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Arriva Apple Watch, risponde Android Wear con wifi, app always on e gesture



Finalmente è arrivato il 26 giugno che tutti aspettavano per la curiosità di mettere le mani sul nuovo Apple Watch. Il dispositivo indossabile di Cupertino è certamente interessante, pienamente dentro la tradizione di casa che prima manda avanti i concorrenti e poi piazza sul mercato un prodotto già maturo. Topolino che batte il piede a segnare i secondi, bisogna riconoscere, è irresistibile.

Bisogna però riconoscere che Google, forse spronata proprio dall’ingresso di Apple, ha migliorato molto l'esperienza utente nell'uso dei dispositivi da polso Android rispetto a pochi mesi fa. Non fui tenero nei confronti dell’ambiente Android Wear. In questo articolo ne elencai, appena nel marzo scorso, un’insopportabile serie di mancanze, alcune davvero inspiegabili. Ora, invece, la situazione è diversa, come presentato da Google stessa qui e come ho potuto sperimentare direttamente installando uno dopo l’altro gli aggiornamenti di Android Wear, l’applicazione base da tenere sul telefono, ed usando tutti i giorni un LG Watch R.

Proprio il Watch R è stato al centro di polemiche da parte dei clienti LG per il supporto alla connettività wi-fi, una delle nuove caratteristiche introdotte da Android Wear 5.1.1W Lollipop del 15 maggio 2015 e messe a punto nella release 1.1.1.2016316 del 22 giugno. In un primo momento sembrava che il non proprio vecchissimo indossabile di LG non avrebbe avuto la possibilità di sfruttare questa fondamentale nuova caratteristica, poi tutto è rientrato: l’hardware wi-fi dovrebbe esserci e il supporto pure entro la fine dell’anno. Utilizzare la connettività wi-fi per agganciare l’orologio al mondo, e avere anche l’ora aggiornata sul display, è ovviamente molto importante, supera con un balzo molte delle imbarazzanti difficoltà che si riscontrano ancora nell’uso pratico di sistemi non aggiornati: se il telefono si scarica o si dimentica l’orologio diviene sostanzialmente inutilizzabile.

Le novità Wear che anche il Watch R può invece utilizzare da subito sono le app always-on e le non facilissime nuove gesture per controllare lo scroll tramite movimento del polso. 
Con le app “sempre accese” si possono finalmente visualizzare informazioni costantemente ed in tempo reale, senza dover toccare l’orologio. E’ comodissimo avendo le mani occupate dai bagagli, affannandosi verso il gate dell’aeroporto con una delle app delle linee aeree come American, Delta e KLM (che possono anche mostrare sullo schermo i dati di imbarco per superare il cheek in) o fra gli scaffali di un supermercato con Keep o correndo con Runtastic o MapMyRun.
Anche le “gesture” sono interessanti, è ora possibile ruotare il polso per scrollare verso l’alto e verso il basso. Sembra intuitivo ma per distinguere i due movimenti occorre ruotarlo due volte in sequenza con differente velocità. Non è facilissimo da ricordare ma evidentemente non si può fare di meglio almeno fino al controllo completamente mentale dello schermo.

Regole cookie: pienamente operativo il provvedimento del maggio 2014.

Dopo un anno di rodaggio entra nella fase operativa il provvedimento del Garante per la Protezione dei Dati Personali n. 229 del 8 maggio 2014 che mira alla “Individuazione delle modalità semplificate per l'informativa e l'acquisizione del consenso per l'uso dei cookie”. Nel corso dell'ultimo anno ci siamo abituati all'apertura di una finestra per ogni pagina visitata che ci informa dell'uso dei cookie. Da oggi 2 giugno 2015 la presenza dell'informativa, semplice o dettagliata, diventa obbligatoria per chi fornisce i cookie, cioè i gestori dei siti ed eventuali terze parti come i fornitori di pubblicità con pesanti sanzioni per i trasgressori, previste sia dal Codice Privacy dei primi anni 2000 sia dal più recente Provvedimento. Sul piano tecnico occorre evidenziare che già il provvedimento dello scorso anno ha introdotto significative distinzioni fra cookie possibili e relativi obblighi informativi semplici o dettagliati collegati.


Gli obblighi di informazione
Sono previsti due tipi di informativa: quella semplice o breve, il banner che scompare solo con atto volontario dell'utente, e quella dettagliata ovvero un documento più generale riguardante l'uso dei cookie da parte del sito preso nel suo complesso. I “cookie tecnici” (di navigazione, analitici e di funzionalità) non richiedono il consenso dell'utente ma devono essere inseriti nell'informativa dettagliata. I “cookie di profilazione”, diretti o di terze parti, richiedono invece il consenso dell'utente tramite la chiara informativa semplice - il banner che vediamo da qualche mese - oltre alla notifica specifica al Garante ai sensi dell'art. 37, comma 1, lett. d, D. Lgs. 196/2003. Nel banner informativo semplice è comunque obbligatoriamente presente un link al documento generale approfondito riguardante l'uso dei cookie, incluse informazioni in merito agli eventuali cookie di terze parti, e deve risultare evidente che chiudendolo e proseguendo nella navigazione si acconsente alla memorizzazione dei cookie nel proprio dispositivo. Curiosità finale, per tenere traccia delle scelte effettuate dall'utente circa l'uso dei cookie, e quindi evitare di porre la stessa domanda ad ogni apertura di pagina dello stesso sito, si può usare un cookie, tecnico stavolta.

Per sapere cosa sono i cookie 
http://federicorocchi.blogspot.com/2015/06/cookie-cosa-sono-bisogna-averne-paura.html
oppure si può visitare direttamente la relativa pagina sul sito del Garante Privacy http://www.garanteprivacy.it/web/guest/home/docweb/-/docweb-display/docweb/3585077

Per aiutare le aziende: il kit di implementazione delle “Cookie Law”
Per aiutare le aziende italiane ad adeguarsi alle regole, anche quelle che ancora latitano nell'uso delle opportunità commerciali offerte dalla telematica e che non si sono messe in tempo nella condizione di essere tranquille circa l'uso dei cookie, le principali associazioni di categoria dell’industria, dell’editoria digitale, della pubblicità digitale e dell'e-commerce come DMA Italia, Fedoweb, IAB Italia, Netcomm, UPA, hanno realizzato un “kit di implementazione delle Cookie Law”, elaborato sulla base delle misure prescritte dal Garante della Privacy e degli approfondimenti svolti nell’ambito di un apposito lavoro costituito dall’Autorità. E' stato presentato a Roma il 5 maggio scorso alla presenza del Garante per la Privacy Antonello Soro, il quale ha nell'occasione dichiarato: “La vera sfida di oggi per l’Autorità di fronte alla complessità e alla rapidità delle innovazioni è quella di rendere concreti i principi di protezione dei dati, effettiva la trasparenza dei trattamenti, agevole l’esercizio dei diritti degli utenti. Si tratta di un obiettivo che comporta la necessità di superare la logica di informative troppo dispersive o formule di acquisizione del consenso complesse, adottando piuttosto soluzioni che siano flessibili e tecnicamente compatibili con le nuove realtà”.
Come è facile capire scorrendo il documento, non bisogna spaventarsi e soprattutto non spaventare i propri utenti. La distinzione fra cookie tecnici e non tecnici è fondamentale, la capacità di scrivere testi informativi in italiano corrente pure, magari evitando quel burocratese che fornisce un alone di ufficialità a cui spesso non sappiamo resistere. Il kit di spiegazione delle norme dedicate alle informative da fornire agli utenti e suggerimento delle azioni da adottare per soddisfare i requisiti richiesti, a cui hanno collaborato anche Anorc, Assirm, Assocom, FCP, Unicom consiste in un file PDF disponibile sui siti delle associazioni stesse (ad es. è scaricabile qui http://www.fedoweb.it/_modules/download/download/GUIDA%20COOKIES.pdf).

Approfondimenti:
Quanto vale l'online advertising e l'e-commerce
http://federicorocchi.blogspot.com/2015/06/i-dati-online-advertising-e-commerce.html

Cookie: cosa sono? Bisogna averne paura?

Cosa sono i cookie
I cookie (letteralmente “biscottini”) sono piccoli file di testo memorizzati nella memoria del nostro dispositivo durante la visita ad una pagina web che ne prevede l'utilizzo a scopo tecnico o commerciale. Non si tratta dunque di informazioni personali che hanno a che fare con la privacy nel senso stretto del termine che vengono prelevate dai nostri dispositivi telematici. Per quanto riguarda l'applicazione dei provvedimenti del Garante si distingue fra cookie “tecnici” e cookie “di profilazione”.
Un cookie tecnico tipico, ad esempio, è quel cookie fornito direttamente dal sito che stiamo visitando, che rimane memorizzato nella nostra memoria con l'elenco delle pagine visitate. Ad una seconda chiamata del sito sarà consultato in automatico con lo scopo evidente di permettere la ripresa della visita dal punto in cui si era interrotta. Questo tipo di cookie non deve destare particolari sospetti, serve infatti solo a personalizzare l'esperienza utente e far funzionare il sito nel suo complesso in un certo modo, non coinvolge aspetti legati a scelte personali, volontarie che potrebbero ricadere anche astrattamente nel concetto di “privacy”. Rientrano in questa categoria anche i cookie legati all'analisi del traffico che vanno a formare analisi aggregate per variabili molto generiche, come la nazione di provenienza ad esempio.
Un cookie di “profilazione”, nome infelice perché vulnerabile alle interpretazioni più apocalittiche, è di solito legato alla fornitura di annunci commerciali, teoricamente tagliati su misura dell'utente del browser in cui il cookie è memorizzato. In questo caso si tratta quindi di un cookie che memorizza scelte volontarie fatte da chi sta usando quel browser in quel momento, ad esempio l'aver cercato uno specifico prodotto o una specifica parola, e non la “personalità” o “dati privati” nel senso proprio del termine di un preciso utente, giacché lo stesso browser (il programma che utilizziamo per visualizzare le pagine web) può essere usato da una seconda o terza persona.
I cookie, poi, possono essere distinti anche per fornitore, il quale può essere il sito stesso oppure una terza parte che ha comunque un rapporto con il gestore del sito. In questo caso si tratta di cookie legati alla fornitura di pubblicità: un sito web affida ad un venditore di pubblicità la gestione dei propri spazi, mostrando gli annunci pertinenti al profilo che risulta dalla consultazione dei cookie già memorizzati nel browser.

Bisogna aver paura dei cookie?
L'uso dei cookie per il controllo dei servizi forniti, spesso gratuitamente, è molto criticata ed identificata con troppa facilità con il nome di “profilazione”, con l'aura di furto di “dati personali” che ricadono immancabilmente sotto il generico cappello della “violazione della privacy”. Ma le cose non stanno esattamente così. A differenza di quanto usualmente si crede, e la semplificazione dei mezzi di informazioni ha la sua responsabilità, non è svolta alcuna attività di profilazione nel senso attivo del termine, soprattutto nell'uso di PC e browser tradizionali usati alla vecchia maniera. Non esiste un database universale dei comportamenti degli utenti di internet in generale, basta riflettere solo un attimo per capire che “il sistema” non è in grado di conoscere l'identità di chi sta usando un qualunque PC, il singolo indirizzo IP condiviso da tutta la famiglia (il numero collegato alla singola utenza internet che viene fornito dal fornitore di connettività) non basta. Anche ipotizzando un insieme di supercomputer in grado di tenere traccia di ogni nostra scelta di navigazione, dalla potenza necessariamente infinita, sarebbe inutile tenere traccia per filo e per segno di tutte le attività di tutti gli utenti senza un progetto preciso, escludendo naturalmente attività illecite o sul filo dell'illegalità internazionale.
Inoltre non bisogna dimenticare che la “strategia cookie” non è particolarmente efficiente nella maggior parte dei casi domestici, in cui c'è di solito a disposizione un PC di famiglia usato senza un account specifico per ogni utente e nella normale navigazione di siti in cui non è richiesto un account utente per l'ingresso. In questo caso l'eventuale controllo speculativo dei comportamenti riguarda in questo caso la somma tutti gli utenti, non uno soltanto. Infine non bisogna dimenticare che qualunque browser moderno consente un ampio controllo di uso e memorizzazione dei cookie, compresa la possibilità di rigettare quelli “di terze parti” e la possibilità di cancellazione automatica, oltre alla cosiddetta modalità “in incognito” che elimina perfino la cronologia (come dovrebbe essere anche ricordato nella informativa dettagliata secondo il dettato del Garante).
La situazione è diversa, invece, nel più moderno scenario dominato dall'uso dei dispositivi personali come gli smartphone, innanzitutto. Lo smartphone, basato per definizione sull'uso di account utente specifici e dotato per natura di una serie di sensori che nei PC non ci sono, usato insieme al web rende possibile molte combinazioni di tracciamento, stavolta in un senso più proprio, fino ad oggi sconosciute. Il singolo dispositivo è strettamente personale quindi il browser è tipicamente utilizzato da una sola persona, è dotato di un numero IMEI univoco che lo identifica, ne può essere rilevata la posizione fisica con approssimazione centimetrica oltre a tutti gli altri parametri che, se elaborati con strategie mirate, potrebbero effettivamente consentire la ricostruzione dello stile di vita stessa dell'utente, anche al di la delle sue scelte consapevoli e volontarie. Questo, però, è uno scenario non ha nulla a che fare con i sostanzialmente innocui cookie di oggi, al massimo responsabili dell'apparizione della pubblicità più o meno connessa con la personalità di consumo di chi ha usato ultimamente il browser.
Non abbiamo da temere nulla per quanto riguarda la nostra “privacy” dunque? L'informazione spesso non aiuta a capire bene, si usano termini generici che finiscono col confondere gli internauti ma possiamo dire certamente no per quanto riguarda il concetto di privacy più generale, non più di quanto ci preoccupiamo semplicemente circolando per strada ed entrando in un negozio: anche in quel caso le nostre scelte “di vita” possono essere osservate e memorizzate, stavolta davvero “in remoto”, da chiunque che può anche essere a conoscenza della nostra identità senza possibilità di mascheramento. Sul piano giuridico, invece, il concetto di privacy è ben più complesso e distingue fra tipi di dati, tra cui quelli “sensibili”, quelli che davvero dovremmo tenere sotto controllo.
La materia è effettivamente molto difficile, lo diventerà ancor di più in futuro quando sarà superata la tecnica dei cookie a favore dell'incrocio massivo, anche da terze parti che non hanno a che vedere direttamente con il commercio, dei dati relativi al singolo utente indipendentemente dal dispositivo, memorizzati in database sparsi nel mondo e quindi soggetti alle singole giurisdizioni. In questo prossimo futuro sarà materialmente possibile riuscire a capire l'identità, non il genere o la fascia di età, di chi sta usando un dispositivo telematico in funzione del suo comportamento. E' uno scenario di per se neutro, non implica necessariamente solo aspetti negativi. Come ogni invenzione del passato dipende dall'uso che se ne farà, come tenuto già in conto oggi anche dal Garante stesso. Esiste consapevolezza che non basteranno linee guida per tenere sotto controllo masse di dati che grazie all'ultralarghezza di banda, da tutti reclamata a gran voce, saranno sempre più facilmente gestibili.


I dati: quanto vale l'online advertising e l'e-commerce

L’online advertising in Italia vale nel 2014 circa 2 miliardi di Euro, con una crescita del 12,7% rispetto all’anno precedente (rielaborazione IAB, Nielsen e Polimi). Come dimostrato da una ricerca McKinsey commissionata da IAB Europe, relativa allo studio del valore economico di tutti i servizi gratuiti della Rete, per ogni euro speso in advertising online dalle aziende gli utenti ricevono l’equivalente di 3 euro in servizi erogati, con un valore del “consumer surplus” generato dall’online advertising in Europa e negli USA di 190 miliardi di euro nel 2015 rispetto al 2010 quando era di circa 100 miliardi, pari a circa l’85% del surplus totale generato dai servizi web.

Anche l'e-commerce, uno dei fenomeni economici più rilevanti a livello mondiale prosegue una crescita annua a doppia cifra dal 2010 ad oggi. Infatti, dopo aver ottenuto un incremento del 16% nel 2014, registrerà per il 2015 un’ulteriore crescita del 15% che porterà il mercato a superare i 15 miliardi di € (previsioni Osservatorio eCommerce B2c Netcomm - Politecnico di Milano). Nel 2014 gli acquirenti online italiani sono oltre 16 milioni, pari a più del 25% della popolazione italiana. Tra questi, 11 milioni effettuano almeno un acquisto online al mese. Le potenzialità dell'e-commerce sono davvero molto incoraggianti: in Europa sta già coinvolgendo direttamente ed indirettamente quasi 2,5 milioni di lavoratori.

I dati: l’indagine sulla percezione degli internauti riguardo ai dati personali

A giudicare dai numeri appare esagerato l'allarme generale che suona su giornali e televisione circa il permanente l'assalto alla privacy ad opera di una non mai identificata “tecnologia”. Una ricerca commissionata da DMA Italia, Fedoweb, IAB Italia, Netcomm, UPA, che rappresentano editori online, siti di e-commerce, operatori online e data driven advertising, investitori pubblicitari, in rappresentanza di circa 1.000 aziende associate e condotta da Doxa Marketing Advice ha messo in risalto come per il 90% del campione la condivisione di informazioni personali faccia sempre più parte della vita moderna e rappresenti anche vantaggi ed opportunità.

Risulta infatti molto diffusa e consistente la consapevolezza che il consenso all’utilizzo di alcuni dati personali (di contatto, socio-demografici, sugli stili di consumo) permette di ricevere proposte commerciali, editoriali, di entertainment vantaggiose economicamente, di migliore qualità e più in linea con i propri interessi: oltre il 90% degli intervistati riconosce tali benefici e quasi il 70% considera un valore ricevere offerte commerciali personalizzate. In merito alle informazioni da tutelare con maggiore attenzione, gli internauti italiani sembrano avere le idee piuttosto chiare, confermando alcuni tratti archetipici della cultura diffusa del nostro Paese. Nell’ordine il denaro (91%), la famiglia (81%) e la salute (80%) sono gli ambiti per cui si pretende la massima riservatezza. il 72% è consapevole del diritto di cancellazione e il 64% del diritto di visione, che chiede però una maggiore semplificazione, con il 33% che non leggono le informative perché troppo lunghe e di difficile decodifica.