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Il concetto di Digital Divide al tempo della transizione digitale terrestre

La transizione alla tecnica di trasmissione digitale per il servizio di televisione da terra e i risultati dell’8° Rapporto sulla comunicazione Censis-Ucsi - “I media tra crisi e metamorfosi” presentato nei giorni scorsi a Roma - ci danno l’occasione per una riflessione sull’argomento “Digital Divide”, concetto e problema al centro dell’attenzione nel nostro Paese ma anche a livello planetario, dopo l’iniziale caratterizzazione statunitense degli anni novanta. Quanti “divide” esistono? E’ soltanto una questione di infrastrutture? I concetti chiamati in ballo nelle ricerche che informano le scelte politiche ed economiche sono corretti? E la transizione alla televisione digitale terrestre che stiamo vivendo, come può essere messa in relazione al concetto di Digital Divide?

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Anziani si nasce

L’ultraottantenne signora Marisa, davanti al suo nuovo LCD FullHD ultrapiatto dopo tanti anni di “altarino con televisore”, ha gradito commentare questi giorni di grande fermento tv. A differenza di tanti, però, non si è lamentata della difficoltà nel ristabilire la sintonia del televisore, piuttosto ha trovato irritante un assioma oramai assunto a livello di dogma: gli anziani sono le vittime digitali terrestri perché, tout court, “non sanno come cavarsela”. “Gli anziani non sanno far funzionare il televisore nuovo?” dice la signora Maria, “anche il vecchio televisore era difficile senza libretto di istruzioni. Ci siamo messe in due, io e mia figlia, e abbiamo risolto il problema. Poi con la vecchia televisione non avevo la lista dei programmi sullo schermo, adesso invece si. Ci sono cose più complicate, programmare la caldaia per esempio, per non parlare della lavatrice che voi maschi guardate con aria interrogativa. E poi sa cosa penso? Innanzitutto che gli anziani hanno problemi veri, più seri, e poi di rincoglioniti sa quanti ne conosco di tutte le età?”. Come darle torto.

Spesso si procede per luoghi comuni: i “giovani” sono considerati per definizione “nativi digitali” e per conseguenza di cose gli “anziani” devono essere, in questa strategia di rappresentazione del mondo, il contrario dei “giovani”. Eppure programmare un videoregistratore analogico, basta tornare indietro di qualche anno, non è mai stata operazione facile per nessuno e nemmeno sintonizzare analogicamente un televisore a tubo catodico. Il problema, allora, forse non è collegato all’età o alla parola “digitale” ma alla parola “transizione”: ogni cambiamento è normalmente fonte di stress cognitivo e lo stress è contagioso. La transizione coinvolge tutti gli attori del mercato e per averne prova diretta siamo scesi appunto nel mercato, trascorrendo qualche minuto in uno dei grandi negozi di elettronica di consumo che tutti conosciamo.

Domande sempre più inquietanti poste a commessi francamente poco preparati: “scusi, dica, ma le vedo le partite accadì con questo televisore? Ma la scheda dove la devo infilare? Ma se poi non funziona che devo fare?”. Sul volto del commesso, data anche l’ora tarda, la desolante mestizia di chi non è stato messo a punto, anche solo psicologicamente, per l’assalto alla diligenza. Interveniamo noi in supporto per tranquillizzare la signora che il marito potrà vedere le partite “accaddì” perché il televisore incorpora un ricevitore “Mpeg-4” e lo slot per l’inserimento della “CAM”, nella quale si infila la “Card”, mentre ci chiediamo mentalmente perché, invece dei bollini di tutti i colori, non ci sia scritto sopra “si vedono le partite accaddì a pagamento” (giacché quelle non a pagamento si vedono “senza se e senza ma”, ovvero senza CAM e senza Card).

Pile di decoder, ammassati all’ingresso come una volta sacchi di fagioli cannellini e lenticchie, vengono divorati da consumatori stressati da un’informazione catastroficamente martellante.
E’ bastata una singola intervista ad un singolo antennista (in evidente conflitto d’interesse col dato tecnico lampante: in era digitale servono meno antenne e a larga banda) a generare un articolo titolato “disastro digitale”, coinvolgendo un’intera regione d’Italia. Di conseguenza non ci stupiamo se nelle chiacchiere da fila alla cassa che stiamo moderando si percepisce confusione circa la reale portata degli eventuali problemi di ricezione. Un sapiente studente della vicina Università ci aiuta sottolineando che 50.000 telefonate disperate al call center (che fa quello che può, cioè poco essendo “a distanza”) possono sembrare molte ma sono in realtà pochissime rispetto agli oltre tre milioni di romani che non hanno avuto problemi.

Intanto, consumatori di tutte le età ancora all’assalto, che si lamentano meno delle loro associazioni “di categoria”, si concentrano sulla grandezza del nuovo tv. C’è chi si è portato il metro da casa mentre il commesso tenta di sostenere un’improbabile differenza fra “TV” e “Monitor TV” che il cliente, giustamente, accoglie con aria perplessa. Le cose sono più semplici di quanto le si dipinge, basta essere chiari: sono la stessa “cosa” venduta con due nomi diversi per motivi commerciali. Sul filone della partigianeria politica che sta dilagando in tutti gli ambiti della vita civile, un signore di mezza età ha la convinzione che “la televisione” sia un qualcosa di gestito direttamente “da loro”, da “quelli là”. Alla fine, se lo schermo è nero la colpa è del Governo, sarà per questo che molti si lamentano di problemi in ricezione quando piove (mentre l’amplificatore sul tetto sta inesorabilmente annegando).

Peraltro - è successo davvero - in Italia capita che mancando il segnale satellitare di SKY causa pioggia c’è chi telefona imbizzarrito a viale Mazzini. Insomma, in molti qui siamo d’accordo con la signora Marisa che spesso “anziani” si nasce, non si diventa.

MULTIPLEX DIGITALI RICEVIBILI A ROMA IL 16-11-2009

MULTIPLEX DIGITALI RICEVIBILI A ROMA IL 16-11-2009
Emittente Frequenza Canale Trasmettitore
Teleambiente 177 5
RAI MUX 1 205 9 Mario
Canale 10 212 10
RAI MUX 1 219 11 Cavo
Retesole 498 24
RAI MUX 1 temporaneo 506 25 Mario
RAI MUX 3 514 26 Cavo, Mario
Telepace 522 27 Cavo
Super3 538 29 Cavo
RAI MUX 2 546 30 Cavo, Mario
Romauno 554 31 Cavo
Telemarket 562 32 Cavo
L'Espresso 570 33 Cavo
IdeaTv, TS 586 35 Cavo
Mediaset 594 36 Cavo
Canale Italia 618 39 Cavo
RAI MUX 4 HD 626 40 Cavo
Teleitalia/Tvr 634 41 Cavo
Super3 642 42 Cavo
T9 650 43 Cavo
L'Espresso 658 44 Cavo
GoldTV 674 46 Cavo
SportItalia 682 47 Cavo
TIM La7 HD 690 48 Cavo
Mediaset 698 49 Cavo
Mediaset Premium 706 50 Cavo
TIM La7 714 51 Guadagnolo
Mediaset Premium 722 52 Cavo
Supernova 730 53 Cavo
Mediaset HD 754 56 Cavo
Retecapri 762 57
IES TV 778 59 Cavo
Dhalia 786 60 Cavo
Telestudio 794 61 Cavo
ReteOro 802 62 Cavo
TVR Voxon 810 63
Tele Vita 826 65 Cavo
Telereporter 834 66
PuntoSat 842 67 Guadagnolo
Tele Ambiente 850 68 Cavo

Tv digitale, switch-off nel Lazio: dieci nuovi canali Rai a disposizione di tutti. Istruzioni per l'uso.

Difficile non averlo capito. Qui, nella Capitale, manca solo la Stradale - dopo aver chiesto patente e libretto - a ricordare che da lunedì prossimo finalmente si compie la beata speranza di avere un sistema televisivo tutto digitale anche da terra.

L’informazione nel frattempo, molto criticata nelle fasi di switch-off precedenti, fa quello che può. Nell’armamentario standard di questi giorni si trova spesso l’affermazione che Roma è da lunedì 16 novembre 2009 la prima capitale televisivamente all digital, eppure Berlino è tutta digitale dal 2003 e ci sembra di poter dire che Berlino, da qualche anno oramai, è Capitale della Repubblica Federale di Germania. Forse l’informazione si sta rivelando un po’ troppo standard. Anche gli ultimi due spot Rai, personalizzati “alla romanesca”, non entusiasmano nella spiegazione dell’utilità del passaggio né aiutano nella pratica appena più sofisticata del collegamento SCART.

Lo slogan “Non cambia niente, ma cambia tutto” ammicca alla sofisticata gattopardesca memoria ma non spiega chiaramente ai consumatori perché “il digitale terrestre” non è quel “pacco” che molti paventano (nonostante il protagonista degli spot sia Max Giusti, conduttore del popolarissimo “gioco dei pacchi”). Allora ci proviamo noi del Messaggero.it ad entusiasmare gli spettatori o, se non altro, a fornire informazioni inedite, preparandoci anche a rispondere alle domande e ai commenti in calce a questo articolo, nei giorni che seguiranno.

Quella che i pubblicitari chiamerebbero “proposta unica di vendita”, il “plus del prodotto”, la proposta che non possiamo rifiutare sarà direttamente sotto gli occhi degli abitanti del Lazio nei prossimi giorni (va bene, esclusa la provincia Viterbo e purtroppo anche le note “isole” senza segnale pur essendo in provincia di Roma, come Campagnano di Roma): oltre quattro milioni di persone - in un colpo solo un’audience potenziale superiore agli abbonati che SKY ha faticosamente raggiunto in anni di marketing aggressivo - potranno avere non solo sullo schermo di casa ma anche su quello del PC portatile, della casa al mare o della macchina (soprattutto se con sintonizzatore “diversity”), dieci nuovi “canali tv” Rai, che scendono a quattro per chi è già avvezzo alla televisione digitale. E’ pur vero, però, che quei quattro canali sono proprio quelli fino al luglio scorso riservati, previo versamento mensile, agli abbonati Sky.

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Il cielo, la terra analogica finisce e là comincia il Cielo: SKY generalista su digitale terrestre

Il cielo,la terra finisce e là comincia il Cielo e come volevasi dimostrare (diversi mesi addietro) chi fa business smette i panni della lagna all'italiana (pur essendo australiano) e si rimbocca le maniche: da dicembre SKY lancerà un canale digitale trasmesso da terra affittando banda (maddai) dal gruppo Espresso. Proprio dopo lo switch-off di Roma e provincia (maddai).

Nella nota che SKY ha diffuso, e che ho letto grazie a "La Stampa" si dice che:
"Cielo utilizzerà «capacità trasmissiva di terzi» e, «al momento del lancio a dicembre, raggiungerà un bacino di circa 12 milioni di famiglie, che rappresentano più della metà della popolazione italiana», spiega il comunicato. «La penetrazione del canale aumenterà costantemente nell’arco dei prossimi 18 mesi, parallelamente all’espansione della penetrazione del DTT in tutta Italia», prosegue la nota. Cielo offrirà un mix di programmazione che va da serie tv, film, quiz, a reality show e news. La maggior parte del palinsesto di Cielo (80%) è composta da prodotti inediti per la TV in chiaro. Nelle prossime settimane, verrà resa nota in dettaglio l’intera programmazione del canale."

Ci vorrà davvero una bella faccia per continuare a sostenere inutili confronti fra due emissioni concettualmente diverse come quella da satellite e quella da terra, ma sono certo che qualcuno ancora persevererà diabolicamente nell'errore: e ora con chi prendersela? Anche Murdoch passa "al nemico"?

Tralasciando le seccanti considerazioni politiche mi preme di analizzare la questione sul piano della comunicazione televisiva. Il nome del canale non pare il risultato di uno straordinario slancio creativo ma transeat, i punti da analizzare sono due:

  1. innanzitutto riflettere sul fatto che fra circa una settimana, con il completo passaggio di Roma e provincia alla tecnica digitale terrestre, in un attimo almeno quattro milioni di persone potranno vedere nuovi canali. Praticamente, in un attimo, si potrà raggiungere l'audience che una piattaforma commerciale come SKY ha raggiunto in anni di marketing aggressivo. Valeva la pena avvelenare un intero comparto industriale?
  2. inoltre riflettere sul fatto che per fare un solo canale "generalista" SKY ha bisgono (ovviamente) di mettere insieme contenuti da diversi suoi canali "tematici", invece di replicare SKYUNO senza tante storie. In pratica si potrà avere gratis e in un unico pacchetto tutto quello che fino ad oggi milioni (4) di persone hanno osannato (e pagato) come la vera unica televisione di qualità, da contrapporre a quella becera dei comuni mortali, nonostante sia stato dichiarato che il palinsesto sarà composto da "serie tv, film, quiz, a reality show e news"

A guardare le intenzioni, quindi, non ci sembra siano in programma sorprendenti novità culturalmente importanti che capalbiamente andiamo cercando (eheh) e mancano quei documentari che sempre milioni di persone dicono di inzuppare anche nel latte a colazione (in mancanza di "un-buon-libro" naturalmente). Saranno sufficienti a giustificare un abbonamento per la trasmissione da satellite? I caldi piaceri della programmazione pornoSKY, sebbene più legati alla realtà terrena che alle nuvolette azzurre, per il momento ci giungeranno ancora dalla stratosfera: da terra non c'è abbastanza larghezza di banda per tutta quella roba...

Switch-over Campania: le immagini che gli altri non vi danno.

Anche in Campania è scoccata sul quadrante digitale terrestre l’ora dello switch-over e innumerevoli siti internet, blog, replicatori di siti e blog, giornali on line e off line, si affannano nel dare informazioni essenzialmente replicando note già… note oppure prese direttamente dal sito http://www.decoder.campaniadigitale.it/index.cfm, che magari non risolverà tutti i problemi con una forma di comunicazione interattiva ma se non altro ha non banale pregio di essere chiaro e sistematico.

Noi, però, abbiamo voluto fare di più fornendo due elaborazioni di immagini esclusive che danno il quadro chiaro della situazione di trasmissione e possibile ricezione nelle aree interessate dallo switch-over in Campania.

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RAI Futura: le novità nascoste dello switch-off digitale terrestre del Piemonte Occidentale


Siamo arrivati al completamento delle operazioni di lancio definitivo della televisione digitale terrestre nella regione occidentale del Piemonte e il quadro dei cambiamenti è sofisticato e significativo. Molti hanno dato la notizia ma altrettanti hanno dimenticato di spiegare che questo scenario rende finalmente possibile avere un’idea del panorama elettromagnetico che ci attende per il 2012 nel resto del Paese e che, per quanto riguarda RAI, risponde a criteri precisi verso obiettivi precisi: razionalità e qualità del servizio.
Le trasmissioni RAI si sono assestate su questo schema
Mux 1 (ex MUX A su H/VHF e 30/UHF da Torino Eremo): Ch. 5, 6, 9 VHF (in funzione della più piccola zona di ricezione) – 22 UHF (Rai Uno, Due, Tre, Radio 1, 2 e 3, Fd Auditorium)
Mux 2 (ex MUX B su 26/UHF da Torino Eremo): Ch. 30 UHF (Rai 4, Rai Gulp, Rai Sat Extra – Sat 2000)
Mux 3 (da Torino Eremo): Ch. 26 UHF (Rai Sat Yoyo, Rai Sat Cinema, Rai Sport più, Rai Sat Premium, Rai News 24)
Mux 4 (da Torino Eremo): Ch. 40 UHF (Rai Gulp +1, Rai Storia, Rai Scuola, Rai HD 1, Rai Test HD)
Mux 5 (da Torino Eremo): Ch. 25 UHF (Prove per la Tv in Mobilità)
Oltre al rimescolamento delle frequenze di trasmissione, che rendono obbligatoria una risintonizzazione dei ricevitori, noterete che la vecchia bipartizione "mux a" e "mux b" è stata sostituita con la nuova segmentazione in cinque multiplex possibile grazie alla disponibilità di frequenze. Grazie al riassetto delle trasmissioni è ora possibile avere dall'emissione terrestre tutti i canali che RAI attualmente produce, compresi i ben noti canali "premium" protagonisti del “tiramolla” di qualche settimana fa’, prima riservati (a pagamento) agli abbonati SKY. Risulterà chiaro a tutti, quindi, che ha avuto successo l'operazione di rientro dei propri contenuti (una sorta di "scudo tvdigitale"...) sulla piattaforma di trasmissione pubblica e soggetta al solo pagamento del canone e tutti siamo contenti: anche gli abbonati SKY possono riprendere a godere dei tre canali RAI "speciali" e tutti gli altri possono iniziare senza dover prima pagare il pedaggio.
Sul piano tecnico, invece, ci sono diverse notazioni importanti. La prima riguarda la trasmissione isofrequenza.
Trasmettere in isofrequenza significa utilizzare la stessa frequenza (lo stesso canale) per trasmettere lo stesso segnale da più antenne e da più punti sul territorio. Questa tecnica di trasmissione, possibile soltanto con il sistema digitale, ha importanti ricadute pratiche che possono essere comprese in una sola parola: razionalità. Adesso possiamo sapere esattamente su che frequenza è trasmesso il multiplex che ci interessa ed avere la certezza che senza risintonizzare il ricevitore sarà possibile ricevere lo stesso multiplex sulla stessa frequenza in tutta Italia, quando il sistema sarà a regime, perché RAI ha dichiarato di voler mantenere fisso questo schema, per quanto possibile (soprattutto in funzione degli accordi per la gestione delle interferenze con i paesi limitrofi).
Infine, non ultimo, c’è un altro vantaggio: sarà possibile ricevere anche dai mezzi in movimento, dalla macchina per esempio, perché il sistema DVB-T è incapace di gestire gli handover di frequenza come invece fanno i telefoni cellulari: senza isofrequenza poteva capitare che passando da una zona all’altra la ricezione diventava impossibile perché nella seconda zona era diversa la sua frequenza di trasmissione, oggi invece lo stesso multiplex è trasmesso sulla stessa frequenza in tutte le zone quindi la ricezione dovrebbe non solo mantenersi ma anche essere migliore nelle zone in cui sono ricevibili più segnali nello stesso momento. I problemi di interferenza da “ricezione multipla” che nella televisione analogica si trasformavano in “doppie immagini” sullo schermo, improvvisamente non ci sono più, anzi ci sono dei vantaggi: più antenne trasmettono lo stesso segnale sulla stessa frequenza e più forte sarà la somma del segnale ricevuto.
Un’altra significativa novità riguarda il multiplex RAI “1”, il più importante per il servizio pubblico, che può andare sotto il nome di: qualità per il 99% degli spettatori. Noterete che è trasmesso sia in isofrequenza sul canale UHF 22 sia in multifrequenza in banda VHF, occupando tre canali e, soprattutto, che trasporta solo tre flussi audiovideo (ovvero “TV”) e quattro flussi solo audio (etichettati come “radio”). Si tratta di una scelta chiara: trasmettere solo tre “canali TV” ed una manciata di canali solo audio significa dedicare ad ogni flusso Tv ben più dei soliti 5 o 6 megabit al secondo a cui questi tempi di switch-over ci hanno abituato. Il risultato è che RAI Uno, Due e Tre si vedranno molto meglio di prima, con meno squadrettamenti e dalla stragrande maggioranza della popolazione.
La trasmissione multifrequenza in banda VHF consentirà, invece, di costituire una segmentazione regionale indispensabile per l’offerta RAI e la diffusione di servizi interattivi mhp proprio su base regionale, con una efficiente occupazione di banda passante: ogni zona potrà avere la sua applicazione software trasmessa solo localmente e non a livello nazionale. La contemporanea emissione in banda UHF, poi, può aiutare nella ricezione di tutta l’offerta RAI con una sola antenna monobanda e, in particolare, sarà favorita la ricezione con piccole antenne portatili come quelle installate direttamente sui televisori (per esempio a forma di circonferenza) tradizionalmente più efficienti sulla banda UHF che su quella VHF (la banda UHF comprende l’intervallo intorno ai 900 MHz, mentre la VHF è al di sotto dei 200 MHz e la “dimensione dell’antenna” ottimale è direttamente proporzionale alla frequenza da ricevere), compresi i piccoli stili dei ricevitori USB da computer. Nella situazione contingente delle provincie di Torino e Cuneo, in particolare, la trasmissione (tutta in “polarizzazione orizzontale” ovvero le antenne riceventi devono essere messe come “un automobile che poggia sulle quattro ruote invece che sulle portiere”) è stata centralizzata dal tradizionale punto di emissione di Torino Eremo, uno dei primi in Italia, che probabilmente ha potuto vedere innalzata la sua potenza e quindi ampliato il suo bacino di trasmissione, un altro vantaggio non da poco per semplificare la vita agli spettatori.
Per quanto riguarda le trasmissioni in alta definizione, invece, il quadro non è affatto stabile. Nei mesi scorsi sembrava che l’intero multiplex 5 sarebbe stato dedicato a questo scopo. Il multiplex 5, viceversa, è almeno in questo momento interamente dedicato alla sperimentazione della “tv in mobilità” ovvero alla trasmissione DVB-H e DMB-T di tipo “cellulare” (che avviene dal Centro Ricerche RAI di Corso Giambone), non tanto perché adatta alla ricezione con dispositivi mobili quanto per la tecnologia utilizzata: bassissima potenza emessa da moltissime antenne direttamente sui palazzi. Rispetto alla ricezione in mobilità del più generale sistema DVB-T il vantaggio sta nel miglior controllo sulla inferiore banda passante richiesta, partendo dall’assunto che gli schermi utilizzati sono tipicamente a risoluzione più bassa rispetto ai normali televisori da 720 o 1080 linee, e nella maggiore capacità di penetrazione del segnale all’interno dei palazzi, proprio come avviene con il telefono cellulare. In fondo i 900 MHZ del GSM sono pressappoco gli stessi della banda UHF e i telefoni cellulari funzionano in linea di massima anche all’interno delle case. Quindi anche la “televisione cellulare” dovrebbe funzionare.
L’offerta HD di RAI, sul multiplex 4, è per il momento limitata al flusso “upscalato” di RAI Uno ovvero portato a 720 linee o 1080 linee dalla risoluzione standard PAL (circa 500 linee), perlomeno quando il programma trasmesso non sia nativamente prodotto in alta definizione. Il risultato è buono, a detta dei primi spettatori che hanno rilasciato commenti. C’è anche, nella lista canali, un altro canale “test” che è dedicato alla trasmissione in HD nativo di singoli eventi, come la partita di calcio Bayern Monaco - Juventus del 30 Settembre scorso. Se la matematica non è un’opinione, in caso di trasmissione contemporanea di due eventi HD (anche se compressi in MPEG-4) dovrebbe essere necessaria la temporanea sospensione degli altri flussi, la capacità del singolo canale digitale UHF è sempre 24 Mb/s, di cui almeno 10/12 occupati da un flusso FullHD. Non a caso, forse, sul multiplex 4 sono ospitati canali a definizione standard ridondanti (come Gulp +1) o con palinsesto interrompibile a piacere.
Ci pare di poter dire, concludendo, che anche i più scettici o i meno affascinati dalle possibilità di una nuova tecnologia di trasmissione hanno di che ricredersi circa la quantità e la qualità del servizio pubblico, che nei prossimi anni potrà ancora migliorare.

Forza Roma, anche senza SKY.

Per una volta Adiconsum ha ragione, solo che non dice chiaramente che la responsabilità della situazione è da addebitare all'unico provider via satellite (SKY) che ha ben pensato (si fa per dire) di blindare i suoi obbligatori ricevitori e garantirsi l'imperio via software anche sui canali con cui non ha nulla a che fare e il controllo totale del mercato, alla faccia delle regole.

Chi rispetta le regole imposte dalla normativa relativa ai diritti di trasmissione (Mediaset) trasmette la partita in chiaro laddove può trasmetterla e con la tecnica che consente di controllare il territorio di emissione, ovvero in Italia e col segnale da terra. Lo stesso programma trasmesso dal satellite, ovviamente, non può essere trasmesso in chiaro e non per fare un dispetto agli italiani con in casa il decoder di SKY ma semplicemente perchè non si può fare. Chi è abbonato SKY ha messo in salotto un ricevitore adatto alla visione dei canali SKY, gli altri sono stati offerti gentilmente gratis e se possibile dai rispettivi enti emittenti.
Stavolta non è possibile regalare agli abbonati SKY questa partita perchè i diritti della Europa League li ha pagati Mediaset e per l'esclusiva (potremmo discutere sull'efficienza della vendita in esclusiva, ma è un altro discorso).

La richiesta di Adiconsum ad Agcom, che in realtà replica il mitico provvedimento "decoder unico" (delibera 216/00) va posta direttamente a SKY: fino ad oggi, senza concorrenza, hanno fatto i pesci in barile. Che succederà nei prossimi giorni in cui i primi ricevitori "aperti" con la cam di TiVùSat saranno in vendita? Vediamo se la concorrenza che conta (il denaro contante...) funziona meglio della moral suasion. Io dico di si.

16 giugno 2009: Switch-over Lazio

Una manciata di giorni separa la Capitale e zone limitrofe - impossibili da racchiudere in una zona geograficamente definita nonostante si dica che l’operazione riguardi il “Lazio meno Viterbo” - dall’ingresso nella fase detta di “switch-over” digitale terrestre. Si tratta di una zona molto vasta e particolare, che parte dalla fascia dei Monti Sabini e Monti Sabatini a nord della Capitale per terminare verso sud fino al Golfo di Terracina, 158 comuni, oltre 4 milioni di persone.

Dal 16 giugno le frequenze di trasmissione analogica di Rai Due e Retequattro saranno utilizzate per la trasmissione digitale e le molte novità all’orizzonte devono necessariamente confrontarsi con l’esperienza appena trascorsa nella zona del Piemonte Occidentale. Bisogna prendere atto che il rinnovamento tecnico del sistema televisivo, che sta contagiando anche gli assetti politico-economici, parte con l’handicap: il minimo problema, spesso attribuibile al singolo impianto di antenna o al singolo ricevitore, finisce col diventare un problema “di sistema”, amplificato dalla velocità e facilità con cui l’informazione oggi circola per vie telematiche.

Obiettivo stessa ricezione per tutti. Grazie alle parole di Stefano Ciccotti, amministratore delegato di Rai Way ascoltato nella conferenza stampa dell’ultimo 18 maggio, possiamo avere un chiaro quadro dello switch-over laziale per quanto riguarda RAI. Come ampiamente detto (forse non abbastanza) non esiste un problema di copertura legato alla tecnologia digitale: laddove arrivava il segnale analogico arriverà, naturalmente, quello digitale. Il problema che abbiamo avuto sino ad oggi, in particolare nella regione di Roma, è semmai la coesistenza dei due sistemi che ha impedito di avere a disposizione frequenze libere per accendere tutti i multiplex da tutti i punti di trasmissione. E’ questa la condizione chiaramente più vantaggiosa per assicurare a tutti la stessa possibilità di ricezione, soluzione raggiungibile solo con la messa a regime delle reti SFN (a singola frequenza su tutto il territorio nazionale) alla data dello switch-off definitivo, per il Lazio previsto nel prossimo mese di novembre. Fino ad oggi, invece, è stato necessario scegliere quale multiplex trasmettere e da quale punto, impedendo di avere la stessa copertura per i due multiplex RAI MUX A e MUX B.

Sono tre i punti di trasmissione tv che da soli coprono tutte le zone interessate dallo switch-over: il trasmettitore di Monte Mario (ricevibile addirittura anche in Sardegna) posizionato praticamente dentro la città, quello di Monte Cavo a sud-est della Capitale e quello di Velletri, alle spalle del lago di Nemi, che illumina la zona a sud dei Castelli Romani fino al litorale della provincia di Latina. Una mappa dettagliata delle zone coperte dal segnale RAI in occasione dello switch-over del 16 giugno, con i punti di trasmissione, è raggiungibile qui.


Dal 16 giugno sarà difficile non ricevere i due multiplex RAI perché entrambi saranno trasmessi sia da M. Mario sia da M. Cavo, ripristinando in sostanza la stessa situazione di trasmissione che per decenni ha garantito la ricezione analogica. In particolare, le frequenze analogiche di Rai Due - il canale 28 in quarta banda UHF da M. Mario e il canale 35 in quinta banda UHF da M. Cavo - ospiteranno dal 16 giugno il MUX A (che trasporta Rai Uno, Due, Tre, 4) fino a quel momento trasmesso solo da M. Cavo sul canale 49 in quinta banda UHF. Il canale 49, invece, passa al MUX B, che mantiene anche la trasmissione da M. Mario sul canale 6 in banda VHF. Questo scambio di canale fra i due multiplex RAI (oltre agli aggiustamenti Mediaset e delle emittenti private) e la contestuale “ricanalizzazione” della III banda VHF rende necessaria la risintonizzazione dei ricevitori, normalmente gestita in automatico nei modelli più recenti.

Ecco il dettaglio delle postazioni e dei nuovi canali di trasmissione digitale RAI dal prossimo 16 giugno.

1 Monte Mario UHF 28 o 530 MHz MUX A RAI Uno, RAI
Due, RAI Tre, RAI 4/FD leggera
* VHF 6 o 184.5
MHz
MUX B Rai News 24,
Rai Storia, Rai Gulp, Rai Sport Più/Radio1, Radio2, Radio3
2 Monte Cavo

Rocca di Papa
UHF 35 o 586 MHz MUX A RAI Uno, RAI
Due, RAI Tre, RAI 4/FD leggera
UHF 49 o 698 MHz MUX B Rai News 24,
Rai Storia, Rai Gulp, Rai Sport Più/Radio1, Radio2, Radio3
3 Velletri
- M. Secco
UHF 26 o 514
MHz
MUX A RAI Uno, RAI
Due, RAI Tre, RAI 4/FD leggera
** UHF 35 o 586 MHz MUX B Rai News 24,
RaiStoria, Rai Gulp, Rai Sport Più / Radio1, Radio2, Radio3

Tabella dei trasmettitori RAI attivi dal 16 giugno per la diffusione digitale terrestre. Accanto al nome del trasmettitore è indicata la banda e il canale di trasmissione, la polarizzazione dell'antenna, il multiplex emesso e i rispettivi
canali.

* La ricanalizzazione della banda VHF ha eliminato la denominazione in lettere ed introdotta quella in cifre, con leggero spostamento delle frequenze di centro banda per ciascun canale.

**La trasmissione del multiplex B da Velletri, con emissione verso il sud della regione Lazio, è
sub judice di una sentenza del Consiglio di Stato attesa in questi giorni.


Maggiori dettagli e informazioni nell'articolo completo che potete trovare sulle pagine del Messaggero.it e non dimenticate di visitare gli altri due articoli dedicati all'argomento: i segreti della corretta ricezione digitale terrestre e panoramica dei ricevitori digitali in commercio.

Sciolti i tre nodi di Garimberti: la scatola di TiVù non è vuota, c’è anche la smartcard dentro!

Si è scatenata negli ultimi giorni una vera tempesta mediatica sulla questione dei rapporti commerciali fra RAI e SKY, a seguito dell’ultimo CdA di viale Mazzini che aveva all’ordine del giorno la vendita dei programmi di RAISAT all’emittente SKY Italia. Il presidente Garimberti ha deciso di approfondire la questione, sia sul piano economico sia su quello piano legale, chiedendo il rispetto di tre punti chiave prima di decidere se accettare le proposte del packager satellitare: il rispetto dell’Art. 26 del contratto di servizio Stato-RAI, la certezza dell’“abbandono della piattaforma SKY” anche da parte di Mediaset, la visibilità RAI garantita a tutti nel periodo di switch-over. Analizzando analiticamente i termini della questione cerchiamo di dare risposta alle tre autorevoli sollecitazioni. Procediamo con ordine.
Anche se la trattativa è incastonata in un sistema di relazioni che finiscono per coinvolgere altri aspetti - ad esempio i rapporti di concorrenza diretta resi evidenti dall’intenzione di SKY di passare dal ruolo di “packager” al ruolo di “broadcaster”, come pure per la “questione diritti” dei maggiori eventi sportivi - la questione specifica riguarda il rinnovo per sette anni del contratto che regola la “vendita all’ingrosso del pacchetto dei palinsesti prodotti da RAISAT”. RAISAT è una società controllata dalla RAI (ma partecipata anche da RCS MediaGroup) che produce per SKY i “canali TV” RaiSat Extra, RaiSat Premium, RaiSat Cinema, RaiSat Smash Girls, RaiSat YoYo e RaiSat Gambero Rosso (che però sarebbe in fase di “spegnimento”). La cifra che SKY è disposta a pagare per questa fornitura, per i prossimi sette anni, è pari a 475 milioni di euro ed è stata giudicata da RAI troppo bassa.

Da quanto appena detto, ma anche dalla semplice lettura dell’elenco dei canali ufficialmente “impacchettati” da SKY Italia (reperibile anche qui http://www.lyngsat.com/packages/skyitalia.html) appare evidente, nonostante i molti commenti in tal senso, che la trattativa non ha strettamente nulla a che fare con la visione dei canali RAI più popolari (cioè RAIUNO, RAIDUE, RAITRE, detti pure “generalisti”) che non sono trasmessi da SKY Italia, non sono venduti a SKY Italia né SKY Italia può rivenderli ai suoi clienti, non corrono il rischio di essere “oscurati” agli italiani. Nonostante questo, da più parti si è levato più di un monito a salvaguardare “gli interessi dei telespettatori italiani”, stranamente fatti coincidere con gli interessi di una società privata: la paura è dunque che RAI non sia più “visibile attraverso il satellite”.
E’ però noto a chiunque utilizzi attivamente un ricevitore SAT (anche lo SKYBOX non abbandonandosi alla comodità della lista EPG fornita obbligatoriamente da SKY Italia) che i canali RAI trasmessi (tranne quelli prodotti da RAISAT) possono essere ricevuti da anni in digitale con qualunque ricevitore e senza alcun abbonamento aggiuntivo al Canone, in particolare dai satelliti HOTBIRD sulla posizione orbitale 13 gradi est, ad esempio sulla frequenza 11.766 MHz o 11.804 MHz di Hotbird 9. A titolo di cronaca l’emissione RAI non è limitata ai satelliti della famiglia Eutelsat ma si spinge anche sulla famiglia Astra, con RAIUNO su Astra 1L, più tutti i pacchetti, distribuiti via cavo per l’ultimo tratto, che rimbalzano su altri satelliti come Eutelsat W3A (DigiTurk), Atlantic Bird 2 (KabelKiosk), Hispasat 1C (TV Cabo).

Esiste soltanto un problema per la ricezione satellitare dei canali RAI. Se RAI trasmette un contenuto del quale non detiene i diritti per l’intera area coperta dai satelliti HOTBIRD (che, sottolineiamo, non sono di proprietà SKY) è costretta a crittare il programma ovvero a proteggerne la visione free, garantendola nello stesso momento al territorio italiano con l’uso di un sistema di accesso condizionato. Per questo motivo, contemporaneamente all’emissione free to air, esiste anche un transponder (si chiama così il singolo ricetrasmettitore che riceve una frequenza da terra e la ritrasmette dal satellite) sui 10.992 MHz di Hotbird 6 che diffonde i canali RAIUNO, DUE, TRE, 4 e RAItalia (ex RAI International, molto seguita soprattutto per le quattro partite di serie A trasmesse ogni domenica) crittati con il sistema Mediaguard 3 e, soprattutto, NDS. Il sistema NDS, proprietario di News Corp che a sua volta possiede SKY Italia, è stato affiancato a Mediaguard con l'intento di consentire agli italiani la visione dei programmi RAI, non strettamente agli abbonati SKY: è stato semplicemente preso atto che nelle case degli italiani erano oramai presenti soltanto (o soprattutto) ricevitori adatti al solo sistema NDS. Non è stato sempre così, però. Soltanto alla fine del 2004, un anno dopo la sua creazione, SKY ha deciso di cessare l’uso del sistema di crittaggio Mediaguard (ex SECA) adducendo motivazioni relative alla lotta alla pirateria. In precedenza, nell’era in cui erano presenti nei cieli STREAM e Tele+, i sintonizzatori erano soprattutto del tipo Common Interface, ovvero adatti a qualsiasi sistema di crittazione a patto di usare l’adattatore chiamato CAM. Con la fusione e incorporazione di STREAM e Tele+ in SKY, la situazione è mutata e RAI, prendendo atto di questo monopolio, ha deciso di stipulare - parallelamente al contratto per la fornitura dei palinsesti RAISAT - un accordo con SKY (privo di scadenza a meno di disdetta) per l’uso del sistema NDS, lasciato all’interpretazione del lettore il compito di capire se si è trattato di “favore” fatto da RAI a SKY o viceversa. Agli atti di questi giorni è però l’intenzione della RAI di cessare l’accordo e la crittazione dei suoi tre canali del Servizio Pubblico con il sistema proprietario di SKY, che quindi rischia di trovarsi improvvisamente priva della possibilità di offrire ai suoi clienti alcuni programmi RAI, non tutta la programmazione.

La distinzione non è di poco conto. Il decoder di SKY (come tutti peraltro), anche se non espressamente pubblicizzato, è capace di sintonizzare e visualizzare anche i canali free to air fuori dal bouquet ufficialmente impacchettato da SKY stessa e anche i canali che non sono presenti nella lista che appare automaticamente all’accensione (che molti scambiano tout court con l’insieme dei canali “proprietari” di SKY). E’ in grado, quindi, di mostrare anche le frequenze satellitari RAI quando trasmettono programmi non crittati e questa possibilità non può essere negata o controllata dall’emittente RAI ma soltanto (e sarebbe un suicidio) inibita da SKY con un’apposita modifica software ai suoi ricevitori. Si tratta quindi solo di un problema commerciale ed è chiaro che riguarda SKY e i rapporti con i suoi clienti, non è un problema RAI e in ogni caso non è corretto sostenere che RAI “scende dal satellite” o dalla “piattaforma SKY”, semplicemente perché non c’è mai realmente salita.

Proprio per questo, il primo dei tre nodi che il neo presidente Garimberti ha segnato come condizioni da approfondire prima della decisione finale, quello riguardante l’articolo 26 del Contratto di servizio Stato-RAI, è automaticamente sciolto: il cosiddetto “principio della neutralità tecnologia” è pienamente rispettato da RAI indipendentemente dai suoi rapporti con la società SKY, perché RAI trasmette via satellite da anni, senza passare per i servizi di società private esterne. SKY, infatti, non è “una piattaforma tecnologica” (ovvero una piattaforma tecnologicamente esclusiva) ma semplicemente “una piattaforma commerciale” come ce ne sono altre in Europa (essenzialmente una società di servizi che usa e offre un sistema di crittaggio proprietario ma non esclusivo sul mercato). Ma anche se il principio fosse forzatamente inteso nell’accezione “commerciale”, visto che l’emissione da satellite copre l’intero Continente, perché limitarsi alla sola SKY Italia e al suo sistema NDS?

Il concetto di “piattaforma” deve, invece, essere inteso in senso tecnico: è “piattaforma tecnologica” la trasmissione via satellite. Grazie al consorzio TiVù tra pochi giorni sarà possibile diffondere i programmi da proteggere (essenzialmente film ed eventi sportivi, certamente non i telegiornali) con il sistema di crittazione Nagravision, non proprietario di un concorrente industriale. SKY, che si è chiusa nell’angolo imponendo un decoder “blindato”, ha però più di una possibilità per continuare a garantire ai suoi clienti la visione dei programmi RAI crittati nonostante il “divorzio”: ad esempio potrebbe aggiornare i suoi ricevitori per renderli adatti anche alla decrittazione Nagravision - magari sostituendoli di sana pianta e sanando contemporaneamente la ferita "decoder unico" che ancora sanguina - oppure potrebbe chiedere a RAI di continuare ad usare anche il sistema NDS, stante che i nuovi canali RAI hanno in palinsesto contenuti tipicamente da proteggere, come i film di RAI 4, lo sport di RAIsportpiù, per non parlare della futura RAI5 che si vocifera essere stata appaltata alla creatività di Renzo Arbore. Tutti canali che SKY ha già fatto sapere di non voler perdere, una richiesta che evidentemente va supportata da qualcosa in più di una pacca sulla spalla o una stretta di mano.

Anche i restanti due “nodi Garimbertiani” da sbrogliare, “Mediaset contestualmente a RAI fuori da SKY” e “visione garantita a tutti”, sono presto sistemati. Come ha fatto notare in questi giorni Federico Di Chio, direttore operativo Tv Digitale Mediaset, non c'e' rapporto fra Mediaset e Sky, tranne per quanto attiene alla fornitura del palinsesto “Mediaset Plus” che è un semplice remix di programmi in replica dalle reti generaliste del Biscione. I tre canali generalisti di Mediaset, quelli che contano, sono trasmessi da Mediaset stessa free to air, via transponder su frequenza 11.919 MHz di Hotbird9, non da SKY Italia: quindi anche per Mediaset non si pone il problema di scendere da SKY, semplicemente perché non c’è mai stata la salita.
Concludendo e tornando alla questione vendita palinsesti RAISAT e relative paure di perdere introiti, per ciò che attiene al prezzo valgono le considerazioni standard: il prezzo lo fa il mercato. Purtroppo si tratta di un mercato ristretto, in cui non esistono molti venditori e molti acquirenti. RAI gode però in questo momento di una posizione di vantaggio perché finalmente (sarete d’accordo che la concorrenza è sempre un bene per il consumatore e per il mercato) può decidere di vendere il suo prodotto all’ingrosso oppure direttamente al dettaglio, grazie alla tecnologia digitale sia terrestre sia satellitare gestita dal consorzio TiVù. A causa della possibilità di vendere “al dettaglio” il proprio prodotto perdono quindi di attendibilità le stime di perdita economica per RAI in caso di fallimento della trattativa, nulla è ancora definito e definibile in termini economici precisi, su basi e considerazioni metodologicamente attendibili.

Ciò che invece oggi appare maggiormente definito è proprio il lancio dell’accordo TiVù, fresco di conio, la “società aperta” che vuole rapidamente offrire un’alternativa commercialmente realistica al sistema di crittaggio NDS, ovvero sedurre gli italiani all’uso di un “decoder aperto”, anche Common Interface, diverso da quello fornito da SKY. Insomma punta, dal lato clienti, a generare velocemente una base di installato nei salotti italiani, monopolizzati dal 2004 dal bianco SKYBOX. La notizia di oggi riguarda proprio ricevitori e carte per l’accesso condizionato TiVù. Dalle dichiarazioni fatte da RAI nella conferenza del 18 maggio sappiamo che saranno in vendita a partire dalla fine di luglio i primi decoder con in dote, a costo zero e direttamente nella scatola, una carta per l’accesso condizionato ai programmi crittati di TiVù. Abbiamo anche il nome del primo ricevitore integrato, adatto sia alla ricezione da satellite che da terra: è il "TELEsystem TS 9500 tivusat" quindi esattamente il prodotto che risolve in un colpo solo tutte le possibili difficoltà dello switch-over/off. E le prime CAM, adatte all’uso con i ricevitori Common Interface, saranno disponibili “al minuto” nel 2010. E quindi, meravigliosamente, anche il “terzo nodo Garimbertiano” si dissolve nell’etere, il quale è uno soltanto, a prescindere dal punto di trasmissione.

Switch-over Piemonte Occidentale

Finalmente eccoci ai blocchi di partenza per il passaggio alla tecnica di trasmissione digitale nell’importante e popolosa zona del Piemonte occidentale. Si fa sul serio, quindi, in circa seicento comuni, ufficialmente nelle zone delle provincie di Torino e Cuneo ma in realtà anche alle provincie di Asti, Alessandria, Vercelli e Biella. Basta guardare la piantina delle zone coperte dal segnale RAI, infatti, per rendersi conto che non si può schematizzare per provincia la diffusione dei nuovi segnali digitali - e per gli altri network, come Mediaset, il problema è lo stesso. Per rispondere alla domanda “posso ricevere i segnali digitali?” è più utile, quindi, avere sott’occhio la mappa delle zone coperte -“a macchia di leopardo”, a causa delle difficoltà orografiche - quindi controllare la propria posizione in funzione dei trasmettitori, cercando di capire se le antenne sono a portata ottica. Può capitare, infatti, di soffrire una posizione sul territorio particolarmente svantaggiata, magari per la presenza di un palazzo o di una collina, nonostante il proprio comune appaia negli elenchi predisposti e reperibili, ad esempio, sul sito di Piemonte Digitale (http://www.piemontedigitale.it//it/comuni-switch-over-2.html).

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Alla scoperta dell'Ambiente Televisivo Digitale


Si potrebbe dire che il clima dell'ambiente tv è caldo ma secco, di quel secco che non da fastidio come l'aria ferma e umida. L'ambiente televisivo non è fermo, anzi, è in fermento come da anni non accadeva, nuove parole vengono alla ribalta e nulla è più chiaro come prima. La locuzione "Ambiente Digitale" è da qualche giorno protagonista negli spot di presentazione dell'iniziativa "TiVù" ("Noi ci siamo, vieni anche tu"), che per molti è ancora poco definita. Effettivamente l'uso di espressioni vaghe come "Ambiente Digitale" non aiuta a capire molto bene di cosa si stia parlando e in più vediamo che gli elementi del sistema televisivo nella sua globalità, i protagonisti sullo schermo, le tecniche di trasmissione e gli assetti societari, sono oggi tutti in discussione e in movimento. Il "passaggio di Fiorello a SKY" (accostato anche a tutti gli altri che stanno pensando di fare lo stesso, come Panariello) assume un altro senso ed un diverso valore se accostato al lancio della società "TiVù", a sua volta collegata alla decisione, immediatamente successiva, di creare uno "standard IPTV" per unificare tecnicamente l'offerta video digitale su cavo. Insomma, siamo di fronte ad un riassetto complessivo del sistema e tutte queste vicende assumono nell'informazione spesso i caratteri retorici tipici dello sport: i personaggi "cambiano maglia", fra piattaforme "è scontro", ci sarà "un vincitore" ed il tutto è shakerato "in un turbine di sesso e politica" se aggiungiamo i nuovi canali Dahlia per adulti e anche un pizzico di querelle "Europa7", la quale dopo aver finalmente avuto in dote una isofrequenza nazionale in banda VHF ha stranamente dichiarato di voler trasmettere solo in analogico, vanificando a se stessa uno straordinario vantaggio competitivo.
Quella che in precedenza veniva chiamata vagamente "piattaforma TiVù" oggi diviene più correttamente "Ambiente Digitale" che, seppur non immediatamente chiarissimo, ha un senso nell'ottica di "neutralità tecnologica" che spesso si invoca come un dovere inderogabile. TiVù dichiara di riferirsi all'"Ambiente Digitale" perchè i suoi servizi e i suoi prodotti sono messi a disposizione dei soci indipendentemente dalla tecnica di trasmissione che usano o che decideranno di usare in futuro, che sia "terrestre" o "satellitare". TiVù è semplicemente la società che riunisce tutte le emittenti italiane interessate a mettere in comune politiche commerciali, risorse tecniche e di comunicazione per lo sviluppo di servizi per la televisione digitale, non soltanto della "televisione gratuita", non soltanto per "il digitale terrestre", altro che "Raiset" subito paventata come ennesimo inciucio insopportabile. Per quanto riguarda la trasmissione da terra l'intento è chiaro, creare l'impatto comunicazionale di "piattaforma" come ha fatto Freeview in Inghilterra, per mitigare le infinite criticità che il passaggio al digitale sta sopportando. Non che questa operazione abbia una reale valenza tecnica, infatti la televisione da terra si può trasmettere in maniera relativamente facile anche senza fare consorzi, ma è certamente utile presentare al mercato, abituato a ragionare "per piattaforme" invece che per "emittenti" o per "palinsesti", un'"offerta compatta" (e soprattutto gratuita...) limitando così i danni di una preconcetta e spesso irragionevole opposizione verso la nuova tecnica di trasmissione, in se stessa neutra. La vera novità di TiVù è però l'iniziativa per la trasmissione via satellite (a volte indicata come "TiVùSat"), in particolare la proposta ai soci per uno standard unico nazionale di crittazione del tipo "Nagravision", allo scopo di fornire un pacchetto di servizi facile e consolidato per chi vuole trasmettere contenuti dei quali non si possiedono i diritti per l'Europa oppure per fare televisione a pagamento (da dire sottovoce perchè sembra che in Italia parlare di televisione a pagamento sia un peccato grave, del quale soprattutto il "servizio pubblico" pare non possa macchiarsi). Il motivo per cui il solo effetto annuncio dell'accordo fra tutti i network nazionali è stato dirompente per gli addetti ai lavori è chiaro: finalmente è possibile pensare di trasmettere qualcosa di criptato senza dover fare i conti con una monopolistica realtà, non quella di SKY "piattaforma satellitare" ma quella di "SKY milioni di ricevitori già montati nelle case" degli italiani non in grado di decrittare programmi "alieni" al sistema NDS Videoguard.
Forse anche a causa di una informazione non corretta, non tutti sanno che i canali della televisione di tutti i giorni, quelli banalmente chiamati "generalisti", sono già trasmessi via satellite dai rispettivi network e non da SKY Italia. Essi sono dunque normalmente ricevibili in digitale con qualsiasi ricevitore (anche di costo inferiore ai trenta euro) e senza pagare alcun abbonamento, anche con i ricevitori di SKY (anche con i vecchi ricevitori Italtel che utilizzava la vecchia Stream). Trasmettere via satellite programmi per i quali non si detengono i diritti europei può essere però un problema, per farlo bisogna avere una licenza di crittaggio con uno dei sistemi a disposizione per impedirne la ricezione generalizzata in tutto il continente. Volendo assicurarsi una audience significativa bisogna tenere conto del fatto che in questo momento nelle case degli italiani ci sono praticamente solo ricevitori sat in grado di gestire il singolo sistema di crittaggio di proprietà News Corp. ovvero SKY. Fino ad oggi RAI ha utilizzato il sistema di crittaggio NDS (e non i servizi di tramissione della società di Murdoch), essenzialmente per consentire la ricezione dei propri programmi crittati a quella maggioranza di italiani che possiedono un ricevitore targato SKY, non per una esclusiva tecnicamente necessaria ma per una esclusiva praticamente necessaria. Oltretutto con SKY esistono rapporti commerciali consolidati che spingono alla collaborazione, ad esempio RAI vende "a pacchetto" diversi palinsesti/canali creati appositamente per rimpolpare l'offerta (rinunciando alla vendita "al minuto"), oltre a produrre canali tematici come "Roma Channel".
Quindi non è esatto sostenere tout court che i canali "generalisti" fanno parte integrante del "pacchetto SKY" e va intesa bene la richiesta fatta da SKY in queste ore di "trasmettere il canale RAI4 su SKY" perchè il canale RAI4 è già trasmesso via satellite (per esempio sulla frequenza 10992 MHz di Hot Bird 6 dai 13.0° Est) attraverso i normali trasponder RAI affittati dal consorzio Eutelsat. In questo momento tutti gli abbonati SKY che usano il ricevitore SKY possono vedere i canali non crittati trasmessi da chiunque (soprattutto se inseriti nella lista EPG, notoriamente molto difficile da aggirare per comandare direttamente la macchina) e quindi anche RAI4 se "on air". In futuro, invece, potrebbe non essere così perchè i ricevitori di SKY non possono usare il sistema Nagravision e se RAI decidesse (o avesse la necessità) di crittare anche momentaneamente il singolo programma, evidentemente con il sistema Nagravision scelto da TiVù, lo "schermo SKY" rimarrebbe desolantemente nero. E' dunque questo il senso della notizia di oggi: SKY è preoccupata di non poter offrire attraverso il suo ricevitore "proprietario" un canale di successo che può spingere all'uso di un altro ricevitore, un ricevitore "aperto" e non proprietario che a differenza di quello SKY sarà in grado di visualizzare democraticamente tutti i canali italiani, tranne quelli proprietari di SKY, ed anche con un sistema di EPG standard (l'altra importante "mission" del consorzio TiVù), da condividere anche con le trasmissioni terrestri, completo, aperto e condiviso da tutte le emittenti. Considerando che un ricevitore adatto alla decrittazione Nagravision (come quelli detti "Common Interface" in vendita da anni) costa poche decine di euro si comprende meglio la preoccupazione del network del magnate australiano: perdere il monopolio dei salotti italiani, restii ad aggiungere scatole su scatole, fili su fili. Ad onor del vero, chi è causa del suo male deve piangere innanzitutto se stesso, se SKY non avesse deciso di obbligare i suoi abbonati all'uso di un ricevitore particolare e si fosse accontentata di fornire buoni progammi con un modello di business ragionevole attraverso ricevitori "aperti", oggi non rischierebbe di essere tagliata fuori dall'audience generale italiana, quella vera, quella consistente in decine di milioni di ricevitori. Qualcuno potrebbe dire "è il mercato, bellezza".
In questo senso si capisce l'urgenza di organizzare una vera televisione, come fino ad oggi non aveva fatto. SKY Italia è stata fino ad oggi soprattutto un packager, un assemblatore di programmi prodotti da altri, senza un palinsesto in grado di donare una personalità al singolo canale e trasmessi da un unico punto alle porte di Roma. Un impegno tecnico ben diverso da quello che devono affrontare ogni giorno, sulle montagne di tutta Italia, i tecnici di RaiWay e Elettronica Industriale (le due società che si occupano degli impianti di trasmissione RAI e Mediaset). Per fare una vera televisione, un vero terzo polo, bisogna proporre un vero palinsesto con programmi esclusivi e informazione politica. Per questo Sky ha prima iniziato a produrre fiction e ora si sta dando ottimamente da fare per seguire un percorso di crescita non inedito: è la stesso seguito da Berlusconi quasi trent'anni addietro. Consiste in una semplice strategia, conseguente ad un'altrettanto semplice osservazione: gli spettatori guardano i programmi e non i canali, i personaggi e non i generi. Quindi basta, esattamente come per una squadra di calcio, acquistare i giocatori migliori per ottenere due vantaggi in uno: proporre una squadra vincente da subito e sottrarre risorse agli avversari, spostare programmi e personaggi per trascinare meccanicamente audience. Il progetto è sicuramente vincente, il passato lo dimostra. Potremmo arrivare a suggerire a SKY l'ideazione di uno speciale torneo di calcio, magari con quelle modifiche alle regole evidentemente ridicole che affliggono il nostro calcio "moderno", magari con tante telecamere sui pali per vedere senza storie e complicazioni se è gol o meno.
C'è però una difficoltà per SKY. Nonostante molta parte politica si affanni a sostenere che SKY sia una realtà, che sia il mitologico "terzo polo" confrontabile con gli altri enti televisivi italiani radicati nel tempo e nella società, di fatto lo spettacolo di Fiorello può essere ricevuto al massimo da circa quattro milioni e settecentomila apparecchi. Se Fiorello raggiungerà oltre quattro milioni di case (per poi essere visto da oltre quattordici milioni di spettatori secondo i dati stimati) si potrà dire che ha raggiunto il 100% della sua audience potenziale. Ma si tratta di un dato che non può essere tranquillamente confrontato - succede anche con i dati elettorali - con i precedenti programmi di Fiorello trasmessi con sistemi potenzialmente ricevibili da oltre venti milioni di famiglie. Quindi, riassumendo, in ogni caso sarà un successo perchè Fiorello sarà seguito anche solo per curiosità, sta costruendo un enorme macchina promozionale a costo zero (sorvolando sulla subdola promozione SKY nei centri commerciali, che usa toni terroristici, già denunciata all'Antitrust) che usa come fonte di energia pulita una sorta di entusiasmo progressista per avere, se non altro, smosso le acque paludose dell'analogico (quindi vecchio) ambiente tv. Ma qui non si tratta soltanto di successo inteso come audience, SKY Italia è una società che vende televisione a pagamento e qui la questione è vendere direttamente abbonamenti. Il successo di Fiorello dovrebbe essere misurato ad incremento di abbonamenti più che ad audience. Ed anche volendo considerare Fiorello solo l'inizio di un nuovo corso, riuscirà la società di Tom Mockridge ad aumentare numericamente i suoi abbonati soltanto promettendo fragorose risate e personaggi famosi? Su questo è lecito essere scettici e contemporaneamente avere una certezza. Fra TiVù, che decollerà senza problemi anche senza lanciare un satellite apposta, e SKY che si sta dando da fare per diventare una vera televisione per non essere tagliata fuori, il vincitore già c'è e si chiama YouTube: attraverso quale sistema dell'"Ambiente Digitale" pensate che la maggioranza degli italiani sta vedendo lo show di Fiorello?

L'alta definizione spiegata al popolo


Presentato nell'ambito di SatExpo 2009 - esposizione appena conclusa nella Nuova Fiera di Roma - il volume "Esperienze in Alta Definizione: guida per l'utente" è la seconda pubblicazione di HD Forum Italia, l'associazione che promuove "l'ambiente digitale" ad alta definizione, nonché prodotti e tecnologie legati alla nuova qualità di visione televisiva. Dopo l'uscita dell'"HDbook DTT", dedicato principalmente alle aziende e alla tecnologia digitale terrestre, ecco giungere una vera guida per l'utente finale la quale "intende accompagnare l'utente, viaggiatore tecnologico, fornendogli uno strumento per essere pienamente capace di godere di esperienze in Alta Definizione" e non soltanto per quanto attiene al solo video ma anche per quanto riguarda la parte audio del programma, spesso lasciata erroneamente in secondo piano.
Nonostante il target "generalista" della guida, il seminario "Ricevere, vedere ed ascoltare l’alta definizione a casa" che ha fornito l'occasione per presentarla è stato piuttosto tecnico, rivolto nelle intenzioni alle categorie professionali coinvolte nella transizione digitale, installatori e rivenditori di apparati di elettronica di consumo che hanno l’importantissima e delicata funzione di portare le tecnologie a casa dell’utente, rendendole effettivamente fruibili per tutti. Dopo l’apertura dei lavori da parte del Presidente di HD Forum Italia, Benito Manlio Mari, sono intervenuti Luigi Rocchi della Direzione Strategie Tecnologiche RAI e Cristina Timò della Direzione Tecnica del Comitato Elettrotecnico Italiano che hanno coordinato la redazione del volume, formata da esperti di primo piano nel panorama italiano, ognuno dei quali ha contribuito in modo determinante allo sviluppo della televisione digitale e dell’alta definizione.
Il seminario, anche grazie alla capacità comunicativa degli intervenuti, in particolare dell'Ing. Arrigoni di IDS Multimedia che ha curato la parte più tecnica, è stato in realtà interessante per tutti, non solo per i più tecnici. Ad esempio è stato molto utile per capire quanto - per una fruizione efficace ed efficiente dell'alta definizione televisiva ma anche per dare un senso compiuto alla spesa economica sostenuta - sia necessario mettere in discussione abitudini e credenze oramai pluridecennali, ad esempio quelle che riguardano la distanza dallo schermo durante la visione.
Come illustrato nel corso del seminario, infatti, la distanza di visione dei moderni schermi ad alta definizione segue un criterio diametralmente opposto rispetto ai vecchi tv a tubo catodico. Quante volte ci siamo sentiti ripetere di non stare troppo vicini al televisore, meglio se ad almeno tre o quattro volte la diagonale dello schermo. Oggi è tutto cambiato. Gli schermi non emettono più radiazioni X nè sono carichi elettrostaticamente e soprattutto esiste una relazione inversa fra la risoluzione percepita e la distanza di visione. Detto molto semplicemente: se lo schermo è troppo piccolo non si percepisce l'alta definizione anche se materialmente lo schermo è del tipo "FullHD" da 1080 linee orizzontali. Grazie alla precisa relazione matematica illustrata nel seminario, che collega dimensioni dello schermo, risoluzione e distanza di visione, risulta chiaramente che se la distanza permessa dal nostro arredamento è di due metri e mezzo serve uno schermo di almeno 60 pollici per godere pienamente (a livello percettivo) dell'alta definizione, con schermi più piccoli la sensazione di definizione dell'immagine sarebbe inferiore, al punto di vanificare la differenza di prezzo necessaria per avere uno schermo FullHD da 1080 linee invece di uno schermo HDready da 720 linee. In linea di principio quindi è cosa buona e giusta mettersi oggi molto più vicini al televisore, rispetto al passato.
Il volume "Esperienze in Alta Definizione" è scaricabile sottoforma di file PDF dal sito di HD Forum Italia all'indirizzo http://www.hdforumitalia.org/HD-AltaDef.asp, previa registrazione gratuita. Nello stesso sito è, infine, approfondibile la materia "tv digitale" secondo molti aspetti ed anche iscriversi alla newsletter dell'associazione per rimanere automaticamente aggiornati e informati.

Tv, banane e limoni

Eh si, da tempo siamo abituati al colore (secondo la pubblicità) da controllare quando si comprano banane. Adesso è il turno dei televisori: dal 3 aprile scatta l'obbligo di vendita per apparecchi con solo il sinto digitale terrestre integrato.

Per non prendere "limoni" (che in USA sta per "sola", alla romana) bisogna controllare le caratteristiche tecniche o, se presente, il "bollino DGTVi". E' utile ricordare che esistono due bollini, quello bianco e quello blu.

Quello bianco identifica un televisore con sintonizzatore digitale che permette di vedere i programmi non crittati senza alcun accessorio e, grazie al un dispositivo detto CAM acquistabile insieme al televisore o in post-vendita, anche i contenuti crittati, tipicamente quelli a pagamento, inserendo la tessera nella CAM, a sua volta inserita nel televisore.

Quello blu, invece, garantisce non solo la ricezione dei programmi gratuiti e di quelli a pagamento senza l’aggiunta di sinto esterni, ma anche l’accesso a tutti i servizi interattivi mhp. I televisori con bollino blu, per il momento assenti sul mercato consumer, saranno quindi dotati anche di una presa per il collegamento alla linea telefonica o un altro dispositivo di rete.
Ricordo che in ogni caso un sintonizzatore esterno costa poche decine di euro, una cifra percentualmente non significativa rispetto a televisori da oltre mille euro. Ultimo, ma non ultimo, tenete presente che per vedere i canali in Alta Definizione è obbligatorio avere un tv/sintonizzatore in grado di trattare la compressione MPEG4/AVC: controllate prima di comprare, altrimenti sarete costretti ad aggiungere, poi, un'altra scatola...

Business e Gaming. Gioco e social network nella rete d'impresa

Si è svolta nella giornata di ieri, presso il Centro Congressi della Facoltà di Scienze della Comunicazione dell'Università Sapienza di Roma, la presentazione della ricerca "Business e Gaming. Gioco e social network nella rete d'impresa", la prima ricerca italiana sulle innovative possibilità di sviluppo e opportunità offerte alle aziende dal gaming e dai social network in relazione ai settori del web marketing, del recruiting, ovvero della ricerca di persone, e del fund raising, termine inglese che sta per "raccolta fondi". Questo progetto costituisce senza dubbio un esempio concreto e produttivo di collaborazione tra un’università prestigiosa come la più grande università d'Europa e una grande realtà aziendale come Sony Computer Entertainment Italia, un'impresa che tra l'altro ha sede in Roma forse a sottolineare quanto il comparto industriale della comunicazione, a cui il fenomeno Playstation va di diritto collegato, sia ancora legato alla Città Eterna.

Il gruppo di ricerca che si è costituito per l'impegno è composto da docenti e collaboratori della facoltà di Scienze della Comunicazione, facoltà multidisciplinare per definizione spaziando da materie più tradizionali come il marketing ad altre meno note come gli "internet studies". Può sorprendere l'età media dei partecipanti, insolitamente ridotta se confrontata con la tendenza media dell'università italiana ma comprensibile se confrontata con l'argomento di ricerca, concentrata su aspetti che molti "meno giovani" usano ancora definire "virtuali". In realtà - e l'interesse dell'accademia lo dimostra, in particolare della sociologia - il territorio dei cosiddetti "nuovi media" è oramai pienamente entrato nella vita materiale di tutti noi e quindi è oggetto di studio più che reale, dall'osservazione del fenomeno come mezzo di comunicazione allo studio sugli usi che le persone fanno delle possibilità di interazione telematica. Il salto da "persone" ad "aziende" è immediato perchè il mondo di relazioni interpersonali che è oggi al centro dell'esperienza di vita si estende anche alle relazioni con le aziende, sia sul lato dell'acquisto sia su quello della gestione. Spesso, a chiudere il cerchio, le aziende stesse si proiettano - come fossero persone e quindi realizzando uno dei paradigmi della comunicazione pubblicitaria degli anni 80 quando la "marca" divenne "star" - all'interno dei nuovi mondi telematici.

L'attenzione di Sony Computer Entertainment per il modo telematico e sintetico è naturalmente dettata dalla mission aziendale che fa perno sulla vendita di hardware che ha fatto la storia dell'esperienza di gioco, come Playstation, ma soprattutto sempre più sulla creazione e diffusione di software, oltre che dall'interesse verificato sul campo per il "social networking", ovvero l'anima del cosiddetto "web 2.0". Sony ha fatto del blog aziendale dedicato all'esperienza Playstation e del "Playstation Network" (una sorta di "club" al quale possono iscriversi gratuitamente tutti i possessori di Playstation, anche nella versione portatile PSP, i quali hanno anche la possibilità di acquistare direttamente e immaterialmente prodotti senza supporto fisico) non soltanto un veicolo di marketing diretto molto efficace ma soprattutto un tessuto sul quale si è costruita la gestione dell'azienda e addirittura la creazione di prodotto: oggi sono gli utenti ad espandere i livelli dell'ultimo videogioco, creandone di nuovi e mettendoli a disposizione degli altri, anche a pagamento. Sulla stessa lunghezza d'onda può essere presentata e compresa l'ultima importante novità software di Sony, chiamata "Home", l'ambiente immersivo nel quale tutti gli utenti di PS3 possono proiettarsi dal salotto di casa e nel quale sperimentare diverse esperienze di comunicazione e interazione con altri utenti e con le aziende che decidono di essere presenti. Al centro di questa galassia di comunicazione-azione-relazione c'è la PS3 che, anche grazie al lancio di Home e della rete Playstation Network, ha perso i suoi connotati di semplice macchina di gioco: è oggi il potente centro multimediale della casa, un segno tangibile di come la fase detta "della convergenza" sia finita lasciando spazio alla fase della "riflessione", in cui gli attori sociali, persone e aziende, si guardano intorno alla ricerca di scopi e metodi per mettere a frutto i nuovi strumenti di interazione telematica a disposizione.

La ricerca, i cui risultati saranno presentati in un convegno a giugno, si compone di tre passi successivi. Si parte con un censimento dei siti di social networking in cui il "gioco" (nell'accezione più ampia di "attività") è utilizzato come strumento di marketing, nella ricerca di personale e nella raccolta fondi, elementi essenziali non solo della gestione di impresa ma, come dimostrano le ultime elezioni statunitensi, anche della politica. La schedatura degli ambienti porterà alla selezione di tre casi di studio, uno per ambito di interesse, successivamente analizzati con tecniche di analisi qualitativa. Il capitolo più interessante del lavoro è però sicuramente il terzo, di tipo quali-quantitativo, in cui un campione rappresentativo degli utenti iscritti al Playstation Network verrà analizzato attraverso un questionario on line, utilizzando una mailing list tradizionale, e successivamente con un focus group realizzato sia in modalità "materiale" sia in modalità "immateriale", proiettando il gruppo di studio nell'ambiente sintetico Home e realizzando in questo modo uno dei primi esempi di "ricerca sul campo telematico" nel senso stretto del termine. La ricchezza di questa indagine targata Sony Computer Entertainment e Facoltà di Scienze della Comunicazione della Sapienza, al di la dell'innovazione metodologica, offrirà l'opportunità di osservare fenomeni e comportamenti che per ora sembrano riservati a pochi, "di nicchia" come si usa dire, ma che in futuro potranno certamente dimostrare la loro naturale efficacia nell'uso sociale e imprenditoriale della telematica, che passa da comunicazione ad azione.

Ed il futuro è, come spesso si legge negli specchietti delle auto più sicure, molto più vicino di quanto appaia.

Perchè Aldo Grasso?

Perchè Aldo Grasso ha scritto l'articolo "Digitale terrestre, prime sconfitte" avendo anche il coraggio di sottotitolare "Gli esperti tv: «Tecnologia costosa, limitata, obsoleta»"? Probabilmente perchè c'è in Italia chi ancora pensa che l'esperienza sul campo possa sostituire l'approfondimento e il ragionamento, alla faccia del concetto di "formazione permanente".
Le argomentazioni presentate nell'articolo sono, senza ombra di smentita, semplicemente false, soprattutto quelle tecniche e che ovviamente fanno sempre sospettare che "il satellite" abbia un particolare appeal per alcune persone. Cosa si può dire di un giornalista che pubblica notizie false?
Il digitale terrestre, ovviamente, non è una tecnologia costosa, limitata e obsoleta, soprattutto in relazione al "satellite" se non altro per un motivo: è sostanzialmente la stessa tecnologia! L'emissione satellite e quella terrestre sono, ovviamente, complementari e non sostitutive l'una dell'altra, come dimostra anche lo sviluppo delle ultime tecnologie DVB-SH.

Secondo Grasso "La tecnologia del Dtt è una tecnologia pesante, ha bisogno di molti trasmettitori, più potenti e più capaci dei mille e mille vecchi tralicci con cui, in cinquant'anni di storia, la Rai è riuscita a «illuminare» l'intero Paese". La realtà invece dice che i trasmettitori sono meno potenti e non sono "mille e mille". Per i meno informati in Italia servivano circa 8000 antenne, compessivamente, per tutto il comparto televisivo analogico, dopo il passaggio digitale vedremo.

"Se si spegnessero tutti i trasmettitori si potrebbe tranquillamente alimentare una città, contribuendo a diminuire l'inquinamento elettromagnetico": evidentemente Aldo Grasso non ha praticità nel maneggiare numeri e chilowatt, ma sostenere che i ripetitori tv per es. che illuminano la città di Roma, consumano "quanto una città" è veramente troppo, anche per i più sprovveduti. Ci si aspetterebbe, però, che un giornalista del Corriere della Sera non fosse così sprovveduto.

Potremmo andare avanti, ma rischiando di passare per pedissiqui e si sa che la precisione (soprattutto in una società oramai assuefatta alla mediocrità) non fa parte dell'armamentario della simpatia. Sarebbe bello avere una risposta direttamente da Grasso:

Caro Aldo,
puoi occuparti di tutto, di programmi, di critica televisiva dove il campo delle opinioni è più largo e più confortante. Quando si fanno affermazioni più legate alla realtà oggettiva, però, si ha il dovere di essere precisi. Perchè ci vuoi sostanzialmente convincere che "il satellite" è migliore del "terrestre"? Tutte le persone mediamente esperte sanno che sostanzialmente si tratta della stessa tecnologia, l'unica differenza è la banda passante sulla singola frequenza e per motivi di scelta, solo le modalità di somminstrazione sono diverse. Perchè ci tieni tanto a far sapere che il Grande Fratello trasmesso da SKY è meglio del Grande Fratello trasmesso da Mediaset Premium? Spiegacelo e dicci anche chi sono questi "esperti" che hanno il coraggio di sostenere le falsità che tu hai rilanciato.

Tivù srl: la nuova società di servizi che fonde digitale terrestre e satellitare

Tivù, partecipata da RAI e Mediaset con il 48% delle quote e da Telecom Italia media con il 4%, è una società che produce e vende servizi. Questi servizi sono promozione, EPG, accesso condizionato per il satellite e funzioni coadiuvanti per le imprese (televisive) che si associano.

La due giorni di lavori per fare il punto sulla televisione digitale terrestre che si è appena svolta a Roma si è presto trasformata nella celebrazione della fusione "cielo+terra". Ma nessuno stupore: le differenze tecniche fra i due sistemi di emissione sono ridotte ed in fondo le persone sono interessate ai programmi, non al sistema di ricezione. La decisione, quindi, di associare potenzialmente tutte le emittenti italiane per gestire insieme i problemi tecnici, commerciali e di comunicazione, appare quanto mai azzeccata.

Nonostante molti abbiano genericamente parlato di "piattaforma" concorrente a SKY, si tratta infatti di un accordo strategico per la televisione italiana. Fornirà servizi ai soci in mancanza dei quali sarebbe vanificato molto dell’”appeal digitale” come la comodità di avere liste ordinabili di canali, EPG, sintonizzazione automatica, informazioni sul programma in onda, doppio audio, sottotitoli e altro, ma non si occuperà della messa in onda, elemento caratterizzante specifico, invece, della "piattaforma SKY".

Da giugno prossimo la sezione "Tivù Sat" sarà operativa e quindi vedremo trasmessi da satellite anche i canali finora esclusivi del digitale terrestre, come Iris di Mediaset e RAI4, giacchè gli altri canali generalisti a cui siamo abituati erano comunque già ricevibili da satellite con qualsiasi ricevitore. Novità anche per gli spettatori anche italiani che non possono ricevere la televisione via terra, sarà superato il problema dell'oscuramento dei programmi per i quali non si possiedono i diritti europei. tivù adotterà una nuova tessera per l'accesso condizionato e gestirà il sistema a disposizione di tutte le emittenti italiane, con codifica "Nagravision": sarà quindi impossibile usare i ricevitori NDS di SKY per decriptare le nuove emissioni "TiVù" ma andranno probabilmente bene tutti gli altri con lo slot Common Interface. L'altra grande novità è l'EPG comune a tutte le emittenti italiane. Finalmente avremo su una sola tabella tutti i programmi di tutte le emittenti e verosimilmente, ipotizzando la sempre maggiore diffusione di ricevitori integrati terrestre/satellite come il nuovo Telesystem visto nel foyer dell’Auditorium sede della Conferenza, è facile immaginare che in futuro la scelta del programma da vedere in tv sarà del tutto svincolata dalla scelta del sistema di ricezione, del tutto trasparente allo spettatore.

Tivù srl, dunque, non è semplicemente una nuova "piattaforma satellitare" ma "la" piattaforma di comunicazione, ideazione, gestione e vendita della nuova televisione digitale italiana.