Cerca nel blog

L'IPTV non è alternativo al "broadcasting wireless" digitale

Prendendo spunto da un sorprendente fondino ecco l'occasione di parlare di teoria della comunicazione.
Simone Zanardi, a pagina 161 del numero di maggio 2007 di PC Professionale, titola: "DVB-H: un passo avanti (verso gli anni cinquanta). Non si può non essere incuriositi da questo titolo, vuoi per l'ossimoro, vuoi perchè accanto c'è la foto di Zanardi, evidentemente giovane, tanto giovane da non potersi sicuramente ricordare degli anni cinquanta.
In sostanza, si afferma che "la televisione" è "un modello di comunicazione obsoleto", che la qualità audiovisiva digitale è "presunta" e che la vera novità, il futuro sta tutto (tanto per cambiare) nell' "interattività" dell' IPTV "che trova nella trasmissione 'unicast' il vero vantaggio competitivo".

Forse Simone è molto influenzato dalla sua personale esperienza circa la costruzioni di reti locali, ma sta di fatto che la sua visione delle cose è molto lontana dalla realtà, allineata a certi luoghi comuni giovanilisti. Innanzitutto "la televisione" non è un "modello di comunicazione", bensì "tante cose una dentro l'altra": un linguaggio, un mezzo di comunicazione, una professione, un passatempo, un sistema di trasmissione della conoscenza, un sistema di intrattenimento... certamente non un "modello di comunicazione". Anche nel caso in cui lo fosse, comunque, di sicuro non può giudicarsi "obsoleto". Evidentemente, però, Simone si riferisce alla modalità con cui la televisione (un linguaggio specifico, nell'accezione più popolare, immagini in movimento e audio, in senso più materiale) è stata trasmesa e fruita dagli anni cinquanta in poi: la trasmissione è del tipo "broadcast", ovvero un antenna che trasmette e potenzialmente infinite che ricevono, e la trasmissione è senza fili. In pratica la parola giusta è "paradigma" di trasmissione.
Incidentalmente faccio presente che la tecnologia televisiva affonda le sue origini ben prima del '53, anno di effettiva partenza del sistema televisivo italiano, e che la modalità "wireless" non ha mai eliminato la possibilità (messa poi in pratica in varie parti del mondo) di utilizzare anche i cavi: negli Stati Uniti la televisione via cavo è sempre esisita per un semplicissimo motivo, è facile stendere nuovi cavi nel territorio. Nel nostro paese, vuoi perchè (modestamente) siamo i padri delle trasmissioni elettriche senza fili, vuoi per le condizioni orografiche e delle città che rendono molto difficile la costruzione e la manutenzione di una rete di cavi, la tv via cavo non ha mai costituito una vera alternativa alla tv broadcast e senza fili. E non siamo affatto dispiaciuti per questo: dalla possibilità di tirare su un'antenna e trasmettere a milioni di persone, senza nessun' altra infrastruttura da manutenere, deriva quella libertà che ha caratterizzato la nascita e la straordinaria crescita del broadcasting privato italiano.
Mettere sullo stesso piano, e quindi in concorrenza, in alternativa, la trasmissione audiovideo broadcast wireless "TV" e la "messa a disposizione" di bit attraverso protocolli e trasmissioni "punto punto" è un errore concettuale. Non c'è alcun bisogno di passare alla ricezione "IP" e abbandonare quella "TV" e non è vero che il sistema di trasmissione tipico della televisione sia superato: per vedere un evento in diretta, tipicamente fruito da milioni di persone nello stesso momento, è perfetto. Le prestazioni non dipendono dal numero di persone collegate e la qualità garantita è costante per tutta la durata dell'evento.

E poi, come si fa a sostenere che la televisione digitale, sia terrestre che satellitare, si vede male? Dipende soltanto da quanto vogliono farcela vedere bene: con un flusso di cinque mega al secondo l'immagine è perfetta, senza quadrettatura. Peraltro, se proprio si deve pensare che la digitalizzazione (con scarsa banda passante prevista) produca scarsi risultati, a maggio ragione è vero per i flussi che transitano attraverso una rete IP: avete mai visto un filmato in diretta attraverso la rete che sia qualitativamente comparabile all'immagine RAI in diretta digitale?

In questo momento, proprio mentre scrivo, in una finestra del mio monitor mi sto gustando gli "Inter-nazionali di Roma": l'Inter perderà con punteggio di stampo tennistico. Il mio sintonizzatore digitale terrestre da ben 29 euro sta facendo il suo dovere restituendomi tutte le 576 linee del segnale PAL, con una banda passante intorno ai 3.3 Mbps, gratuitamente e senza gravare sulla linea ADSL di casa che nel frattempo uso per fare altre cose, che non potrei fare con nessun altro mezzo, trascurando il fatto che non mi garantirebbe una banda passante di 24 Mbps costanti come un canale digitale terrestre... Per rivedere con comodo e a piacere i gol della partita, invece, l'uso di un sistema di "spostamento" dei dati come una rete IP è l'ideale: ognuno può chiedere il suo frammento di programma quando vuole mentre quando milioni di persone vogliono vedere lo stesso programma nello stesso momento il paradigma "wireless broadcast" è vincente.
C'è poi una osservazione specifica sul sistema DVB-H, ovvero il fatto di essere fruibile attraverso i dispositivi portatili che secondo Simone (ma non solo lui) non si potrebbe vedere un programma TV su uno schermo da 2 pollici. Invece è esattamente il grande vantaggio dello standard DVB-H: essere stato studiato come evoluzione del DVB-T per la fruizione su terminali in movimento. E' ovvio che la portatilità estrema dei terminali comporta una grandezza dello schermo molto ridotta (ma una risoluzione sufficiente) e questo è il "plus" non il "minus": è possibile finalmente vedere un telegiornale in autobus mentre si sta rincasando o, addirittura, si può rivedere il replay del gol mentre si assiste alla partita allo stadio! E gratuitamente, se trasmessa dalle reti generaliste. Ancora un altro pregiudizio senza fondamento.
I due paradigmi per la trasmissione di flussi audiovideo, Broadcast Wireless (DVB-T/S/H) e IPTV, sono complementari non alternativi.

Nessun commento :

Posta un commento