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Il seducente sexappeal inorganico di LG G Flex 2 e LG G4: uno sguardo non tecnico di stupita fatticità.

Non sappiamo quanto in Oriente siano popolari Lukács, Marx o Benjamin ed i concetti di reificazione, carattere feticcio della merce e, soprattutto, "sex-appeal dell’inorganico” ma di certo gli ultimi due smartphone presentati da LG si incastrano molto bene negli scenari della recente antropologia visuale della postmodernità al punto di poterla integrare nei suoi concetti. Fra tante soluzioni di design (cosa diversa dall’ergonomia) si può dire che LG G Flex 2 e LG G4, sono gli unici smartphone davvero sexy sul mercato e sceglierne uno è un messaggio di appartenenza al mondo post-postmoderno.
LG G4: palette di colori per il dorso in pelle

Che gli smartphone tendessero ad essere un po’ tutti uguali ce ne eravamo già accorti. Tutti provano ad offrire qualcosa di inedito ma senza un’idea di fondo. Anche il marketing spesso soffre degli stessi problemi di standardizzazione nella comunicazione, attenzione spasmodica ai “lag” percepiti, alla grandezza schermo, l’immancabile prova della fotocamera, considerazioni opinabili sulla durata della batteria, recensioni su mille blog postadolescenziali. Aspetti tecnologici simili affiancati a modelli di business multinazionali altrettanto simili, molti prodotti che si susseguono a poca distanza di tempo: difficile ottenere risultati diversi perseguendo politiche uguali.

Poi un giorno accade che LG, che (anche per sue scelte) ha sempre l’immagine del “concorrente di qualcun altro”, metta sul mercato a poca distanza di tempo due smartfoni che spezzano questa routine di telefoni senza anima e mi permettono di mettere a fuoco alcuni concetti ai quali pensavo da mesi. Molti hanno commentato il G Flex 2 attraverso uno sguardo standardizzato, considerandolo un esercizio tecnologico con schermo provocatoriamente curvo, con alcuni problemi pratici come un sostenuto surriscaldamento e sostanzialmente come uno dei tanti modelli da inserire nel flusso da promozionare. A mio avviso, invece, a prescindere dal singolo modello in vendita LG sembra aver imboccato una strada interessante oltre le sole caratteristiche tecniche, un segnale che l’offerta nel mondo della tecnologia consumer può cambiare uscendo fuori dai consueti percorsi banalmente tecnologici.
LG Flex 2: il dorso è coperto da una speciale vernice autorigenerante

Il G Flex 2 è curvo e soprattutto flessibile ed è soprattutto è un telefono sexy, il più sexy che abbia mai visto e toccato. La bellezza entra dagli occhi e fluisce attraverso le mani in un cortocircuito seducente. Dopo alcuni minuti diventa difficile lasciare il Flex 2 sul tavolo perché prenderlo con il palmo della mano è estremamente piacevole e quelli che come me giocherellano continuamente coi loro apparecchi sanno di cosa sto parlando. Il lato posteriore a contatto con la mano segue la curvatura di 300 millimetri dello schermo. Di solito è oscurato da insignificanti cover, invece nel Flex 2 è ricoperto con una specialissima finitura auto rigenerante, capace come pelle viva di guarire dai graffi in un tempo inferiore rispetto alla prima versione. Questo può effettivamente essere considerato come un esercizio tecnologico ma è sorprendente e diverso. La combinazione con i colori a disposizione è perfetta, anche se per inspiegabili motivi l’irresistibile rosso non è distribuito ufficialmente in Italia: tra il posteriore del Flex 2 e le labbra rosse di una bella donna c’è una certa contiguità.

LG G4: il dorso in pelle è realizzato a mano
Questa particolare attenzione per il lato B (stavolta senza bisogno di virgolette) poteva anche scivolare nel dimenticatoio involontario generato dalla velocità di presentazione di nuovi modelli ma ecco che, dopo poche settimane, anche il nuovo LG G4 viene presentato con una bellissima parte posteriore stavolta moderatamente curva, arrotondata anche ai bordi pur mantenendo angoli netti e realizzata in vera pelle a suscitare un’idea di un telefono sexy in modo diverso, direi più maschile accettando il rischio di cadere in facili stereotipi. Una nervatura verticale divide lo spazio in due metà e sottolinea la scelta (esclusiva fino a poco tempo fa) di avere tasti e obiettivo esattamente al centro, segna esatta il punto in cui i polpastrelli delle dita finiranno per scorrere la maggior parte del tempo ed il tempo giocherà un ruolo nella trasformazione dell’oggetto. A differenza della femminile plastica autorigenerante di Flex 2, sempre perfetta come un rossetto appena messo, la pelle di G4 cambierà con l’uso incorporando la vita dell’apparecchio, col tempo migliorerà come spesso si dice di alcuni uomini.

Quello che dai primi anni '90 si poteva solo intuire con i nuovi LG si può sentire, sono effettivamente “cose” con una personalità che stabilisce un rapporto fisico con la nostra, un collegamento intimo ed il fatto di essere curvi non è secondario, un telefono viene indossato come parte del puzzle che compone la nostra immagine.

Smartphone, ibrido di fusione

La zona liminale, il confine, il passaggio da un qualcosa all’altro, affascina dai primi del 900. La nuova “merce-feticcio” LG ha un fisico particolare, un carattere ibrido di fusione fra il mondo fisico e quello immateriale. In tasca la sensazione è diversa rispetto a qualunque altro telefono e genera una prima impressione di fusione. All’accensione se ne intravedono altre, uno smartphone non è soltanto quello che si può comprare ma anche tutto ciò che di immateriale che ci infiliamo dentro, dal software ai contenuti personali. Si scalda, risponde con una vibrazione allo sfioramento di una mano, stabilisce con il proprietario un legame biunivoco che tutti abbiamo sperimentato di persona.

La nostra vita fisica è fusa con ciò che scorre attraverso lo schermo dello smartphone, con la nostra proiezione telematica. I suoi sensori, i suoi canali di comunicazione verso il mondo reale sono molti e paralleli, qualcuno ci riguarda, altri no. “Smart Notice” (presente anche sul G3) è una piccola parte di software che fa parte integrante dell’ultima “user experience” studiata da LG che si occupa di parlarci, tentando di capire cosa potrebbe esserci utile sapere in un dato momento. Certamente è un primo passo ma qualunque grande marcia comincia con un piccolo passo, il nostro device ci parla quando decide che è il momento di farlo in base ad una determinata e memorizzata esperienza di vita con noi. La vibrazione o il suono possono dipendere indifferentemente da azioni volontarie dell’utilizzatore, come di un umano a distanza o di una macchina che, da chissà dove, fa scattare una notifica: tutti questi aspetti comunicativi e reattivi sono fusi in un solo corpo che non distingue e non fa distinguere esattamente. In fondo non serve, una notifica è una notifica a prescindere dal fatto che si tratta di un messaggio da parte di un essere umano oppure di una macchina (e il sistema Homechat LG è un mondo che esplorerò più a fondo). I sensi sono estesi e connessi in un nuovo senso condiviso e collettivo.

Esiste una trama che connette.

Tra corpo organico e macchina inorganica il confine è sfumato. Le visionarie “strutture ecologiche” immaginate dal multidisciplinare Gregory Bateson nella California lisergica di Palo Alto sono sempre più riconoscibili nella vita telematica di oggi, che silenziosamente prosegue il paradigma cyberpunk di fine millennio. Le “trame che connettono” gli elementi del mondo sono nate e ancora nascono proprio lì, all’ombra della millenaria sequoia presente anche nello stemma della Stanford University. L’insieme è qualcosa di inedito, la macchina è multi-inorganica, incorpora e si proietta in usi e funzioni prima separati in apparecchi dedicati, con un livello software ancora più astratto non definito istante per istante giacché può cambiare in qualsiasi momento grazie alla connessione perenne.

Prof. Massimo Canevacci

Scrive l’antropologo Massimo Canevacci “secondo il pensiero di Bateson, le tecnologie sviluppano questa trama che connette la mano, il mouse, il braccio, i miei occhi, il cursore e le immagini che stanno nel computer in un modo che è immanente. Tutto questo è una grande trasformazione del corpo-mente, e il digitale sta dentro il corpo-mente.” I "computer-cellulari" che solo oggi vivono con noi stimolano un ulteriore salto in avanti dal pensiero di Canevacci di qualche anno addietro. Siamo esseri postorganici dalla sensorialità modificata e dai confini talmente sovrapposti che la stessa parola “confini” perde di significato: incorporiamo, grazie agli smartphone e al collegamento alla rete, funzioni prima separate, distribuite fra persone diverse, localizzate nello spazio e nel tempo. È una sfida ai dualismi, agli aut-aut, ci domandiamo e domandiamo una risposta ad una macchina sempre pronta, siamo qui ma anche da un’altra parte, guardiamo immagazzinando nella memoria organica e fotografiamo nella memoria inorganica. I due mondi sono in collegamento perenne quindi ne costituiscono uno soltanto, lo spazio di vita multi-ibrido in cui viviamo.

Scegliere uno dei nuovi “telefoni” LG è qualcosa di più di una semplice decisione di acquisto, è una scelta di appartenenza al mondo post-postmoderno.

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