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Cookie: cosa sono? Bisogna averne paura?

Cosa sono i cookie
I cookie (letteralmente “biscottini”) sono piccoli file di testo memorizzati nella memoria del nostro dispositivo durante la visita ad una pagina web che ne prevede l'utilizzo a scopo tecnico o commerciale. Non si tratta dunque di informazioni personali che hanno a che fare con la privacy nel senso stretto del termine che vengono prelevate dai nostri dispositivi telematici. Per quanto riguarda l'applicazione dei provvedimenti del Garante si distingue fra cookie “tecnici” e cookie “di profilazione”.
Un cookie tecnico tipico, ad esempio, è quel cookie fornito direttamente dal sito che stiamo visitando, che rimane memorizzato nella nostra memoria con l'elenco delle pagine visitate. Ad una seconda chiamata del sito sarà consultato in automatico con lo scopo evidente di permettere la ripresa della visita dal punto in cui si era interrotta. Questo tipo di cookie non deve destare particolari sospetti, serve infatti solo a personalizzare l'esperienza utente e far funzionare il sito nel suo complesso in un certo modo, non coinvolge aspetti legati a scelte personali, volontarie che potrebbero ricadere anche astrattamente nel concetto di “privacy”. Rientrano in questa categoria anche i cookie legati all'analisi del traffico che vanno a formare analisi aggregate per variabili molto generiche, come la nazione di provenienza ad esempio.
Un cookie di “profilazione”, nome infelice perché vulnerabile alle interpretazioni più apocalittiche, è di solito legato alla fornitura di annunci commerciali, teoricamente tagliati su misura dell'utente del browser in cui il cookie è memorizzato. In questo caso si tratta quindi di un cookie che memorizza scelte volontarie fatte da chi sta usando quel browser in quel momento, ad esempio l'aver cercato uno specifico prodotto o una specifica parola, e non la “personalità” o “dati privati” nel senso proprio del termine di un preciso utente, giacché lo stesso browser (il programma che utilizziamo per visualizzare le pagine web) può essere usato da una seconda o terza persona.
I cookie, poi, possono essere distinti anche per fornitore, il quale può essere il sito stesso oppure una terza parte che ha comunque un rapporto con il gestore del sito. In questo caso si tratta di cookie legati alla fornitura di pubblicità: un sito web affida ad un venditore di pubblicità la gestione dei propri spazi, mostrando gli annunci pertinenti al profilo che risulta dalla consultazione dei cookie già memorizzati nel browser.

Bisogna aver paura dei cookie?
L'uso dei cookie per il controllo dei servizi forniti, spesso gratuitamente, è molto criticata ed identificata con troppa facilità con il nome di “profilazione”, con l'aura di furto di “dati personali” che ricadono immancabilmente sotto il generico cappello della “violazione della privacy”. Ma le cose non stanno esattamente così. A differenza di quanto usualmente si crede, e la semplificazione dei mezzi di informazioni ha la sua responsabilità, non è svolta alcuna attività di profilazione nel senso attivo del termine, soprattutto nell'uso di PC e browser tradizionali usati alla vecchia maniera. Non esiste un database universale dei comportamenti degli utenti di internet in generale, basta riflettere solo un attimo per capire che “il sistema” non è in grado di conoscere l'identità di chi sta usando un qualunque PC, il singolo indirizzo IP condiviso da tutta la famiglia (il numero collegato alla singola utenza internet che viene fornito dal fornitore di connettività) non basta. Anche ipotizzando un insieme di supercomputer in grado di tenere traccia di ogni nostra scelta di navigazione, dalla potenza necessariamente infinita, sarebbe inutile tenere traccia per filo e per segno di tutte le attività di tutti gli utenti senza un progetto preciso, escludendo naturalmente attività illecite o sul filo dell'illegalità internazionale.
Inoltre non bisogna dimenticare che la “strategia cookie” non è particolarmente efficiente nella maggior parte dei casi domestici, in cui c'è di solito a disposizione un PC di famiglia usato senza un account specifico per ogni utente e nella normale navigazione di siti in cui non è richiesto un account utente per l'ingresso. In questo caso l'eventuale controllo speculativo dei comportamenti riguarda in questo caso la somma tutti gli utenti, non uno soltanto. Infine non bisogna dimenticare che qualunque browser moderno consente un ampio controllo di uso e memorizzazione dei cookie, compresa la possibilità di rigettare quelli “di terze parti” e la possibilità di cancellazione automatica, oltre alla cosiddetta modalità “in incognito” che elimina perfino la cronologia (come dovrebbe essere anche ricordato nella informativa dettagliata secondo il dettato del Garante).
La situazione è diversa, invece, nel più moderno scenario dominato dall'uso dei dispositivi personali come gli smartphone, innanzitutto. Lo smartphone, basato per definizione sull'uso di account utente specifici e dotato per natura di una serie di sensori che nei PC non ci sono, usato insieme al web rende possibile molte combinazioni di tracciamento, stavolta in un senso più proprio, fino ad oggi sconosciute. Il singolo dispositivo è strettamente personale quindi il browser è tipicamente utilizzato da una sola persona, è dotato di un numero IMEI univoco che lo identifica, ne può essere rilevata la posizione fisica con approssimazione centimetrica oltre a tutti gli altri parametri che, se elaborati con strategie mirate, potrebbero effettivamente consentire la ricostruzione dello stile di vita stessa dell'utente, anche al di la delle sue scelte consapevoli e volontarie. Questo, però, è uno scenario non ha nulla a che fare con i sostanzialmente innocui cookie di oggi, al massimo responsabili dell'apparizione della pubblicità più o meno connessa con la personalità di consumo di chi ha usato ultimamente il browser.
Non abbiamo da temere nulla per quanto riguarda la nostra “privacy” dunque? L'informazione spesso non aiuta a capire bene, si usano termini generici che finiscono col confondere gli internauti ma possiamo dire certamente no per quanto riguarda il concetto di privacy più generale, non più di quanto ci preoccupiamo semplicemente circolando per strada ed entrando in un negozio: anche in quel caso le nostre scelte “di vita” possono essere osservate e memorizzate, stavolta davvero “in remoto”, da chiunque che può anche essere a conoscenza della nostra identità senza possibilità di mascheramento. Sul piano giuridico, invece, il concetto di privacy è ben più complesso e distingue fra tipi di dati, tra cui quelli “sensibili”, quelli che davvero dovremmo tenere sotto controllo.
La materia è effettivamente molto difficile, lo diventerà ancor di più in futuro quando sarà superata la tecnica dei cookie a favore dell'incrocio massivo, anche da terze parti che non hanno a che vedere direttamente con il commercio, dei dati relativi al singolo utente indipendentemente dal dispositivo, memorizzati in database sparsi nel mondo e quindi soggetti alle singole giurisdizioni. In questo prossimo futuro sarà materialmente possibile riuscire a capire l'identità, non il genere o la fascia di età, di chi sta usando un dispositivo telematico in funzione del suo comportamento. E' uno scenario di per se neutro, non implica necessariamente solo aspetti negativi. Come ogni invenzione del passato dipende dall'uso che se ne farà, come tenuto già in conto oggi anche dal Garante stesso. Esiste consapevolezza che non basteranno linee guida per tenere sotto controllo masse di dati che grazie all'ultralarghezza di banda, da tutti reclamata a gran voce, saranno sempre più facilmente gestibili.


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