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Il problema metodologico nell'osservazione del fenomeno televisione

Nei giorni scorsi ho letto almeno un paio di notizie che fanno riferimento ad un cosiddetto "comparto digitale" ovvero accorpano "la televisione digitale" in un unico elemento, fornendo dati e comparazioni con "altre televisioni".

SAT-ZONE (Key4Biz ) ha pubblicato una previsione formulata dal Centro Studi AssoComunicazione, l’associazione che riunisce 166 imprese della comunicazione operanti in Italia: "il mercato della comunicazione supererà i 20 miliardi di euro con una crescita del 4,1% caratterizzata dalla progressione sostenuta del comparto digitale (+ 41% a fine 2007), da un rallentamento della tv via etere (+ 0,7%) e dalla buona crescita di eventi e sponsorizzazioni (+ 12,9%)".
Francesco Siliato, invece, ha scritto per "Il Sole 24 Ore" (ma io ho potuto leggere l'articolo qui http://www.digital-sat.it/new.php?id=9807) un interessante pezzo molto dettagliato in cui si mettono a paragone gli ascolti (materia sempre spinosa pur nella sua inafferrabilità) confrontando "televisione generalista" e " televisione digitale".
La chiave è questa: "Le reti generaliste sono in una crisi di ascolti prodotta dalla loro stessa mancanza di generosità verso i pubblici, e dall'assenza di visioni strategiche. La Rai forse perché bloccata da battaglie politiche e dal Tar del Lazio; Mediaset dalla difficoltà di scegliere tra televisione a pagamento o gratuita per la piattaforma digitale terrestre". Per poi proseguire con:"In tutti i Paesi in cui è arrivata la televisione digitale l'ascolto delle generaliste è diminuito, come diminuì negli anni 80 negli Usa all'affermarsi delle reti televisive via cavo. Le reti generaliste, maggio 2007 su maggio 2006, hanno perso il 24% del loro seguito (reach%), sullo stesso mese del 2005 la perdita è del 3 per cento. In Gran Bretagna Bbc e Itv hanno trovato il modo di rifarsi dell'inevitabile calo delle loro ammiraglie, hanno realizzato canali gratuiti per le piattaforme digitali e gli ascolti del gruppo crescono più di quanto scendano quelli delle loro reti generaliste."
Gianluca Vacchio sul Velino (http://www.ilvelino.it/articolo.php?Id=369797) ha saccheggiato evidentemente lo stesso sacco: "Il panorama televisivo è in piena evoluzione, la tv generalista perde share, procede (con calma) il digitale terrestre, il satellite si consolida ma non sfonda, e in molti – soprattutto tra i più giovani – hanno sostituito il piccolo schermo con Internet."

Sarà evidente, a questo punto, una difficoltà nel capire bene il tema delle osservazioni e soprattutto il metodo che porta ad affermazioni perlomeno discutibili. Innanzitutto non sappiamo cosa sia il "comparto digitale", citato dalla prima notizia, soprattutto se messo in correlazione con la "tv via etere": non è digitale anch'essa? I miei tre lettori mi diranno "ma dai! si capisce... il "comparto digitale è internet"... Ehm, si, potrebbe essere così ma, cari tre lettori, nel momento in cui si fruisce dell'ultimo tg RAI vedendolo in streaming dal sito www.rai.it (il motivo per il quale hanno voluto lanciare www.rai.tv mi sfugge...) si sta usufruendo del "comparto digitale" o di quello "via etere"?
D'altronde la grande esperienza di Siliato non impedisce che nel lettore sorgano dei dubbi. Ad esempio la definizione di "televisione generalista" così come ci è stata consegnata dagli anni '90, ovvero quella televisione antitetica rispetto alla tv tematica, è oramai superata dalla storia, e lo stesso può dirsi della contrapposizione fra "televisione generalista" e "televisione digitale" poichè, per fortuna, "digitale" non vuol dire "canali tematici" per antonomasia. Inutile, a questo punto, sottolineare che aggiungendo numeri a considerazioni poco chiare, poco fondate nella realtà del mercato, la cosa si complica e non succede nulla soltanto perchè di solito queste considerazioni passano come acqua sotto il ponte.
Mediaset non ha nessuna difficoltà a scegliere fra digitale terrestre a pagamento e digitale terrestre gratis perchè le due occorrenze non si escludono (tecnicamente) a vicenda. Possiamo dire che il disegno di legge Gentiloni renderà praticamente impossibile trasmettere un programma a pagamento, questo si, e quindi Mediaset ha ben poca scelta: o inizia a trasmettere a pagamento via satellite, e non può praticamente farlo perchè il parco ricevitori "non SKY" è molto limitato, oppure può dedicarsi ad altro... che è appunto quello che hanno deciso di fare. La RAI ha deciso di non vendere "al minuto" televisione per diversi motivi, proviamo ad ipotizzarli: innanzitutto per non dispiacere nessun altro operatore, poi perchè di fatto vende a tutti gli italiani con un contributo "flat" annuale, infine perchè preferisce vendere "wholesale" a SKY quattro o cinque palinsesti belli e pronti, per 40 milioni di euro l'anno. Il tutto senza complicarsi la vita con un sistema di gestione di carte prepagate e numeri verdi. Mica male...

Come vedete, quindi, esiste un problema metodologico nella comprensione e nella spiegazione del mercato televisivo. innanzitutto servono delle conoscenze tecniche ed una curiosità/praticità che molti non hanno. Spesso si ha l'impressione che manchi una esperienza pratica anche nella manipolazione dei dati. Sul piano più strettamente teorico è necessario oggi più che mai saper "saltare" da un concetto all'altro, fondere insieme elementi in precedenza separati, mettere in discussione il "sentito dire" ed il "detto" e ben sappiamo che molti esperti vanno oramai da (troppi) anni raccontando più o meno la stessa storia, gli stessi che quindici anni fa prevedevano la fine della TV generalista (cioè quella a palinsesto vario e fissato) oggi fanno convegni o scrivono libri (e non mi rifersico a Gianluca Vacchio...) sostenendo che "la TV (in toto) è morta, il futuro è internet".
Ma di questo, parleremo la prossima volta.

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