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Frequenze Gentiloni: la rete SFN non è la panacea di tutti i mali


Ho appena letto il seguente articolo, http://www.corriere.it/Primo_Piano/Economia/2007/06_Giugno/25/tv.shtml , pubblicato dal Corriere e rilanciato anche dalla mia sezione notizie che trovate in basso a destra. Si parla del problema "Piano delle Freequenze" e della "rivolta" delle televisioni locali che non sono disposte a rimettere sul tavolino le loro "singole" frequenze di trasmissione. Si fa riferimento ad una serie di considerazioni riportate da Antonio Sassano, consulente del ministro Gentiloni e neodirettore della Fondazione Ugo Bordoni, il braccio tecnico del ministero... Per chi non lo sapesse, il Prof Sassano è la persona che segue da dieci anni a questa parte tutti gli studi e i provvedimenti relativi alle reti di trasmissione nel nostro paese e per questo non può chiamarsi fuori dalla situazione che il ministero sta presentando come disastrosa: l'ennesimo censimento per l'ennesimo piano hanno sicuramente contribuito alle casse di qualcuno ma non accresciuto la nostra conoscenza e soprattutto non hanno fatto la parte "attiva" del lavoro: un piano "digitale" era gia stato preparato ed è fallito, non si intuisce come mai questo ancora da scrivere da parte dell'Autorità di Calbrò dovrebbe avere più successo. Se non bastassero i motivi economici, ci sono anche delle ragioni tecniche.

Velocemente i temi in questione sono questi:
  • Rai e Mediaset non vogliono perdere frequenze: oltre al fatto che gliene servirebbero altre hanno negli ultimi decenni messo in piedi una rete che non vogliono smantellare a favore della fantomatica concorrenza.

  • Le tv locali che non rimettono in gioco la loro frequenza si trovano a disporre di cinque o sei "canaliTV" invece di uno e non sanno bene cosa fare della capacità eccedente (se non cederne il 40% non si sa bene a chi e con quali strutture commerciali).

  • RAI propone un "gestore unico della rete di trasmissione": grande idea semplificatrice, un po pericolosa per la concorrenza, ma consentirebbe il riallineamento istantaneo di tutti oltre che risolvere un problema ai privati che non sanno come gestire gli impianti economicamente. Certo si tratterebbe di costruire una nuova società oppure conferire gli impianti di tutti a RAIway oppure a Elettronica Industriale... insomma, più facile a dirsi che a farsi. Però intrigante, diventerebbe operativa, finalmente, la separazione fra fornitori di connettività e fornitori di contenuti.
Per risolvere tutti i problemi la grande idea del ministero si chiama "rete SFN" ovvero "Single Frequency Network", ovvero "rete con una sola frequenza di trasmissione" o più brevemente "rete isofrequenziale". Ricalcando uno slogan anni '60, "una testa, un voto", la parola d'ordine diventa "un network, una frequenza". Ci sono però degli elementi che vengono sottaciuti dal braccio tecnico del ministero e ignorati, probabilmente, dai giornalisti.
Secondo Sassano la rete SFN "è la migliore per il nostro paese, anche per rispettare i patti del trattato di Ginevra". In pratica per evitare i problemi di interferenza al confine nord del paese. Ma non è vero, come affermato nell'articolo riportando le parole di Sassano, che "la Tv digitale richiede il passaggio dal sistema attuale multifrequenziale a quello monofrequenziale". Infatti tutti possiamo constatare che la TV digitale è in funzione in questo momento con una tipologia di rete "Multi frequenza", addirittura in condivisione con la trasmissione analogica quindi, magari con dispiacere di qualcuno, non esiste nessuna necessità di cambiamento. Fattostà che quest'ansia dirigista pervade molti provvedimenti di questo ministero.

La struttura attuale delle reti di trasmissione TV, frutto del fallimento del piano digitale di qualche anno fa, è detta "a macchia di leopardo" proprio perchè è stata lasciata "al mercato" ma non è completamente casuale. Sin dal vecchio mondo analogico, siccome il territorio italiano è molto vario, orograficamente parlando, è stato di norma necessario, per coprire diverse zone con lo stesso programma, trasmettere il segnale analogico su più frequenze, anche per evitare interferenze. Da questa caratteristica fisica del nostro paese, più che da fattori politici o economici o di potere "mediatico" discende la cosiddetta "giungla delle frequenze" ovvero la necessità di avere molte antenne e molti canali per lo stesso programma audiovideo.

Con la tecnologia di trasmissione digitale questo problema è tecnicamente superato: si può trasmettere sulla stessa frequenza lo stesso "flusso di bit" (non più una trasmissione modulata analogicamente quindi) e anche nelle zone di sovrapposizione fisica dei segnali trasmessi da più antenne non si creano interferenze, anzi... il segnale migliora! Da questo punto di vista la tipologia rete SFN è più pulita, più elegante e più pratica delle tipologie "MFN" possibili (ovvero "Multi Frequency Network") che sono ovviamente molte in funzione del numero delle frequenze per ogni multiplex. Anche sul piano pratico l'idea che lo stesso multiplex sia in tutto il paese trasmesso, ad esempio, sul canale "48" della banda UHF ci piace molto... ma ci sono anche pesanti controindicazioni.
La controindicazione più immediata, ma anche quella con maggior impatto sui cittadini, è che volendo ridisegnare a tavolino da zero tutta la mappa di trasmissione italiana, si produce evidentmente la necessità di dover riorientare e riallineare anche tutte le antenne sulle case italiane. Ovviamente non sarà necessario proprio per tutti ma di fatto l'intero "parco ricevente" italiano va perlomeno messo in discussione, molto più di quanto sia gia avvenuto negli ultimi due anni.
Poi c'è la controindicazione economico-legislativa: rimettere tutti i licenziatari di frequenze intorno ad un tavolo e convincerli che non ci rimetteranno, in assenza di uno strumento normativo che tuteli gli interessi di tutti.
Ma c'è, infine, una controindicazione peggiore, quella tecnica che pensavo fosse oramai stata abbondantemente documentata. Chi decide di disegnare da zero una rete di telecomunicazione in cui operano diversi elementi deve tenere conto, contemporaneamente, di tutte le esigenze, quindi il numero delle frequenze per ogni multiplex dipende anche dal tipo di multiplex: non ci sono soltanto i duopolisti nazionali più Telecom Italia ma anche tutte le emittenti regionali e provinciali. Anzi, non ci sono ancora perchè il "Piano" non è stato ancora fatto: è il disegno del piano che deve decidere quante emittenti regionali e quante provinciali possono esserci ed in funzione di questa scelta (politica) esiste la soluzione tecnica "combinatoria" fra schema SFN e MFN migliore.
In altre parole, è la struttura che deve dipendere dall'uso non il contrario, e tutto questo è già stato ampiamente descritto, ad esempio nel documento "Gli scenari operativi per l’avvio e lo sviluppo della televisione digitale" in http://www.agcom.it/provv/libro_b_00/pdf/06_scen.pdf ed anche in "Appendice IV - Scenari di transizione al digitale" in http://www.agcom.it/provv/libro_b_00/pdf/12_app4.pdf , dove si possono trovare affermazioni come queste:
  • le reti SFN possono, rispetto alle reti MFN, trasmettere un minore numero di programmi o lo stesso numero di programmi, ma con qualità obiettivamente più modesta.
  • le reti SFN non sono decomponibili a livello regionale e di area locale mentre le reti k-SFN sono decomponibili a livello regionale e quelle MFN lo sono a livello di area locale.
  • l’impossibilità di decomporre le reti SFN in reti locali rende impossibile l’applicazione della riserva di 1/3 dei programmi all’emittenza locale.
  • Le precedenti osservazioni hanno come immediata implicazione che la struttura del Piano digitale potrà essere definita solo dopo aver definito quante e quali reti debbano essere decomposte e quali debbano essere le proporzioni tra reti nazionali e reti regionali e provinciali.
Come vedete le cose sono più complesse di quanto possa sembrare... quello che non è chiara è la volontà (politica) di assegnare risorse e le strategie in atto per raggiungere il risultato. Per una volta Berlusconi non c'entra.

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