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IRIS e BIG! i due nuovi canali digitali Mediaset

Sono stati presentati questa mattina a Roma i due nuovi canali digitali che Mediaset metterà in rete a partire dal 30 novembre e nei primi mesi del 2008. Il primo, fra pochi giorni, sarà "IRIS", un nuovo canale tutto dedicato al cinema, al teatro, ai documentari e alla cultura in genere, libri compresi. Il secondo, "BIS!", è un canale che riproporrà, alla stregua di come accade nelle notti anche analogiche di R4, programmi degli ultimi vent'anni dal magazzino Mediaset. Presente anche il ministro Gentiloni, ma soltanto per il tempo necessario a timbrare il suo cartellino e prendersi un applauso poco convinto come poco convincenti troviamo le sue (confuse) idee sui concetti del mondo della comunicazione.

IRIS conterà su un archivio di mille film, trasmetterà per 18 ore al giorno e sul multiplex 2 di Mediaset, per intenderci quello di Can5 e Ita1 che (purtroppo) regaleranno un poco della loro banda passante ai due nuovi arrivati. Non sono riuscito a strappare un impegno per l'audio AC3 ma probabilmente ci sarà la doppia lingua. Sul piano del palinsesto non si può che essere molto contenti di questa novità che va a colmare un gap oramai evidentissimo: la scomparsa dei film sui canali non a pagamento. Eravamo abituati (nella nostra infanzia) ad avere il film del lunedì sera e il teatro il venerdì. Ebbene con IRIS potremo rivivere le nostre vecchie certezze, con rassegne di cinema italiano, straniero o monografiche dedicate ad attori o registi. Insomma, una programmazione che i vecchi abbonati a Tele+ nero probabilmente troveranno familiare...

BIS!, il secondo nuovo canale che si farà aspettare comunque qualche mese, ha sulla carta molto meno appeal di IRIS ma non escludo sorprese: infatti, l'idea di ripercorrere venti anni di cultura televisiva attraverso i programmi Mediaset è stuzzicante per gli amanti della televisione. Si può cogliere la dinamicità dei palinsesti, una caratteristica peculiare dell'azienda che ha portato in Italia la televisione commerciale, oppure scoprire come i format si sono modificati per trasformare il programma e migliorarne gli ascolti. Per non parlare di programmi come DriveIn che hanno letteralmente firmato un'epoca.

Dopo il grande successo di Boing, il canale tutto cartoni animati, la concorrenza a SKY si fa dunque più efficiente perché una fornitura gratuita di film, anche di una certa qualità per cinque sere su sette più il teatro al venerdì, renderà più difficile all'offerta satellitare la conquista di clienti che ancora resistono alle sirene dei costi fissi.

IPTV Wind

Tra le promozioni di natale pare debba esserci anche il lancio della IPTV di Wind, che tradizionalmente se la prende comoda quando si tratta di fare business tecnologico. Niente di nuovo, i soliti canali SKY. A margine annotiamo che nonostante tutto non abbiamo ancora ben compreso perchè sprecare banda passante sul filo quando gli stessi flussi AV si possono ricevere via satellite... In fondo non credo che sia più probabile avere sul retro del televisore una presa di rete invece che un cavo coassiale proveniente dal tetto.
Comunque la vera novità è nell'hardware che sarà abbinato all'offerta Wind. Si tratta di uno scatolotto (è più simpatico che set-top box) Motorola che ha due grandi pregi: incorpora un sinto digitale terrestre e un hard disk da 160 giga per registrare i flussi digitali. Ovviamente vorremmo saperne di più, e ci proveremo...

CAM MediasetPREMIUM e La7 Cartapiù



E' di queste ore una notizia riguardante una picccola/grande novità tecnica per la visione dei programmi codificati, sia da MediasetPREMIUM che da La7 Cartapiù. Si afferma che sarà disponibile, a partire da gennaio 2008, una CAM per entrambi i formati di criptazione, nella quale inserire la tessera, allo scopo di permettere la visione dei programmi codificati da parte dei televisori che sono in vendita in questo momento e che, pur non offrendo compatibilità per il sistema "mhp", hanno sul retro una fessura ("slot" per i più tecnici...) per l'inserimento della CAM, come siamo abituati a vedere sui ricevitori satellitari da tempo. A questo punto ci si chiede se la stessa CAM potrà essere usata anche per la visione da satellite.

L'informazione italiana è a rischio: l'ansa rilancia falsa notizia su Mediaset Premium

Che il giornalismo italiano fosse un castello di carte tenuto con lo scotch della tecnologia lo sapevamo già. Un paio d'ore fa, verso mezzogiorno, è stata "iniettata nel sistema" (mi piace, mi sa tanto di Matrix) una falsa notizia su una falsa indagine antitrust che avrebbe colpito Mediaset, tanto per cambiare.
Inutile dire che nessuno si è preso la briga di controllare, e la notizia è stata immediatamente presa in consegna da tutto il circo mediatico-telematico e ricopiata, para para, da tutta quella schiera di "giornalisti" che pullulano il sistema e che magari prenderanno anche la pensione INPGI.
La notizia era falsa e per fortuna dopo due ore l'Autorità Antitrust stessa ha smentito il fatto. Nel frattempo le quotazioni in borsa della società potevano anche crollare.
E' triste, comunque, notare come gli attacchi imbecilli siano sempre diretti verso una delle poche iniziative incontestabilmente positive dell'impero Mediaset. Significa non saper cogliere la realtà e vivere seguendo un'ideologia ridicola. Beati voi.

Il telecomando e la deficienza mentale degli italiani

Il ddl Gentiloni è stato integrato, nel suo iter parlamentare, con nuovi articoli riguardanti ambiti più disparati. Il più importante (sic (che non sta per sistema integrato delle comunicazioni)) riguarda "la riserva di un terzo dei tasti del telecomando da uno a nove" per "l'emittenza locale". Forse non sapevate, infatti, che uno dei più scottanti problemi da risolvere, in un primo momento ignorato dal ddl, è "la salvaguardia del valore di avviamento delle imprese radiotelevisive", burocratese che si traduce con : siccome gli italiani (dicono) hanno memorizzato RAIUNO sul bottone 1, RAIDUE sul bottone 2, RAITRE sul 3, RETE4 sul 4, Canale 5 sul 5, ItaliaUno sul 6, La7 sul 7, il passaggio al digitale non può spezzare una delle poche certezze della vita, ovvero l'ordine delle televisioni sul telecomando. Poi si sa, gli italiani sono imbecilli ed incapaci di memorizzare al tasto X l'emittente Y, quindi bisogna assolutamente fornirgli la pappa pronta. In effetti è lo stesso problema della lista dei preferiti di SKY...
C'è però un risvolto materiale che rende obsoleto il vecchio adagio "retequattro sul satellite": se tre bottoni sono riservati all'emittenza locale (qual'è?) e tre bottoni sono riservati a RAI ne rimangono (escluso lo 0) altri tre mentre le emittenti nazionali sono quattro... quale sarà cacciata dal telecomando? Altro che satellite!

La guerra dei bottoni ad alta definizione: BluRay vs HD-DVD

Riprendo il flusso di tecno-riflessioni sul mio blog, dopo le vacanze, con un microcommento veloce veloce.


Secondo un certo giornalismo italiano, che spesso sforna notizie precotte, decise a tavolino all'inizio dell'anno, copiateincollate da internet e rimbalzate da un media all'altro, pare che ci sia una "guerra" di formati fra HD-DVD e BluRay che "disorienta" il pubblico, il cliente finale nell'acquisto dei prodotti sia software che hardware. Ovviamente si cita sempre, come se fosse una verità assoluta oramai cristallizzata nel tempo, il vecchio triangolare VHS contro Betamax, VHS contro Video2000, Video2000 contro Betamax.

La realtà mi pare, invece, molto diversa. Mi pare che il fenomemo dischi HD sia molto ridotto, diciamo impalpabile: non ci sono film acquistabili comunemente, da Blockbuster non ce ne sono affittabili, forse qualche rivenditore ha sugli scaffali un lettore BluRay. Anzi, crediamo proprio, e lo si capisce considerando gli ultimi trent'anni di mercato audiovideo, che della qualità assoluta al mercato, ovvero al grande pubblico, interessi molto poco. La maggior parte delle televisioni italiane sono collegate con una presa scart al lettore DVD o alla Skybox... Dell'audio, poi, non ne parliamo proprio.

Morale: signori addetti ai lavori, all'informazione, tornate coi piedi per terra e non fate articoli su mercati o prodotti che non conoscete, non basta la telefonata al cugino "esperto"...

Relazione Calabrò: idee confuse su concetti difficili

Nella sua relazione annuale al parlamento, il Presidente Calabrò ha toccato nuovamente alcuni dei punti che l'Autorità per le Comunicazioni tiene evidentemente in conto per il progresso del settore nel paese, peccato che alcune scelte appaiono, perlomeno, discutibili.
L'attenzione si è focalizzata sulla presunta necessità per il paese di avere una rete a banda "veramente larga", ovvero costruita in fibra ottica fino ai palazzi, come la vecchia Fastweb ha in parte già realizzato. Le preoccupazioni di Calabrò seguono uno schema che ben conosciamo: una classe politica poco informata è suggestionata da qualche "studio di settore" e decide che per mostrarsi aggiornata ai tempi e alle presunte novità bisogna cavalcare questa o quella iniziativa e oggi è il turno della rete a fibra ottica (sono un candido... lo so). Avevo già commentato questa situazione, quindi la farò breve: l'Italia non ha affatto bisogno di una rete diffusa a fibra ottica e meno che mai di un investimento da parte dello Stato per otto miliardi di euro, sarebbero soldi veramente mal spesi e speriamo che il Parlamento abbia l'onestà di scoprirlo.
Dopo essersi concentrata su questa sinistra possibilità, il Presidente Calabrò ha volto il suo sguardo verso la "televisione" lamentandosi... della sua scarsa "qualità". Non conosco il motivo per cui un'autorità per le comunicazioni faccia riferimento ad un concetto così sofisticato come quello della qualità televisiva. E' anche vero che le sue osservazioni su problemi più materiali non sono spesso molto meglio...
Il problema è il solito "digitale terrestre: lo scopo di Calabrò è sostanzialmente dare una mano a Gentiloni sollecitando l'approvazione della sua legge. "E' l'Europa che ce lo chiede!". In realtà l'Europa non ce lo chiede affatto, anzi chiede completamente un'altra cosa, ci chiede di permettere a tutti l'accesso al mercato delle "trasmissioni di dati digitali" e non l'accesso al mercato "televisivo", ovvero quello dei telegiornali, dei Porta-a-Porta e quant'altro!
Ancora una volta, l'intera "platea di reali" presente non ha (fino a prova contraria) capito che esiste, c'è una legge in vigore, la distinzione fra "chi trasmette il segnale" e chi "trasmette (cioè fornisce) il palinsesto". Quello che molti chiamano "televisione" è il secondo dei due, è il "palinsesto", non l'antenna. Sono quindi infondati tutti i richiami al "pluralismo" dell'informazione, al "duopolio" e tutte le altre logore categorie di "lamentele sinistre" che avviluppano questo paese da anni.
La conclusione dell'intervento è stata dedicata all'altro versante delle "riforme Gentiloni", la separazione delle attività commerciali e di servizio pubblico nella gestione dell'impresa RAI. In un recente incontro avvenuto a due passi dal Parlamento, organizzato dall'ISIMM, tutti, praticamente tutti gli intervenuti, tra giornalisti, protagonisti del mondo televisivo e di quello accademico, hanno respinto l'ipotesi di separazione tra reti pagate dal canone e reti pagate dalla pubblicità...

Purtroppo la situazione non è rosea: basterebbe cambiare un articolo della legge Gasparri per consentire a tutti di gestire le frequenze UHF e VHF (non le televisioni) e quindi non c'è alcun bisogno di approvare la "legge Gentiloni", come invece molti spot stanno con insistenza suggerendo in questi ultimi giorni. Per quanto riguarda la riforma RAI, nel mio piccolo faccio presente che invece di ipotizzare improbabili separazioni, malvolute da tutti, sarebbe il caso di rivedere i fondamenti giuridici alla base del pagamento del "Canone RAI" essendo quest'ultimo ancora, negli anni digitali che viviamo, una "tassa per il possesso di un apparecchio atto a ricevere, o adattabile a ricevere un segnale radiotelevisivo"!

Le "frequenze" in mano ai soliti operatori: Gentiloni ed altri ancora non hanno capito

Ho evitato commenti sui 33 milioni di euro che la RAI ha detto di voler spendere per la rete, anche perchè mi sembrano pochi e già previsti, quindi nessun merito a nessuno. Mi preme, invece, segnalare il demerito sulla preparazione tecnica e politico-economica di molti.
Il ministro Gentiloni non ha perso occasione per rallegrarsi di una "indicazione europea" che evidentemente gli può servire (pensa lui) come ariete per sfondare la porta prima che crolli tutto il castello del centrosinistra.

Purtroppo quello che non ha mai capito, nonostante tutti i richiami che - alla faccia della UE - gli ho fatto io, è che esistendo la separazione (perlomeno così dovrebbe essere in un mondo ideale...) fra i fornitori della connettività e i fornitori dei palinsesti, non c'è alcun pericolo per la "democrazia dell'etere" anche se le antenne le gesticono soltanto due operatori giacchè la televisione come la intende lui (cioè quella cosa li che si vede e si sente e che se ce l'ha berlusconi poi vince alle elezioni...) è "il palinsesto", non le "frequenze" e non le antenne che trasmettono sulla banda UHF e VHF.

L'UE ha semplicemente ricordato che ci potrebbero essere delle imprese volenterose di entrare sul mercato della "trasmissione dati" (non nella "creazione dei palinsesti", ovvero nella "televisione che preme a Gentiloni"), e che quindi bisognerebbe semplicemente evitare di assegnare per legge le nuove, eventuali libere frequenze SOLO a chi già è della partita. Tutto qua, semplice buon senso.
A rigor di logica basta modificare un articolo della precedente legge, non farne un'altra che, tanto per dirne una, non prevede cosa fare quando, passati per esempio due anni, nessuno chiederà licenze per occupare frequenze libere: non credo che l'interesse del paese sia lasciare frequenze inutilizzate solo per non farle gestire (non possedere) da Berlusconi o dalla RAI. O no?

Super Plasma PANASONIC: quando il gioco si fa duro


I duri cominciano a produrre schermi al plasma da 103 pollici! Ebbene, non ho resistito al vecchio richiamo dell'hardware di livello e sono accorso alla presentazione Panasonic che si sta svolgendo in queste ore (potenza della comunicazione telematica) allo Sheraton Golf Building - Parco De'Medici, grazie ad un mezzo mobile appositamente predisposto per allargarsi quel tanto che basta per accogliere sia un simile esemplare di schermo, una sorta di tirannosauro a colori, sia gli altri display al plasma professionali di Panasonic.
In un primo momento può sembrare contraddittorio interessarsi al settore professionale, ma a pensarci bene l'impressione cambia. Quanti appassionati, infatti, sarebbero molto più contenti di poter acquistare un vero "monitor" piuttosto che il solito televisore? Pensateci bene, la parte audio del televisore plasma o LCD non vi interessa, tanto avrete sicuramente un impianto audio all'altezza, ed in fondo neanche del sintonizzatore incorporato vi interessa più di tanto perchè avete già l'intenzione di collegarci un vero computer oppure un sintonizzatore digitale esterno. In questo caso non sarebbe meglio comprare un vero monitor invece che il solito televisore cui collegare tutte q
ueste appendici esternamente? Mi direte: "Si ma, i costi?". Vi risponderò: "No, non aspettatevi cifre folli, sono giustificate dalla qualità stabile nel tempo e da una versatilità sorprendente". La versatilità di questa serie Panasonic risiede nella modularità degli apparecchi. A partire dal display scelto è possibile aggiungere diversi elementi utilizzando gli slot multifunzione presenti sul retro, i quali possono ospitare schede di input come HDMI e DVI, o addirittura un vero computer, trasformando il puro display in vero Media Center. Ma veniamo al protagonista.
Come potete osservare in foto, le dimensioni del grande schermo Panasonic sono estremamente "impressive". Il confronto con un uomo certamente non basso (più alto dei miei 175 cm...) rende l'idea sia delle dimensioni assolute sia dello spazio che è necessario per alloggiarlo. In realtà risulta più problematico il trasporto e lo stazionamento: pesa circa 250 kg. Se farete i conti vi accorgerete che il nuovo display TH-103PF9 sarebbe capace, se posto in verticale, di visualizzare l'immagine di una persona in piedi, a grandezza naturale, secondo i dettami della più moderna concezione di "telepresenza". E non soltanto grazie alle sue dimensioni: con un contrasto di 5000:1 e una risoluzione fullHD (1920 x 1080 linee) assicura una sufficiente fedeltà cromatica e di riproduzione dei dettagli. Ho avuto modo di vedere diverso materiale video, fornito in ingresso da un lettore BlueRay e la sensazione è disarmante. Le immagini sono luminose e i colori vivi come siamo abituati a vederli con i migliori tubi catodici. Da questo punto di vista la tecnologia plasma, superati i problemi di durata dei pannelli, non è inferiore a quella a LCD. Anzi, generalmente la piacevolezza immediata di visione di uno schermo al plasma è superiore rispetto allo schermo LCD, vuoi per il livello del nero (che è davvero nero) vuoi per le sfumature che sono visualizzate (e che spesso mancano negli LCD). Insomma, il nuovo Panasonic 103" ha l'aspetto di un esercizio tecnologico visto su una rivista, ma quando lo si osserva da vicino... in fondo potrebbe anche starci nel nostro salone mentre una bella macchina, dal costo equivalente, no.

Fanno parte della famiglia "fullHD" anche gli altri "plasmini" (si fa per dire) da 65 e 50 pollici. Il TH-65PF9 nella foto qui a destra contornato dalla speciale cornice a raggi infrarossi (connessa via USB con il PC che genera le immagini) che lo trasforma in un display sensibile al tocco. E' un modello capace di circa 68 bilioni di colori e 4096 toni di grigio mentre il TH-50PF9 garantisce le stesse prestazioni con una dimensione di "soli" 50 pollici, e lo vedete qui in basso a sinistra.










Ci sono, infine, anche i modelli con risoluzione inferiore, come il TH-58PH10 e TH-42PH10, etichettabili come "HDready" che fanno sempre la loro impressione: come ho avuto modo di dire in altre occasioni il passaggio dalla definizione PAL a quella di 720 linee è in ogni caso visivamente eclatante...
Esteticamente minimali, sono dei veri monitor, "concetti" di schermo, esattamente quello che ogni vero appassionato desidera.

RAI "non sceglie" il DMB: gli errori in campo


Avrete avuto modo di sapere che RAI, per bocca dell' amministratore delegato di RaiWay Stefano Ciccotti, ha "scelto" il sistema DMB (http://www.worlddab.org/index.php) per diffondere verso ricevitori mobili alcuni flussi audiovideo, in parole meno esatte "alcuni canali TV", in unione a molti flussi audio, ovvero "canali radio". La possibilità tecnica si fonde con i vantaggi economici, e da questo punto di vista nulla da eccepire: in un colpo solo si sono superate tutte le difficoltà che hanno impedito la diffusione del DAB e si ottiene una bella fetta di spettro elettromagnetico pronta per veicolare molti flussi digitali.

Nonostante questo ci sono delle osservazioni da fare.

Innanzitutto una precisazione che va a coprire le solite inesattezze giornalistiche, derivanti da una mancanza di osservazione diretta dei fenomeni: la "piattaforma DVB-H" non comporta obbligatoriamente l'uso del "modello di business pay", come affermato oggi su Affari e Finanza da Stefano Carli: è tecnicamente possibile trasmettere un flusso in tecnica DVB-H e non pretendere il pagamento per la visione. Tutta la retorica sulla televisione "free" che ne consegue, e quindi una supposta maggior conformità del DMB alla "filosofia" dell'azienda RAI, è "fuffa", come si suol dire.

Questa scelta è una "non scelta" e la spiegazione la da proprio Stefano Ciccotti: in pratica non è un investimento in una tecnologia televisiva ma una strategia gattopardesca per dare a bere (e soddisfare parecchi interessi) che si sta mettendo in piedi una rete per la televisione digitale in mobilità spendendo otto milioni di euro invece che trecento. Può sembrare anche una non troppo velata strategia per convincerci noi che il Ministro è stato molto incisivo nell'obbligare RAI ad una scelta, il contratto di servizio è onorato, e la luce è sempre accesa nella stanza di Adiconsum (la quale ha subito plaudito, forse prima che la decisione fosse presa...). Perchè Adiconsum non si adira per tutti i telefonini DVB-H venduti e in vendita oggi che diventano "obsoleti" ancor prima di funzionare a regime?

Hanno giudicato "obsoleto" il DVB-T e gridato allo scandalo per l'imposizione di una "tecnologia nata vecchia", allora anche questa è nata nonna: l'impossibilità di vedere i contenuti premium è inaccettabile nel modello di televisione del 2007. E che dire poi della necessità di comprarsi un altro apparecchio, un altro caricabatterie, oltre il telefono cellulare, per vedere solo RAI? L'ossessione della gratuità è fumo negli occhi: nonostante la mancanza di chiarezza legislativa (il canone è una tassa di possesso per un apparecchio elettronico e il Ministro non ha fatto ancora nulla per risolvere questa assurdità) si paga una tariffa flat annuale per la visione dei programmi RAI. Nessuno vieta e vietava di distribuire canali gratis con il DVB-H e RAI lo può fare (e lo fa) senza una lira di investimento nella rete: basta inserire i flussi audiovideo RAI nello streaming delle differenti offerte DVB-H dei provider di telefonia e non pretendere nessun pagamento per la visione. Per finire, non vediamo il vantaggio di dover favorire Samsung piuttosto che Onda, produttore italiano di telefono DVB-H.

Partito Democratico maionese: impazzito in pectore

Beh, certi personaggi meriterebbero dei premi di quelli estivi con il presentatore e il parterre di signorazze abbronzate. A noi invece un bel tapiro di platino: come si fa a non essere attapirati dopo aver sentito Giulietti che tramite Radio Radicale che "Il sottosegretario alle comunicazioni Vimercati, a nome del ministro Gentiloni, ha oggi annunciato l'intenzione del governo di favorire nei prossimi mesi il passaggio al digitale attraverso la rottamazione dei vecchi televisori per incentivare l'acquisto dei nuovi''?

Siamo alla follia pura, di stampo schizofrenogeno: prima il ministro ridacchia soddisfatto delle "sanzioni UE" "contro" Berlusconi e gli incentivi al DT, poi lancia nuovi incentivi per l'acquisto di TV con sintonizzatore NON interattivo e poi, tramite Giulietti che non si sa chiaramente perchè ma è sempre "in mezzo", annuncia l'annuncio di nuovi incentivi addirittura per "rottamare" i televisori (perfettamente funzionanti, evidentemente).

E' come se, invece di mettere i pneumatici da neve, si decidesse di sostituire l'intera automobile, tanto paga lo Stato! ...e in fondo un pò di spazzatura elettronica in più che volete che sia?
E pensare che la politica non doveva più occuparsi di televisione!

Frequenze Gentiloni: la rete SFN non è la panacea di tutti i mali


Ho appena letto il seguente articolo, http://www.corriere.it/Primo_Piano/Economia/2007/06_Giugno/25/tv.shtml , pubblicato dal Corriere e rilanciato anche dalla mia sezione notizie che trovate in basso a destra. Si parla del problema "Piano delle Freequenze" e della "rivolta" delle televisioni locali che non sono disposte a rimettere sul tavolino le loro "singole" frequenze di trasmissione. Si fa riferimento ad una serie di considerazioni riportate da Antonio Sassano, consulente del ministro Gentiloni e neodirettore della Fondazione Ugo Bordoni, il braccio tecnico del ministero... Per chi non lo sapesse, il Prof Sassano è la persona che segue da dieci anni a questa parte tutti gli studi e i provvedimenti relativi alle reti di trasmissione nel nostro paese e per questo non può chiamarsi fuori dalla situazione che il ministero sta presentando come disastrosa: l'ennesimo censimento per l'ennesimo piano hanno sicuramente contribuito alle casse di qualcuno ma non accresciuto la nostra conoscenza e soprattutto non hanno fatto la parte "attiva" del lavoro: un piano "digitale" era gia stato preparato ed è fallito, non si intuisce come mai questo ancora da scrivere da parte dell'Autorità di Calbrò dovrebbe avere più successo. Se non bastassero i motivi economici, ci sono anche delle ragioni tecniche.

Velocemente i temi in questione sono questi:
  • Rai e Mediaset non vogliono perdere frequenze: oltre al fatto che gliene servirebbero altre hanno negli ultimi decenni messo in piedi una rete che non vogliono smantellare a favore della fantomatica concorrenza.

  • Le tv locali che non rimettono in gioco la loro frequenza si trovano a disporre di cinque o sei "canaliTV" invece di uno e non sanno bene cosa fare della capacità eccedente (se non cederne il 40% non si sa bene a chi e con quali strutture commerciali).

  • RAI propone un "gestore unico della rete di trasmissione": grande idea semplificatrice, un po pericolosa per la concorrenza, ma consentirebbe il riallineamento istantaneo di tutti oltre che risolvere un problema ai privati che non sanno come gestire gli impianti economicamente. Certo si tratterebbe di costruire una nuova società oppure conferire gli impianti di tutti a RAIway oppure a Elettronica Industriale... insomma, più facile a dirsi che a farsi. Però intrigante, diventerebbe operativa, finalmente, la separazione fra fornitori di connettività e fornitori di contenuti.
Per risolvere tutti i problemi la grande idea del ministero si chiama "rete SFN" ovvero "Single Frequency Network", ovvero "rete con una sola frequenza di trasmissione" o più brevemente "rete isofrequenziale". Ricalcando uno slogan anni '60, "una testa, un voto", la parola d'ordine diventa "un network, una frequenza". Ci sono però degli elementi che vengono sottaciuti dal braccio tecnico del ministero e ignorati, probabilmente, dai giornalisti.
Secondo Sassano la rete SFN "è la migliore per il nostro paese, anche per rispettare i patti del trattato di Ginevra". In pratica per evitare i problemi di interferenza al confine nord del paese. Ma non è vero, come affermato nell'articolo riportando le parole di Sassano, che "la Tv digitale richiede il passaggio dal sistema attuale multifrequenziale a quello monofrequenziale". Infatti tutti possiamo constatare che la TV digitale è in funzione in questo momento con una tipologia di rete "Multi frequenza", addirittura in condivisione con la trasmissione analogica quindi, magari con dispiacere di qualcuno, non esiste nessuna necessità di cambiamento. Fattostà che quest'ansia dirigista pervade molti provvedimenti di questo ministero.

La struttura attuale delle reti di trasmissione TV, frutto del fallimento del piano digitale di qualche anno fa, è detta "a macchia di leopardo" proprio perchè è stata lasciata "al mercato" ma non è completamente casuale. Sin dal vecchio mondo analogico, siccome il territorio italiano è molto vario, orograficamente parlando, è stato di norma necessario, per coprire diverse zone con lo stesso programma, trasmettere il segnale analogico su più frequenze, anche per evitare interferenze. Da questa caratteristica fisica del nostro paese, più che da fattori politici o economici o di potere "mediatico" discende la cosiddetta "giungla delle frequenze" ovvero la necessità di avere molte antenne e molti canali per lo stesso programma audiovideo.

Con la tecnologia di trasmissione digitale questo problema è tecnicamente superato: si può trasmettere sulla stessa frequenza lo stesso "flusso di bit" (non più una trasmissione modulata analogicamente quindi) e anche nelle zone di sovrapposizione fisica dei segnali trasmessi da più antenne non si creano interferenze, anzi... il segnale migliora! Da questo punto di vista la tipologia rete SFN è più pulita, più elegante e più pratica delle tipologie "MFN" possibili (ovvero "Multi Frequency Network") che sono ovviamente molte in funzione del numero delle frequenze per ogni multiplex. Anche sul piano pratico l'idea che lo stesso multiplex sia in tutto il paese trasmesso, ad esempio, sul canale "48" della banda UHF ci piace molto... ma ci sono anche pesanti controindicazioni.
La controindicazione più immediata, ma anche quella con maggior impatto sui cittadini, è che volendo ridisegnare a tavolino da zero tutta la mappa di trasmissione italiana, si produce evidentmente la necessità di dover riorientare e riallineare anche tutte le antenne sulle case italiane. Ovviamente non sarà necessario proprio per tutti ma di fatto l'intero "parco ricevente" italiano va perlomeno messo in discussione, molto più di quanto sia gia avvenuto negli ultimi due anni.
Poi c'è la controindicazione economico-legislativa: rimettere tutti i licenziatari di frequenze intorno ad un tavolo e convincerli che non ci rimetteranno, in assenza di uno strumento normativo che tuteli gli interessi di tutti.
Ma c'è, infine, una controindicazione peggiore, quella tecnica che pensavo fosse oramai stata abbondantemente documentata. Chi decide di disegnare da zero una rete di telecomunicazione in cui operano diversi elementi deve tenere conto, contemporaneamente, di tutte le esigenze, quindi il numero delle frequenze per ogni multiplex dipende anche dal tipo di multiplex: non ci sono soltanto i duopolisti nazionali più Telecom Italia ma anche tutte le emittenti regionali e provinciali. Anzi, non ci sono ancora perchè il "Piano" non è stato ancora fatto: è il disegno del piano che deve decidere quante emittenti regionali e quante provinciali possono esserci ed in funzione di questa scelta (politica) esiste la soluzione tecnica "combinatoria" fra schema SFN e MFN migliore.
In altre parole, è la struttura che deve dipendere dall'uso non il contrario, e tutto questo è già stato ampiamente descritto, ad esempio nel documento "Gli scenari operativi per l’avvio e lo sviluppo della televisione digitale" in http://www.agcom.it/provv/libro_b_00/pdf/06_scen.pdf ed anche in "Appendice IV - Scenari di transizione al digitale" in http://www.agcom.it/provv/libro_b_00/pdf/12_app4.pdf , dove si possono trovare affermazioni come queste:
  • le reti SFN possono, rispetto alle reti MFN, trasmettere un minore numero di programmi o lo stesso numero di programmi, ma con qualità obiettivamente più modesta.
  • le reti SFN non sono decomponibili a livello regionale e di area locale mentre le reti k-SFN sono decomponibili a livello regionale e quelle MFN lo sono a livello di area locale.
  • l’impossibilità di decomporre le reti SFN in reti locali rende impossibile l’applicazione della riserva di 1/3 dei programmi all’emittenza locale.
  • Le precedenti osservazioni hanno come immediata implicazione che la struttura del Piano digitale potrà essere definita solo dopo aver definito quante e quali reti debbano essere decomposte e quali debbano essere le proporzioni tra reti nazionali e reti regionali e provinciali.
Come vedete le cose sono più complesse di quanto possa sembrare... quello che non è chiara è la volontà (politica) di assegnare risorse e le strategie in atto per raggiungere il risultato. Per una volta Berlusconi non c'entra.

Il problema metodologico nell'osservazione del fenomeno televisione

Nei giorni scorsi ho letto almeno un paio di notizie che fanno riferimento ad un cosiddetto "comparto digitale" ovvero accorpano "la televisione digitale" in un unico elemento, fornendo dati e comparazioni con "altre televisioni".

SAT-ZONE (Key4Biz ) ha pubblicato una previsione formulata dal Centro Studi AssoComunicazione, l’associazione che riunisce 166 imprese della comunicazione operanti in Italia: "il mercato della comunicazione supererà i 20 miliardi di euro con una crescita del 4,1% caratterizzata dalla progressione sostenuta del comparto digitale (+ 41% a fine 2007), da un rallentamento della tv via etere (+ 0,7%) e dalla buona crescita di eventi e sponsorizzazioni (+ 12,9%)".
Francesco Siliato, invece, ha scritto per "Il Sole 24 Ore" (ma io ho potuto leggere l'articolo qui http://www.digital-sat.it/new.php?id=9807) un interessante pezzo molto dettagliato in cui si mettono a paragone gli ascolti (materia sempre spinosa pur nella sua inafferrabilità) confrontando "televisione generalista" e " televisione digitale".
La chiave è questa: "Le reti generaliste sono in una crisi di ascolti prodotta dalla loro stessa mancanza di generosità verso i pubblici, e dall'assenza di visioni strategiche. La Rai forse perché bloccata da battaglie politiche e dal Tar del Lazio; Mediaset dalla difficoltà di scegliere tra televisione a pagamento o gratuita per la piattaforma digitale terrestre". Per poi proseguire con:"In tutti i Paesi in cui è arrivata la televisione digitale l'ascolto delle generaliste è diminuito, come diminuì negli anni 80 negli Usa all'affermarsi delle reti televisive via cavo. Le reti generaliste, maggio 2007 su maggio 2006, hanno perso il 24% del loro seguito (reach%), sullo stesso mese del 2005 la perdita è del 3 per cento. In Gran Bretagna Bbc e Itv hanno trovato il modo di rifarsi dell'inevitabile calo delle loro ammiraglie, hanno realizzato canali gratuiti per le piattaforme digitali e gli ascolti del gruppo crescono più di quanto scendano quelli delle loro reti generaliste."
Gianluca Vacchio sul Velino (http://www.ilvelino.it/articolo.php?Id=369797) ha saccheggiato evidentemente lo stesso sacco: "Il panorama televisivo è in piena evoluzione, la tv generalista perde share, procede (con calma) il digitale terrestre, il satellite si consolida ma non sfonda, e in molti – soprattutto tra i più giovani – hanno sostituito il piccolo schermo con Internet."

Sarà evidente, a questo punto, una difficoltà nel capire bene il tema delle osservazioni e soprattutto il metodo che porta ad affermazioni perlomeno discutibili. Innanzitutto non sappiamo cosa sia il "comparto digitale", citato dalla prima notizia, soprattutto se messo in correlazione con la "tv via etere": non è digitale anch'essa? I miei tre lettori mi diranno "ma dai! si capisce... il "comparto digitale è internet"... Ehm, si, potrebbe essere così ma, cari tre lettori, nel momento in cui si fruisce dell'ultimo tg RAI vedendolo in streaming dal sito www.rai.it (il motivo per il quale hanno voluto lanciare www.rai.tv mi sfugge...) si sta usufruendo del "comparto digitale" o di quello "via etere"?
D'altronde la grande esperienza di Siliato non impedisce che nel lettore sorgano dei dubbi. Ad esempio la definizione di "televisione generalista" così come ci è stata consegnata dagli anni '90, ovvero quella televisione antitetica rispetto alla tv tematica, è oramai superata dalla storia, e lo stesso può dirsi della contrapposizione fra "televisione generalista" e "televisione digitale" poichè, per fortuna, "digitale" non vuol dire "canali tematici" per antonomasia. Inutile, a questo punto, sottolineare che aggiungendo numeri a considerazioni poco chiare, poco fondate nella realtà del mercato, la cosa si complica e non succede nulla soltanto perchè di solito queste considerazioni passano come acqua sotto il ponte.
Mediaset non ha nessuna difficoltà a scegliere fra digitale terrestre a pagamento e digitale terrestre gratis perchè le due occorrenze non si escludono (tecnicamente) a vicenda. Possiamo dire che il disegno di legge Gentiloni renderà praticamente impossibile trasmettere un programma a pagamento, questo si, e quindi Mediaset ha ben poca scelta: o inizia a trasmettere a pagamento via satellite, e non può praticamente farlo perchè il parco ricevitori "non SKY" è molto limitato, oppure può dedicarsi ad altro... che è appunto quello che hanno deciso di fare. La RAI ha deciso di non vendere "al minuto" televisione per diversi motivi, proviamo ad ipotizzarli: innanzitutto per non dispiacere nessun altro operatore, poi perchè di fatto vende a tutti gli italiani con un contributo "flat" annuale, infine perchè preferisce vendere "wholesale" a SKY quattro o cinque palinsesti belli e pronti, per 40 milioni di euro l'anno. Il tutto senza complicarsi la vita con un sistema di gestione di carte prepagate e numeri verdi. Mica male...

Come vedete, quindi, esiste un problema metodologico nella comprensione e nella spiegazione del mercato televisivo. innanzitutto servono delle conoscenze tecniche ed una curiosità/praticità che molti non hanno. Spesso si ha l'impressione che manchi una esperienza pratica anche nella manipolazione dei dati. Sul piano più strettamente teorico è necessario oggi più che mai saper "saltare" da un concetto all'altro, fondere insieme elementi in precedenza separati, mettere in discussione il "sentito dire" ed il "detto" e ben sappiamo che molti esperti vanno oramai da (troppi) anni raccontando più o meno la stessa storia, gli stessi che quindici anni fa prevedevano la fine della TV generalista (cioè quella a palinsesto vario e fissato) oggi fanno convegni o scrivono libri (e non mi rifersico a Gianluca Vacchio...) sostenendo che "la TV (in toto) è morta, il futuro è internet".
Ma di questo, parleremo la prossima volta.

Database frequenze e gara per assegnazione capacità trasmissiva digitale


Dopo tanta fatica (si fa per dire) è stato presentato in pompa magna il mitico "database" delle frequenze TV da parte del ministero delle Comunicazioni e AGCOM. A questo indirizzo http://www.comunicazioni.it/it/index.php?IdPag=1189 è possibile leggere un resoconto ufficiale e scaricare il materiale ovvero una presentazione fatta (abbastanza di fretta) con PowerPoint e un PDF di domande e risposte.


Avrete fatto caso ad una leggera vena polemica... che volete che vi dica? Se lo Stato impiega un anno per realizzare e popolare un database fatto con "Microsoft Access", presentandolo come lo strumento fondamentale per governare "la transizione al digitale", la reazione è questa. Non voglio denigrare il lavoro altrui ma guardiamoci negli occhi, non penso che questo "elenco di trasmettitori" e relative caratteristiche sia lo strumento fondamentale per capire non si sa bene cosa. Peraltro, basta guardare i file di presentazione, c'è sempre l'impressione che il maggior lavoro l'abbia fatto l'ufficio complicazioni affari semplici: si parla di "frequenze" distiguendo quelle "digitali" da quelle "analogiche" come se esistesse una differenza fisica fra un uso analogico ed un uso digitale! Cosa ci importa di sapere dove sono le migliaia di trasmettitori (circa 8000) usati fino ad oggi per trasmettere un segnale analogico? Invece di imporre a tavolino un piano come si è tentato di fare nel 2003 è stata fatta una foto che ovviamente sarà già cambiata perchè proprio in questo momento qualcuno avrà già trasformato (per fortuna) la "sua" frequenza in "digitale". Ovviamente il database potrà essere aggiornato in tempo reale, ma allora la sua funzione di studio qual'è? E siamo sicuri che potrà avvenire lo scambio di dati in maniera trasparente con il database europeo? Temiamo proprio di no, altrimenti si poteva usare un gestore opensource.

Tutto appare italianamente tirato un po via, come gestito da un ufficietto di provincia, un po come la presentazione in cui, alla faccia di Renzo Arbore, ancora si scrive "standards" invece di "standard" e si inseriscono inspiegabili foto satellitari prese da Google Maps pure ruotate di 90 gradi!

La pagina di presentazione dell'iniziativa si conclude con il solito richiamo alla scarsità delle frequenze di cui si dice esserci grande richiesta: In realtà lo stesso Presidente dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni Corrado Calabrò ha appena sottolineato ( http://today.reuters.it/news/newsArticle.aspx?type=internetNews&storyID=2007-06-04T152327Z_01_L04286021_RTRIDST_0_OITIN-TV-DIGITALE-CALABRO.XML ) come nonostante sia praticamente in atto la gara di assegnazione NON DELLE FREQUENZE ma del 40 % DELLA BANDA DIGITALE a disposizione, non sembrano esserci file per accaparrarsela, non c'è "effervescenza" nella produzione di contenuti... A pensarci bene perchè i "produttori di contenuti", che oggi sono società come Endemol, dovrebbero essere interessate a creare e pagare una capacità di trasmissione accesa 365 giorni l'anno? Forse non si è accorto nessuno che la legge praticamente favorisce la nascita di un "terzo anello" della catena, gli acquirenti del 40% che necessariamente non possono essere i "produttori di contenuti", i quali sono interesessati, appunto, a produrre e vendere i loro contenuti, non a "gestire un palinsesto".
C'è tempo fino a luglio di questo anno. Chissà se il Ministro avrà, all'epoca, la correttezza di ammettere che mettere a dispozione un'autostrada (a pagamento) non significa vedere milioni di italiani festanti percorrerla ringraziando il centrosinistra: mancano le macchine, cioè gli imprenditori che hanno voglia (o possibilità) di fare televisione, cioè palinsesto, non semplicemente programmi.

Teoria e tecnica della Comunicazione


Proprio ieri sera, nel sempre accattivante format di G. Minoli, si parlava di televisione e il ministro Gentiloni ha dato modo di riflettere su come "una certa sinistra" sia rimasta veramente indietro sul piano teorico della comunicazione. Eppure il servizio era stato chiaro, ma andiamo con ordine.

Si parlava di televisione, in particolare dell'ascesa di Murdoch come tycoon multimediale (nel senso proprio del termine). Più in particolare, una parte del servizio sull'ascesa di Fox Corporation era riservato non al "potere della televisione" (che non esiste) ma al puntuale potere di specifiche tecniche psicologiche di persuasione, quella che in parole povere si chiama "propaganda" ovvero quella strategia che con l'uso di particolari parole, particolari immagini, particolari temi e particolari modi di porgerli è in grado, anche senza l'uso della televisione, di influenzare l'opinione e quindi forse la reazione del pubblico. Nessuna novità, quindi, per chi è appena smaliziato nello studio oppure nella storia: ai tempi del fascismo, pur senza televisione, la propaganda funzionava lo stesso, con le stesse tecniche e con gli stessi risultati.

Quello che stupisce è che al ritorno in studio il ministro abbia commesso un paio di errori dal mio punto di vista imperdonabili (per il ministro della comunicazione): ha confuso il potere della "propaganda" con "la televisione" in senso generico, e già questo comporta il "si presenti al prossimo appello" ma ha pure sostenuto che in Italia il TG di R4 è fatto nello stesso modo! E se non è ottusità questa...

Ricevitore DVB-T con HDMI ma senza mhp (è MHEG5)

Si sente la mancanza, non tanto per particolari innovazioni nell'uso ma perchè è deprimente avere un TV LCD con risoluzione a 720 linee e poi collegarci una sorgente in videocomposito, di un ricevitore digitale terrestre con uscita video digitale (HDMI o DVI) ed un circuito che "amplifichi" le circa 500 linee standard della televisione PAL (i cui "numeri" sono ancora rispettati pur nel dominio digitale...) portandole almeno a 720. In questo modo l'immagine potrebbe essere molto migliore di quella attualmente visibile su uno schermo piatto, sempre a patto che il circuito di "upscaling" interno al ricevitore sia di qualità decorosa.
E' sul mercato, a prezzi stracciati, da qualche giorno il Goodman GDB15HD ma si tratta di un prodotto spiccatamente destinato al mercato inglese, infatti non incorpora il gestore "mhp" ma il meno noto, e meno performante, MHEG5 tipico dell'Inghilterra e della sua "piattaforma Freeview".
Sostanzialmente, quindi, non siamo interessati direttamente a questo prodotto ma al concetto che c'è dietro: un ricevitore interattivo mhp, con upscaling e uscita digitale. Se poi avesse anche una presa ethernet, un firmware upgradabile e un decompressore AVC o MPEG4 saremmo veramente soddisfatti...

Folena recensisce il ddl Gentiloni: un disastro.

Al link http://www.aprileonline.info/3081/laffare-endemol-e-come-la-gea è stata pubblicata la relazione del Presidente della Commissione Cultura Pietro Folena, presentatore del ddl Gentiloni. Ebbene è impossibile rimanere calmi leggendo queste righe. Ho risposto direttamente su quel sito circa le incredibili inesattezze affermate dall'On. Folena, che sono indicatrici di un distacco completo dal settore (tecnico) della trasmissione (dati digitali). Riporto qui sotto il mio commento:


16 maggio 2007, 21:00
Quanta confusione! Dal centrosinistra in cui mi trovo non posso non sottolineare la scarsa comprensione dei problemi e la susseguente scarsa efficacia nel risolverli. Il ddl Gentiloni è molto carente laddove doveva e poteva non esserlo, per esempio sulla tecnologia di trasmissione DVB-H delegata ai provider di telefonia, e assolutamente fuori tempo quando si preoccupa dello “spazio”. Non c‘è nessun problema di spazio nell’etere in epoca digitale. Non possiamo prendere oggi dei provvedimenti per il futuro basandoci sul passato, in particolare per risarcire Europa7. Penso che Europa 7 gradisca maggiormente un risarcimento in moneta sonante, e che si lasci in pace un intero settore industriale!

16 maggio 2007, 21:17
Scusate… ho un’aggiunta
PS: Aiuto! Ma come si fa a dichiarare che SKY: 1) “possiede” la tecnologia per trasmettere via satellite2) trasmette i canali RAI3) è obbligata a trasmettere il segnale di tutti quelli che ne fanno richiesta!
La RAI non ha alcun bisogno di SKY per trasmettere il suo segnale (ovviamente!) e SKY non “possiede” in esclusiva nessuna tecnologia di trasmissione, e ci mancherebbe altro! E poi, se fosse vero quanto detto dal Presidente della Commissione Cultura domani, mattina tutte le tv private italiane, anche le telestreet fuorilegge, sarebbero in fila per far richiesta a SKY di un trasponder satellitare (gratuito).
Si sono affermate delle castronerie assolute, e la diffusa ignoranza, anche semplicemente pratica della realtà, si vede tutta negli articoli della legge e nella presentazione fatta.Perchè si gestisce così male il potere dato dagli elettori? Ma un centrosinistra moderno e preparato è possibile o no?


Il mio commento più approfondito al ddl Gentiloni è rintracciabile qui: http://www.federicorocchi.it/DVBT/pdf/criticaddlgentiloni_FRocchi.pdf

L'UE è (purtroppo) ferma alla "gasparri"

Jonathan Todd, portavoce dell'Antitrust europeo, ha smentito che Bruxelles abbia dato parere positivo all'approvanda legge "Gentiloni", anche in forma confidenziale. Correttamente, e prudenzialmente conoscendo gli italiani, l'approvazione avrà luogo dopo che il provvedimento sarà stato non solo messo nero su bianco definitivamente ma anche debitamente spedito alla Commissione.
La Commissione ancora è concentrata sulla legge Gasparri, con fatica superflua secondo me...

La pazienza di DGTVi

Da sottolineare positivamente la pazienza dell'associazione DGTVi, l’Associazione dei broadcaster televisivi in digitale terrestre. Si tratta dell'applicazione dell'ennesimo "bollino di qualità" sugli apparecchi coinvolti nel mercato DT: sarà applicato sui televisori dotati di sintonizzatore mhp interno e sui sintonizzatori esterni sempre mhp.
La pazienza deriva dalla resistenza ad anni di attacchi ingiustificati all'intero settore e provvedimenti poco giustificati del "legislatore": finanziare l'acquisto di televisori "con il digitale terrestre" senza specificare che debbano essere "mhp" è l'ultimo dei provvedimenti incomprensibili dell'attuale Ministero delle Comunicazioni...

PS Ovviamente anche senza bollino chiunque è in grado di capire se l'apparecchio che sta comprando è del tipo "mhp" oppure no. Avere a disposizione il sistema "mhp" non serve soltanto a vedere "la tv a pagamento di Berlusconi".

Dieci flussi HD a Roma

Con molta sorpresa, dieci nuovi "flussi" RAI marcati "RAI HD" sono disponibili a Roma sulla frequenza 698 MHz. Per il momento nessun PID audio o video attivo e ovviamente vi farò sapere se qualcosa dovesse cambiare. Probabilmente si tratterà di sperimentazione con compressione MPEG4 e risoluzione "halfHD" ovvero 720 linee invece di 1080. Nonostante la risoluzione non sia "fullHD" mi pare una buona scelta: in effetti il passaggio dalla tradizionale risoluzione PAL (più o meno 500 linee) a 720 linee costanti è nettamente avvertibile, mentre quello da 720 a 1080 linee non molto, quindi mi pare giusto utilizzare questa risoluzione che tra l'altro è la più adatta per la maggioranza dei televisori LCD o plasma attualmente nelle case degli italiani.

L'IPTV non è alternativo al "broadcasting wireless" digitale

Prendendo spunto da un sorprendente fondino ecco l'occasione di parlare di teoria della comunicazione.
Simone Zanardi, a pagina 161 del numero di maggio 2007 di PC Professionale, titola: "DVB-H: un passo avanti (verso gli anni cinquanta). Non si può non essere incuriositi da questo titolo, vuoi per l'ossimoro, vuoi perchè accanto c'è la foto di Zanardi, evidentemente giovane, tanto giovane da non potersi sicuramente ricordare degli anni cinquanta.
In sostanza, si afferma che "la televisione" è "un modello di comunicazione obsoleto", che la qualità audiovisiva digitale è "presunta" e che la vera novità, il futuro sta tutto (tanto per cambiare) nell' "interattività" dell' IPTV "che trova nella trasmissione 'unicast' il vero vantaggio competitivo".

Forse Simone è molto influenzato dalla sua personale esperienza circa la costruzioni di reti locali, ma sta di fatto che la sua visione delle cose è molto lontana dalla realtà, allineata a certi luoghi comuni giovanilisti. Innanzitutto "la televisione" non è un "modello di comunicazione", bensì "tante cose una dentro l'altra": un linguaggio, un mezzo di comunicazione, una professione, un passatempo, un sistema di trasmissione della conoscenza, un sistema di intrattenimento... certamente non un "modello di comunicazione". Anche nel caso in cui lo fosse, comunque, di sicuro non può giudicarsi "obsoleto". Evidentemente, però, Simone si riferisce alla modalità con cui la televisione (un linguaggio specifico, nell'accezione più popolare, immagini in movimento e audio, in senso più materiale) è stata trasmesa e fruita dagli anni cinquanta in poi: la trasmissione è del tipo "broadcast", ovvero un antenna che trasmette e potenzialmente infinite che ricevono, e la trasmissione è senza fili. In pratica la parola giusta è "paradigma" di trasmissione.
Incidentalmente faccio presente che la tecnologia televisiva affonda le sue origini ben prima del '53, anno di effettiva partenza del sistema televisivo italiano, e che la modalità "wireless" non ha mai eliminato la possibilità (messa poi in pratica in varie parti del mondo) di utilizzare anche i cavi: negli Stati Uniti la televisione via cavo è sempre esisita per un semplicissimo motivo, è facile stendere nuovi cavi nel territorio. Nel nostro paese, vuoi perchè (modestamente) siamo i padri delle trasmissioni elettriche senza fili, vuoi per le condizioni orografiche e delle città che rendono molto difficile la costruzione e la manutenzione di una rete di cavi, la tv via cavo non ha mai costituito una vera alternativa alla tv broadcast e senza fili. E non siamo affatto dispiaciuti per questo: dalla possibilità di tirare su un'antenna e trasmettere a milioni di persone, senza nessun' altra infrastruttura da manutenere, deriva quella libertà che ha caratterizzato la nascita e la straordinaria crescita del broadcasting privato italiano.
Mettere sullo stesso piano, e quindi in concorrenza, in alternativa, la trasmissione audiovideo broadcast wireless "TV" e la "messa a disposizione" di bit attraverso protocolli e trasmissioni "punto punto" è un errore concettuale. Non c'è alcun bisogno di passare alla ricezione "IP" e abbandonare quella "TV" e non è vero che il sistema di trasmissione tipico della televisione sia superato: per vedere un evento in diretta, tipicamente fruito da milioni di persone nello stesso momento, è perfetto. Le prestazioni non dipendono dal numero di persone collegate e la qualità garantita è costante per tutta la durata dell'evento.

E poi, come si fa a sostenere che la televisione digitale, sia terrestre che satellitare, si vede male? Dipende soltanto da quanto vogliono farcela vedere bene: con un flusso di cinque mega al secondo l'immagine è perfetta, senza quadrettatura. Peraltro, se proprio si deve pensare che la digitalizzazione (con scarsa banda passante prevista) produca scarsi risultati, a maggio ragione è vero per i flussi che transitano attraverso una rete IP: avete mai visto un filmato in diretta attraverso la rete che sia qualitativamente comparabile all'immagine RAI in diretta digitale?

In questo momento, proprio mentre scrivo, in una finestra del mio monitor mi sto gustando gli "Inter-nazionali di Roma": l'Inter perderà con punteggio di stampo tennistico. Il mio sintonizzatore digitale terrestre da ben 29 euro sta facendo il suo dovere restituendomi tutte le 576 linee del segnale PAL, con una banda passante intorno ai 3.3 Mbps, gratuitamente e senza gravare sulla linea ADSL di casa che nel frattempo uso per fare altre cose, che non potrei fare con nessun altro mezzo, trascurando il fatto che non mi garantirebbe una banda passante di 24 Mbps costanti come un canale digitale terrestre... Per rivedere con comodo e a piacere i gol della partita, invece, l'uso di un sistema di "spostamento" dei dati come una rete IP è l'ideale: ognuno può chiedere il suo frammento di programma quando vuole mentre quando milioni di persone vogliono vedere lo stesso programma nello stesso momento il paradigma "wireless broadcast" è vincente.
C'è poi una osservazione specifica sul sistema DVB-H, ovvero il fatto di essere fruibile attraverso i dispositivi portatili che secondo Simone (ma non solo lui) non si potrebbe vedere un programma TV su uno schermo da 2 pollici. Invece è esattamente il grande vantaggio dello standard DVB-H: essere stato studiato come evoluzione del DVB-T per la fruizione su terminali in movimento. E' ovvio che la portatilità estrema dei terminali comporta una grandezza dello schermo molto ridotta (ma una risoluzione sufficiente) e questo è il "plus" non il "minus": è possibile finalmente vedere un telegiornale in autobus mentre si sta rincasando o, addirittura, si può rivedere il replay del gol mentre si assiste alla partita allo stadio! E gratuitamente, se trasmessa dalle reti generaliste. Ancora un altro pregiudizio senza fondamento.
I due paradigmi per la trasmissione di flussi audiovideo, Broadcast Wireless (DVB-T/S/H) e IPTV, sono complementari non alternativi.

Riposizionamento antenne di trasmissione TV a Roma

Se ne parla da mesi ma ora manca soltanto l'approvazione finale: le antenne di trasmissione della zona di Roma, Monte Mario e Monte Cavo, saranno eliminate e spostate in altra sede, probabilmente sui Monti Prenestini quindi più a nord.
E' evidente che questa novità porterà con se la necessità di riorientare le antenne riceventi di un bacino d'utenza che vale milioni di persone... le quali probabilmente rischiano di non essere ben informate e quindi di ricevere con problemi soprattutto i canali digitali. Ne riparleremo.

Offerta "integrata" IPTV e Digitale Terrestre: ma non era meglio DVB-H?

E' oramai noto che RAI sta lanciando una sperimentazione di "offerta integrata" di programmi sul Digitale Terrestre e su IPTV. Ci permettiamo di esprimere tutta la consueta perplessità su annunci così vaghi che sembrano fatti apposta per soddisfare consulenti, ministeri, insomma per tacitare l'opinione pubblica. Purtroppo l'opinione dominante necessità che sulla cosiddetta "IPTV" ci debba essere molta attenzione (e soldi) spesso dimenticando le cose semplici: a parte una significativa ristrutturazione della produzione, non sarebbe stato meglio approfondire velocemente la preparazione RAI per trasmettere in DVB-H?
Gli italiani vogliono le cose semplici, prima di quelle artificiosamente complesse. Vorrebbero semplicemente la possibilità di vedere e sentire il telegiornale con un dispositivo portatile, gratuitamente e su tutto il territorio nazionale, isole comprese. Non mi pare che ci siano piani precisia proposito, anzi si sono annunciate nuove sperimentazioni di tecnologie concorrenti al DVB-H.
Nel frattempo si distraggono soldi per "studiare" la "fusione" fra DT e IPTV... con società esterne alla RAI, non con qualche università...

Digitale terrestre e satellite con un solo apparecchio



La questione è spesso confusa (tanto per cambiare) da giornalisti poco informati o distratti. Non stiamo parlando dell'oramai superato problema etichettato con "Decoder Unico": quello riguardava la ricezione satellitare e la non rispettata norma da parte di SKY. Vogliamo parlare, invece, della possibilità di avere sinto terrestre e satellite in un unico apparecchio.
Oltre all'ovvio uso di un personal computer, che garantisce una certa flessibilità, esistono gia in commercio apparecchi che integrano in un solo mobile due sintonizzatori: uno dedicato alla ricezione digitale terrestre ed un secondo per quella satellitare. Nonostante in Italia non siano molto popolari, infatti anche il ministro si è posto il problema di doverne "incentivare" la produzione come se non esistessero già, in Germania e ovviamente online se ne possono trovare parecchi.
In Foto: Ricevitore digitale terrestre e satellitare TechniSat Multymedia TS1 con slot CI: ovviamente non potete vederci i canali criptati da SKY, ma tutto il resto si.

Il Contratto di Servizio RAI

Da parte della Commissione Parlamentare per l'Indirizzo Generale e la Vigilanza dei Servizi Radiotelevisivi (http://it.wikipedia.org/wiki/Commissione_di_Vigilanza_RAI) è stato sottoscritto il Contratto di Servizio, che indica gli obiettivi che la RAI si prefigge di raggiungere nei prossimi tre anni. Nonostante l’impegno profuso e le premesse “buoniste”, non credo siano stati individuati obiettivi che se raggiunti potrebbero significativamente cambiare il carattere della più importante azienda culturale italiana.
I punti fondamentali della relazione mi sembrano due, quello relativo al benchmarking qualitativo dell’ascolto e quello relativo all’innovazione tecnologica. Nonostante tutto, seguendo la tradizione gattopardesca del “tutto cambi affinché nulla cambi”, l’influenza “populista” della politica è rimasta al suo posto: l’attenzione alla “qualità” dei programmi è eccessiva e cervellotica, soprattutto in assenza di una significativa attenzione per gli altri ambiti del servizio, si giustifica soltanto in nome di un semplice populismo o moralismo tipico di una parte della sinistra politica e culturale del paese. Anche il piano tecnico, però, soffre di gravi carenze. [leggi tutto]

Relazione dettagliata su ddl GENTILONI

Il disegno di legge Gentiloni nasce ufficialmente per gestire l’ennesimo “periodo di transizione” (dopo quello introdotto con Legge 31 luglio 1997, n. 249 e teoricamente esaurito con il Decreto-legge 24 dicembre 2003, n. 352), dalla sua trasformazione in legge fino al 30 novembre 2012 ovvero la data stabilita per la transizione “definitiva” alle trasmissioni digitali. [leggi tutto]