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Accordo Rai Cinema Google: diamo senso alla banda ultralarga.



Novità marketing da viale Mazzini. Attivo da oggi un accordo che prevede la distribuzione dei contenuti Rai Cinema attraverso la piattaforma Google Play Movie. Rai si propone non soltanto come distributore dei contenuti dei quali detiene già i diritti ma anche come intermediario tra Google e un terzo eventuale produttore/detentore di altri diritti.
Relativamente all'aspetto commerciale bisogna rimarcare l'oramai messo in discussione tradizionale schema di ripartizione dei diritti per territorio. Quelli splittati per "piattaforma" di fatto non hanno più senso, internet non è una piattaforma, così come l'etere. Anche l'accordo Rai Cinema Google Play prevede per il momento la fruibilità dei contenuti Rai soltanto ai residenti in Italia o, per meglio dire, agli IP che risultano collegati sul territorio nazionale. Secondo Gubitosi, e io sono tendenzialmente d'accordo, il futuro dei diritti è legato all'area linguistica.
L'accordo non è esclusivo, poi vedremo che succederà col lancio di Apple TV. I contenuti meno pregiati, come film per la tv e corti, dovrebbero rimanere gratis sul sito di Rai Cinema.
Nonostante quanto affermato nel com stampa non siamo davanti ad un sistema "per vedere i fim su internet". Il "segreto" è Chromecast, il microdispositivo che si collega a qualunque schermo e proiettore, ma anche i tv Philips e Sony potranno direttamente chiamare e visualizzare i contenuti Rai Cinema, potendo interrompere la visione a piacere i passarla al telefono o al tablet uscendo di casa.
Per comprare un film occorre un account Google e una carta di credito o debito, necessaria per attivare le funzioni di Play indipendentemente dalle operazioni di acquisto.
Se avete domande, naturalmente, risponderò come i giornalisti di solito non fanno.

Gli Smartwatch sono una moderna corazzata Potëmkin?

Lo LG Watch R con quadrante avventura. Senza connessione
allo smartphone può mostrare le indicazioni dei sensori interni
ma l'ora non è precisa.
Dopo aver portato in vacanza nel mio Rifugio Solander preferito sulle splendide Dolomiti di Brenta un LG Watch R ho deciso di dirvelo: il concetto di smartwatch declinato come lo conosciamo rischia davvero di essere percepito come una corazzata Potëmkin. La recentissima presentazione (quella definitiva) dell'orologio intelligente Apple Watch, dal fantasioso nome ufficiale, completa sostanzialmente il quadro dell'offerta di mercato e dà l'opportunità di fare il punto della situazione. A partire dalle caratteristiche dichiarate, soprattutto negli asterischi, si può dedurre che anche questo Apple Watch - in vendita dal 24 aprile, non in Italia - non riuscirà a mostrare l'ora esatta senza essere tender del suo smartphone, a sua volta connesso ad una qualche rete. Ed anche in quel caso non lo farà in una frazione di secondo, come siamo abituati con qualunque orologio. Allora perché chiamarli «orologi»?


Orologio, dal vocabolario on line Treccani: «che dice, che annuncia l’ora». Se a questo status imprescindibile aggiungiamo la specificazione «smart» deriverebbe il fatto che il benedetto annuncio dell'ora dovrebbe essere particolarmente intelligente, almeno davvero parlante. Ho provato personalmente i due smartwatch più quotati sul mercato, il Samsung Gear2 e l’LG Watch R, per lungo tempo e in diversi «scenari». In entrambi i casi, con alcune differenze, alla domanda «che ore sono» detta a voce nessuno dei due risponde semplicemente «sono le tre!». Insomma l'intelligenza dove sta? Sciando, o andando in moto, è impossibile usare l’orologio con due mani, è impossibile scuoterlo se non addirittura tirar su la giacca per vedere il display. Plausibile che uno smartwatch non riesca ad essere migliore di un normale orologio da pochi euro nemmeno in questa situazione? Forse si chiama «orologio» perché sta al polso? Anche un bracciale sta al polso. E’ orologio perché mostra «anche» l'ora, senza preoccuparsi di mostrare l'ora giusta? Impossibile. Pure il forno a microonde ha un display con l'ora e, soprattutto, un circuito quarzato interno che la calcola e spesso anche una batteria tampone che mantiene l’ora giusta in assenza di rete. Il forno a microonde, come il vecchio televisore a tubo catodico, è più orologio di uno smartwatch.

Per avere sul cazzutissimo schermo a colori l'informazione “ora esatta” servono due reti, una per tenere aggiornato il telefono e un'altra per passare l'info all'orologio e due o tre secondi, per rimanere poi col pensiero «sarà l'ora giusta?» Tutto questo, dopo aver provato a viverci con il consueto tecnoentusiasmo, è semplicemente inaccettabile, gli smartwatch visti finora non sostituiscono un orologio e per fortuna i polsi sono due, anzi forse basta il moderno orologio da taschino: il telefono cellulare.
Samsung Gear 2 e Gear Fit: mostrano l'ora, stanno al polso, hanno un
sensore cardio ma secondo il marketing il primo è un orologio, il secondo
un bracciale fitness.
Favolosi anni ’80, Swatch marchio di gran moda (dal quale si attende nei prossimi mesi uno smartwatch “che non avrà bisogno di essere ricaricato”) lancia sul mercato un modello con chip RFID in grado di memorizzare un codice, ad esempio quello dello skipass, e quindi di sostituirlo. Negli anni in cui tutti dovevano inchinarsi per infilare la tesserina con banda magnetica nella fessura era molto fico semplicemente avvicinarsi al tornello dell’impianto e sbloccarlo con l’orologio. Oggi il codice potrebbe addirittura essere trasferito via rete, un secondo dopo averlo pagato mentre si sta arrivando alla stazione sciistica. Con il mio moderno Watch R non ho potuto aprire tornelli, pagare alla cassa,rispondere ad una telefonata in seggiovia. Il problema è politico e commerciale, occorrono una serie di accordi, convenzioni, decisioni sulle commissioni e la resistenza a qualunque cambiamento è, soprattutto nel nostro paese, immensa. Gli accordi commerciali e politici, ad esempio quelli per un sistema di pagamento interoperabile, sono necessari per il successo della tecnologia, che deve essere stabile, non può cambiare tutto ogni sei mesi, ed intelligentemente gestita dal marketing: basta con le distinzioni fra orologi con sensori fitness e braccialetti fitness che mostrano l’ora.



Questi smartwatch sono da buttare?

Esistono due risposte, una hardware e una software. Quella software è più semplice: Android Wear è rimasto indietro (il supporto all’accoppiamento con il telefono tramite wi-fi è previsto solo in una nuova versione, #perdire), è complicato, pensato senza utenti ideali in mente. L’ipotetico utente medio che dovrebbe apprezzare un sistema programmato rigidamente per tutti non esiste per definizione, vengono meno tutti i vantaggi della programmabile flessibilità. C'è da giurarci che Apple farà di meglio, arrivando come sempre per ultima ma anche gli altri, dotando i loro ultimi modelli di un sistema operativo diverso da Wear, hanno capito che devono assolutamente migliorare il software di base e, se possibile, fornire direttamente tutte le applicazioni che servono. Credo che la passione per il gadget tecnologico abbia raggiunto un limite di tempo insuperabile: occuparsi anche di spulciare fra le potenzialmente infinite app anche dell’orologio, oltre a smartphone e tablet, è materialmente difficile, soprattutto per chi è disposto a spendere molto per avere un apparecchio “alla moda”.

Migliorare l’hardware,per i modelli già in vendita, è impossibile. A dire il vero negli ultimi tempi sembra sia diventato impossibile migliorare anche il software, i modelli di sei mesi fa spesso sono lasciati alla deriva senza aggiornamenti e, soprattutto, senza ripensamenti a sanare evidenti lacune. Il Samsung Gear2, in confronto con LG Watch R, ha evidenziato quanto sia importante avere un altoparlante incorporato. Con un altoparlante l’orologio può diventare un ottimo vivavoce pronto a funzionare senza dover toccare qualcosa. L’altoparlante manca nell’LG Watch R e parlando all’orologio la risposta non può che venire dall’auricolare BT o dal telefono, un controsenso. Sulla mancanza della telecamera si può soprassedere mettendo sul piatto della bilancia la costruzione metallica e la possibilità di funzionamento “stand alone” come lettore audio collegato in autonomia ad auricolari BT ma è poco.

La vera funzionalità base imprescindibile di ogni smart orologio/bracciale è la vibrazione,asservita alle notifiche. Evidentemente cambia la vita dell’utente, è possibile essere avvertiti e controllare i fatti senza vivere con il telefono in mano. Inutile dire che dovrebbe essere regolabile. Apple ha probabilmente fatto di più. Una caratteristica interessante di Apple Watch, forse l’unica inedita insieme al display sensibile dinamicamente alla pressione come una tastiera musicale, sta nel “colpetto al polso” chiamato "Taptic Engine": "il Taptic Engine crea un’esperienza multisensoriale non invadente, sofisticata e ricca di sfumature. In più ti permette di comunicare in modi totalmente nuovi e più intimi con un’altra persona che indossa un Apple Watch. Puoi attirare la sua attenzione con un lieve tocco, oppure inviare il più personale dei messaggi: il battito del tuo cuore." In una parola: WOW, probabilmente c'è una stretta parentela con il nuovo trackpad dell'ultimo MacBook. Difficile migliorare il resto ma almeno Apple sa che quello che si compra sono i servizi possibili, non l’oggetto in se stesso e quindi ha ovviamente incorporato nel suo orologio un’interfaccia NFC, i sensori che servono di supporto per le attività di tutti i giorni, sportive e non, ed ha studiato cosa farci. La prima cosa che viene in mente è promuovere l’uso del dispositivo “orologio” per i pagamenti: ovviamente è molto meglio del telefono, l’orologio è legato al polso, sarà più difficile perderlo o no? Tutto, però, non nel nostro Paese.

La durata della batteria è ovviamente fondamentale. Il Watch R LG rimane in vita un paio di giorni, il più vecchio Samsung Gear 2 uno solo. Il caricamento della batteria nell’Apple Watch avviene per induzione da una microbase che si aggancia magneticamente: una bobina annegata sulla base di ricarica crea un campo magnetico variabile, che induce un campo elettrico nella bobina incorporata nell’orologio il quale finisce per rabboccare la batteria. Bellissimo. Nel Samsung Gear2 e nell’LG occorre invece collegare elettricamente una speciale basetta all’orologio, nel primo caso con un meccanismo a scatto, nel secondo con un seducente effetto magnetico. La base di ricarica LG è decisamente migliore di quella Samsung Gear2 ma tutte hanno lo stesso svantaggio: bisogna portarsele dietro, insieme ad un secondo caricatore volendo rifocillare entrambi gli apparecchi nello stesso momento (indispensabile vista la loro interdipendenza). Tutto scomodissimo ed è uno stress il pensiero di perdere in viaggio la favolosa basetta di ricarica che, a differenza di un trasformatore 5V standard, non si trova sul banchetto all’angolo. Come se non bastasse il resto, ci ritroveremmo al polso un peso inutile, significativo nel caso LG essendo il corpo completamente metallico.


Se smartwatch deve essere che smartwatch sia.

Sì, tutti gli smartwatch che ho provato mi hanno sostanzialmente deluso. Ora Apple ha puntato (solo apparentemente) sul glamour poi vedremo alla prova dei fatti, gli altri devono velocemente concentrarsi sulla tecnica e fare meglio. I due coreani mi pare siano sulla strada giusta, hanno capito che occorre presentare orologi in grado di fare qualcosa autonomamente. Non è vietato avere in catalogo modelli meno smart a patto che la durata della batteria sia per questi ultimi nettamente superiore. Il rischio di bruciare una tipologia di prodotto esiste. Anche producendo nuovi straordinari modelli che funzionano il pubblico potrebbe pensare di trovarsi di fronte al solito, inutile, costoso gadget. Un dispositivo indossabile per chiamarsi orologio deve innanzitutto mostrare sempre l’ora, quella giusta, indipendentemente dal resto del mondo.
Quindi, per favore, infilateci dentro un chippetto da 10 centesimi e una batteria tampone, come nelle schede madri dei PC compatibili dei primi anni 80 e, se serve, un secondo display a cristalli liquidi! Va da se che per essere considerato intelligente un minimo di sale in cassa bisogna metterglielo, tanto la batteria dura poco lo stesso. Basta dividere le funzioni in due gruppi; quelle “fondamentali” e quelle “accessorie”. Quelle fondamentali devono poter essere svolte dall’orologio in autonomia. Siamo da sempre abituati, infine, ad avere orologi con pulsanti. Se c’è una cosa che non spaventa nessuno sono i pulsanti al bordo del quadrante, soprattutto se tondo. Quindi per favore metteteci dei pulsanti programmabili, anche cinque, che fanno un qualcosa deciso dall’utente. In questo modo posso programmarmi l’orologio a compiere un’azione senza dover necessariamente guardare il quadrante e toccarlo. Che ore sono? Premo un bottone e l’orologio pronuncia l’ora esatta, anche senza il collegamento ad internet indispensabile (perché?) per il riconoscimento vocale. Per una persona con problemi di vista sarebbe una svolta, per uno sciatore senza campo 3G/4G significherebbe avere finalmente uno strumento che funziona.


Forse qualcosa di nuovo sta per arrivare e non dalla cina.

Il mercato degli smartwatch non si ferma ai costruttori più noti, i prodotti cinesi sono molti e per poche decine di euro consentono anche di telefonare. Ma come fidarsi di marchi ignoti? Fino a pochi giorni fa soltanto il Samsung Gear S, 3G e batteria da 300 mAh, si presentava come smartwatch evoluto di marchio conosciuto.
All’ultimo MWC 2015,però, anche LG ha presentato due nuovi modelli, LG Watch Urbane ed LG Watch Urbane LTE. Il primo è una nuova versione del Watch R, con le stesse limitazioni quindi lo lasciamo al suo destino. Il secondo invece sembra fatto per superarne (quasi) tutti i limiti. Finalmente un device indossabile che consente di “fare” qualcosa. Ci sono tre bottoni ed è un vero telefono in grado di telefonare. Ha il chip NFC e interfaccia utente circolare a seguire il quadrante (fattore di successo del primo iPod). L’antenna radio cellulare è nel cinturino, che non si può cambiare alla faccia dei minimo 49 dollari necessari per cambiare quello di Apple Watch. Queste dotazioni hardware sono gestite da LG Wearable Platform, un sistema operativo proprietario parente di WebOS che ha trovato applicazione negli ultimi televisori LG, non da Android Wear.



La possibilità di chiamare al telefono fa immaginare la presenza di un altoparlante, non esplicitata nelle caratteristiche dichiarate. Il sensore cardio c’è (fotopletismografia…) come pure il giroscopio/accelerometro/bussola, barometro e batteria da 700 mAh. Rischia di diventare realtà il vecchio sogno di andare in piscina con il solo costume: è certificato IP67 per resistenza a polvere e può essere immerso in un metro d’acqua fino a 30 minuti. Purtroppo i tasti non sono programmabili ma almeno fanno qualcosa di concreto. Premendo quello in basso può scattare una chiamata di emergenza che speriamo sia possibile anche in modalità PTT (push to talk) quindi direttamente via wi-fi ad altri dispositivi sulla stessa rete senza necessità di collegarsi alla rete cellulare. Questa possibilità, fondamentale quando ci si trova in un punto senza rete cellulare (voi in strada e un amico in un locale a dieci metri di distanza in un sottoscala) sarà possibile solo se gli operatori telefonici accetteranno di perdere un po’ di traffico, cosa che francamente ci pare oggi possibile visto il dilagare di tariffe flat. Speriamo sia anche in grado di mostrare l’ora con più diligenza, visto che non riesce a farmi vedere la tv come nei Jetson che quando eravamo piccini ci illustravano il mondo del duemila :)