anche se materialmente lo schermo è del tipo "FullHD" da 1080 linee orizzontali. Grazie alla precisa relazione matematica illustrata nel seminario, che collega dimensioni dello schermo, risoluzione e distanza di visione, risulta chiaramente che se la distanza permessa dal nostro arredamento è di due metri e mezzo serve uno schermo di almeno 60 pollici per godere pienamente (a livello percettivo) dell'alta definizione, con schermi più piccoli la sensazione di definizione dell'immagine sarebbe inferiore, al punto di vanificare la differenza di prezzo necessaria per avere uno schermo FullHD da 1080 linee invece di uno schermo HDready da 720 linee. In linea di principio quindi è cosa buona e giusta mettersi oggi molto più vicini al televisore, rispetto al passato.
Il volume "Esperienze in Alta Definizione" è scaricabile sottoforma di file PDF dal sito di HD Forum Italia all'indirizzo http://www.hdforumitalia.org/HD-AltaDef.asp, previa registrazione gratuita. Nello stesso sito è, infine, approfondibile la materia "tv digitale" secondo molti aspetti ed anche iscriversi alla newsletter dell'associazione per rimanere automaticamente aggiornati e informati.

Tv, banane e limoni

Eh si, da tempo siamo abituati al colore (secondo la pubblicità) da controllare quando si comprano banane. Adesso è il turno dei televisori: dal 3 aprile scatta l'obbligo di vendita per apparecchi con solo il sinto digitale terrestre integrato.

Per non prendere "limoni" (che in USA sta per "sola", alla romana) bisogna controllare le caratteristiche tecniche o, se presente, il "bollino DGTVi". E' utile ricordare che esistono due bollini, quello bianco e quello blu.

Quello bianco identifica un televisore con sintonizzatore digitale che permette di vedere i programmi non crittati senza alcun accessorio e, grazie al un dispositivo detto CAM acquistabile insieme al televisore o in post-vendita, anche i contenuti crittati, tipicamente quelli a pagamento, inserendo la tessera nella CAM, a sua volta inserita nel televisore.

Quello blu, invece, garantisce non solo la ricezione dei programmi gratuiti e di quelli a pagamento senza l’aggiunta di sinto esterni, ma anche l’accesso a tutti i servizi interattivi mhp. I televisori con bollino blu, per il momento assenti sul mercato consumer, saranno quindi dotati anche di una presa per il collegamento alla linea telefonica o un altro dispositivo di rete.
Ricordo che in ogni caso un sintonizzatore esterno costa poche decine di euro, una cifra percentualmente non significativa rispetto a televisori da oltre mille euro. Ultimo, ma non ultimo, tenete presente che per vedere i canali in Alta Definizione è obbligatorio avere un tv/sintonizzatore in grado di trattare la compressione MPEG4/AVC: controllate prima di comprare, altrimenti sarete costretti ad aggiungere, poi, un'altra scatola...