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Partito Democratico maionese: impazzito in pectore

Beh, certi personaggi meriterebbero dei premi di quelli estivi con il presentatore e il parterre di signorazze abbronzate. A noi invece un bel tapiro di platino: come si fa a non essere attapirati dopo aver sentito Giulietti che tramite Radio Radicale che "Il sottosegretario alle comunicazioni Vimercati, a nome del ministro Gentiloni, ha oggi annunciato l'intenzione del governo di favorire nei prossimi mesi il passaggio al digitale attraverso la rottamazione dei vecchi televisori per incentivare l'acquisto dei nuovi''?

Siamo alla follia pura, di stampo schizofrenogeno: prima il ministro ridacchia soddisfatto delle "sanzioni UE" "contro" Berlusconi e gli incentivi al DT, poi lancia nuovi incentivi per l'acquisto di TV con sintonizzatore NON interattivo e poi, tramite Giulietti che non si sa chiaramente perchè ma è sempre "in mezzo", annuncia l'annuncio di nuovi incentivi addirittura per "rottamare" i televisori (perfettamente funzionanti, evidentemente).

E' come se, invece di mettere i pneumatici da neve, si decidesse di sostituire l'intera automobile, tanto paga lo Stato! ...e in fondo un pò di spazzatura elettronica in più che volete che sia?
E pensare che la politica non doveva più occuparsi di televisione!

Frequenze Gentiloni: la rete SFN non è la panacea di tutti i mali


Ho appena letto il seguente articolo, http://www.corriere.it/Primo_Piano/Economia/2007/06_Giugno/25/tv.shtml , pubblicato dal Corriere e rilanciato anche dalla mia sezione notizie che trovate in basso a destra. Si parla del problema "Piano delle Freequenze" e della "rivolta" delle televisioni locali che non sono disposte a rimettere sul tavolino le loro "singole" frequenze di trasmissione. Si fa riferimento ad una serie di considerazioni riportate da Antonio Sassano, consulente del ministro Gentiloni e neodirettore della Fondazione Ugo Bordoni, il braccio tecnico del ministero... Per chi non lo sapesse, il Prof Sassano è la persona che segue da dieci anni a questa parte tutti gli studi e i provvedimenti relativi alle reti di trasmissione nel nostro paese e per questo non può chiamarsi fuori dalla situazione che il ministero sta presentando come disastrosa: l'ennesimo censimento per l'ennesimo piano hanno sicuramente contribuito alle casse di qualcuno ma non accresciuto la nostra conoscenza e soprattutto non hanno fatto la parte "attiva" del lavoro: un piano "digitale" era gia stato preparato ed è fallito, non si intuisce come mai questo ancora da scrivere da parte dell'Autorità di Calbrò dovrebbe avere più successo. Se non bastassero i motivi economici, ci sono anche delle ragioni tecniche.

Velocemente i temi in questione sono questi:
  • Rai e Mediaset non vogliono perdere frequenze: oltre al fatto che gliene servirebbero altre hanno negli ultimi decenni messo in piedi una rete che non vogliono smantellare a favore della fantomatica concorrenza.

  • Le tv locali che non rimettono in gioco la loro frequenza si trovano a disporre di cinque o sei "canaliTV" invece di uno e non sanno bene cosa fare della capacità eccedente (se non cederne il 40% non si sa bene a chi e con quali strutture commerciali).

  • RAI propone un "gestore unico della rete di trasmissione": grande idea semplificatrice, un po pericolosa per la concorrenza, ma consentirebbe il riallineamento istantaneo di tutti oltre che risolvere un problema ai privati che non sanno come gestire gli impianti economicamente. Certo si tratterebbe di costruire una nuova società oppure conferire gli impianti di tutti a RAIway oppure a Elettronica Industriale... insomma, più facile a dirsi che a farsi. Però intrigante, diventerebbe operativa, finalmente, la separazione fra fornitori di connettività e fornitori di contenuti.
Per risolvere tutti i problemi la grande idea del ministero si chiama "rete SFN" ovvero "Single Frequency Network", ovvero "rete con una sola frequenza di trasmissione" o più brevemente "rete isofrequenziale". Ricalcando uno slogan anni '60, "una testa, un voto", la parola d'ordine diventa "un network, una frequenza". Ci sono però degli elementi che vengono sottaciuti dal braccio tecnico del ministero e ignorati, probabilmente, dai giornalisti.
Secondo Sassano la rete SFN "è la migliore per il nostro paese, anche per rispettare i patti del trattato di Ginevra". In pratica per evitare i problemi di interferenza al confine nord del paese. Ma non è vero, come affermato nell'articolo riportando le parole di Sassano, che "la Tv digitale richiede il passaggio dal sistema attuale multifrequenziale a quello monofrequenziale". Infatti tutti possiamo constatare che la TV digitale è in funzione in questo momento con una tipologia di rete "Multi frequenza", addirittura in condivisione con la trasmissione analogica quindi, magari con dispiacere di qualcuno, non esiste nessuna necessità di cambiamento. Fattostà che quest'ansia dirigista pervade molti provvedimenti di questo ministero.

La struttura attuale delle reti di trasmissione TV, frutto del fallimento del piano digitale di qualche anno fa, è detta "a macchia di leopardo" proprio perchè è stata lasciata "al mercato" ma non è completamente casuale. Sin dal vecchio mondo analogico, siccome il territorio italiano è molto vario, orograficamente parlando, è stato di norma necessario, per coprire diverse zone con lo stesso programma, trasmettere il segnale analogico su più frequenze, anche per evitare interferenze. Da questa caratteristica fisica del nostro paese, più che da fattori politici o economici o di potere "mediatico" discende la cosiddetta "giungla delle frequenze" ovvero la necessità di avere molte antenne e molti canali per lo stesso programma audiovideo.

Con la tecnologia di trasmissione digitale questo problema è tecnicamente superato: si può trasmettere sulla stessa frequenza lo stesso "flusso di bit" (non più una trasmissione modulata analogicamente quindi) e anche nelle zone di sovrapposizione fisica dei segnali trasmessi da più antenne non si creano interferenze, anzi... il segnale migliora! Da questo punto di vista la tipologia rete SFN è più pulita, più elegante e più pratica delle tipologie "MFN" possibili (ovvero "Multi Frequency Network") che sono ovviamente molte in funzione del numero delle frequenze per ogni multiplex. Anche sul piano pratico l'idea che lo stesso multiplex sia in tutto il paese trasmesso, ad esempio, sul canale "48" della banda UHF ci piace molto... ma ci sono anche pesanti controindicazioni.
La controindicazione più immediata, ma anche quella con maggior impatto sui cittadini, è che volendo ridisegnare a tavolino da zero tutta la mappa di trasmissione italiana, si produce evidentmente la necessità di dover riorientare e riallineare anche tutte le antenne sulle case italiane. Ovviamente non sarà necessario proprio per tutti ma di fatto l'intero "parco ricevente" italiano va perlomeno messo in discussione, molto più di quanto sia gia avvenuto negli ultimi due anni.
Poi c'è la controindicazione economico-legislativa: rimettere tutti i licenziatari di frequenze intorno ad un tavolo e convincerli che non ci rimetteranno, in assenza di uno strumento normativo che tuteli gli interessi di tutti.
Ma c'è, infine, una controindicazione peggiore, quella tecnica che pensavo fosse oramai stata abbondantemente documentata. Chi decide di disegnare da zero una rete di telecomunicazione in cui operano diversi elementi deve tenere conto, contemporaneamente, di tutte le esigenze, quindi il numero delle frequenze per ogni multiplex dipende anche dal tipo di multiplex: non ci sono soltanto i duopolisti nazionali più Telecom Italia ma anche tutte le emittenti regionali e provinciali. Anzi, non ci sono ancora perchè il "Piano" non è stato ancora fatto: è il disegno del piano che deve decidere quante emittenti regionali e quante provinciali possono esserci ed in funzione di questa scelta (politica) esiste la soluzione tecnica "combinatoria" fra schema SFN e MFN migliore.
In altre parole, è la struttura che deve dipendere dall'uso non il contrario, e tutto questo è già stato ampiamente descritto, ad esempio nel documento "Gli scenari operativi per l’avvio e lo sviluppo della televisione digitale" in http://www.agcom.it/provv/libro_b_00/pdf/06_scen.pdf ed anche in "Appendice IV - Scenari di transizione al digitale" in http://www.agcom.it/provv/libro_b_00/pdf/12_app4.pdf , dove si possono trovare affermazioni come queste:
  • le reti SFN possono, rispetto alle reti MFN, trasmettere un minore numero di programmi o lo stesso numero di programmi, ma con qualità obiettivamente più modesta.
  • le reti SFN non sono decomponibili a livello regionale e di area locale mentre le reti k-SFN sono decomponibili a livello regionale e quelle MFN lo sono a livello di area locale.
  • l’impossibilità di decomporre le reti SFN in reti locali rende impossibile l’applicazione della riserva di 1/3 dei programmi all’emittenza locale.
  • Le precedenti osservazioni hanno come immediata implicazione che la struttura del Piano digitale potrà essere definita solo dopo aver definito quante e quali reti debbano essere decomposte e quali debbano essere le proporzioni tra reti nazionali e reti regionali e provinciali.
Come vedete le cose sono più complesse di quanto possa sembrare... quello che non è chiara è la volontà (politica) di assegnare risorse e le strategie in atto per raggiungere il risultato. Per una volta Berlusconi non c'entra.

Il problema metodologico nell'osservazione del fenomeno televisione

Nei giorni scorsi ho letto almeno un paio di notizie che fanno riferimento ad un cosiddetto "comparto digitale" ovvero accorpano "la televisione digitale" in un unico elemento, fornendo dati e comparazioni con "altre televisioni".

SAT-ZONE (Key4Biz ) ha pubblicato una previsione formulata dal Centro Studi AssoComunicazione, l’associazione che riunisce 166 imprese della comunicazione operanti in Italia: "il mercato della comunicazione supererà i 20 miliardi di euro con una crescita del 4,1% caratterizzata dalla progressione sostenuta del comparto digitale (+ 41% a fine 2007), da un rallentamento della tv via etere (+ 0,7%) e dalla buona crescita di eventi e sponsorizzazioni (+ 12,9%)".
Francesco Siliato, invece, ha scritto per "Il Sole 24 Ore" (ma io ho potuto leggere l'articolo qui http://www.digital-sat.it/new.php?id=9807) un interessante pezzo molto dettagliato in cui si mettono a paragone gli ascolti (materia sempre spinosa pur nella sua inafferrabilità) confrontando "televisione generalista" e " televisione digitale".
La chiave è questa: "Le reti generaliste sono in una crisi di ascolti prodotta dalla loro stessa mancanza di generosità verso i pubblici, e dall'assenza di visioni strategiche. La Rai forse perché bloccata da battaglie politiche e dal Tar del Lazio; Mediaset dalla difficoltà di scegliere tra televisione a pagamento o gratuita per la piattaforma digitale terrestre". Per poi proseguire con:"In tutti i Paesi in cui è arrivata la televisione digitale l'ascolto delle generaliste è diminuito, come diminuì negli anni 80 negli Usa all'affermarsi delle reti televisive via cavo. Le reti generaliste, maggio 2007 su maggio 2006, hanno perso il 24% del loro seguito (reach%), sullo stesso mese del 2005 la perdita è del 3 per cento. In Gran Bretagna Bbc e Itv hanno trovato il modo di rifarsi dell'inevitabile calo delle loro ammiraglie, hanno realizzato canali gratuiti per le piattaforme digitali e gli ascolti del gruppo crescono più di quanto scendano quelli delle loro reti generaliste."
Gianluca Vacchio sul Velino (http://www.ilvelino.it/articolo.php?Id=369797) ha saccheggiato evidentemente lo stesso sacco: "Il panorama televisivo è in piena evoluzione, la tv generalista perde share, procede (con calma) il digitale terrestre, il satellite si consolida ma non sfonda, e in molti – soprattutto tra i più giovani – hanno sostituito il piccolo schermo con Internet."

Sarà evidente, a questo punto, una difficoltà nel capire bene il tema delle osservazioni e soprattutto il metodo che porta ad affermazioni perlomeno discutibili. Innanzitutto non sappiamo cosa sia il "comparto digitale", citato dalla prima notizia, soprattutto se messo in correlazione con la "tv via etere": non è digitale anch'essa? I miei tre lettori mi diranno "ma dai! si capisce... il "comparto digitale è internet"... Ehm, si, potrebbe essere così ma, cari tre lettori, nel momento in cui si fruisce dell'ultimo tg RAI vedendolo in streaming dal sito www.rai.it (il motivo per il quale hanno voluto lanciare www.rai.tv mi sfugge...) si sta usufruendo del "comparto digitale" o di quello "via etere"?
D'altronde la grande esperienza di Siliato non impedisce che nel lettore sorgano dei dubbi. Ad esempio la definizione di "televisione generalista" così come ci è stata consegnata dagli anni '90, ovvero quella televisione antitetica rispetto alla tv tematica, è oramai superata dalla storia, e lo stesso può dirsi della contrapposizione fra "televisione generalista" e "televisione digitale" poichè, per fortuna, "digitale" non vuol dire "canali tematici" per antonomasia. Inutile, a questo punto, sottolineare che aggiungendo numeri a considerazioni poco chiare, poco fondate nella realtà del mercato, la cosa si complica e non succede nulla soltanto perchè di solito queste considerazioni passano come acqua sotto il ponte.
Mediaset non ha nessuna difficoltà a scegliere fra digitale terrestre a pagamento e digitale terrestre gratis perchè le due occorrenze non si escludono (tecnicamente) a vicenda. Possiamo dire che il disegno di legge Gentiloni renderà praticamente impossibile trasmettere un programma a pagamento, questo si, e quindi Mediaset ha ben poca scelta: o inizia a trasmettere a pagamento via satellite, e non può praticamente farlo perchè il parco ricevitori "non SKY" è molto limitato, oppure può dedicarsi ad altro... che è appunto quello che hanno deciso di fare. La RAI ha deciso di non vendere "al minuto" televisione per diversi motivi, proviamo ad ipotizzarli: innanzitutto per non dispiacere nessun altro operatore, poi perchè di fatto vende a tutti gli italiani con un contributo "flat" annuale, infine perchè preferisce vendere "wholesale" a SKY quattro o cinque palinsesti belli e pronti, per 40 milioni di euro l'anno. Il tutto senza complicarsi la vita con un sistema di gestione di carte prepagate e numeri verdi. Mica male...

Come vedete, quindi, esiste un problema metodologico nella comprensione e nella spiegazione del mercato televisivo. innanzitutto servono delle conoscenze tecniche ed una curiosità/praticità che molti non hanno. Spesso si ha l'impressione che manchi una esperienza pratica anche nella manipolazione dei dati. Sul piano più strettamente teorico è necessario oggi più che mai saper "saltare" da un concetto all'altro, fondere insieme elementi in precedenza separati, mettere in discussione il "sentito dire" ed il "detto" e ben sappiamo che molti esperti vanno oramai da (troppi) anni raccontando più o meno la stessa storia, gli stessi che quindici anni fa prevedevano la fine della TV generalista (cioè quella a palinsesto vario e fissato) oggi fanno convegni o scrivono libri (e non mi rifersico a Gianluca Vacchio...) sostenendo che "la TV (in toto) è morta, il futuro è internet".
Ma di questo, parleremo la prossima volta.

Database frequenze e gara per assegnazione capacità trasmissiva digitale


Dopo tanta fatica (si fa per dire) è stato presentato in pompa magna il mitico "database" delle frequenze TV da parte del ministero delle Comunicazioni e AGCOM. A questo indirizzo http://www.comunicazioni.it/it/index.php?IdPag=1189 è possibile leggere un resoconto ufficiale e scaricare il materiale ovvero una presentazione fatta (abbastanza di fretta) con PowerPoint e un PDF di domande e risposte.


Avrete fatto caso ad una leggera vena polemica... che volete che vi dica? Se lo Stato impiega un anno per realizzare e popolare un database fatto con "Microsoft Access", presentandolo come lo strumento fondamentale per governare "la transizione al digitale", la reazione è questa. Non voglio denigrare il lavoro altrui ma guardiamoci negli occhi, non penso che questo "elenco di trasmettitori" e relative caratteristiche sia lo strumento fondamentale per capire non si sa bene cosa. Peraltro, basta guardare i file di presentazione, c'è sempre l'impressione che il maggior lavoro l'abbia fatto l'ufficio complicazioni affari semplici: si parla di "frequenze" distiguendo quelle "digitali" da quelle "analogiche" come se esistesse una differenza fisica fra un uso analogico ed un uso digitale! Cosa ci importa di sapere dove sono le migliaia di trasmettitori (circa 8000) usati fino ad oggi per trasmettere un segnale analogico? Invece di imporre a tavolino un piano come si è tentato di fare nel 2003 è stata fatta una foto che ovviamente sarà già cambiata perchè proprio in questo momento qualcuno avrà già trasformato (per fortuna) la "sua" frequenza in "digitale". Ovviamente il database potrà essere aggiornato in tempo reale, ma allora la sua funzione di studio qual'è? E siamo sicuri che potrà avvenire lo scambio di dati in maniera trasparente con il database europeo? Temiamo proprio di no, altrimenti si poteva usare un gestore opensource.

Tutto appare italianamente tirato un po via, come gestito da un ufficietto di provincia, un po come la presentazione in cui, alla faccia di Renzo Arbore, ancora si scrive "standards" invece di "standard" e si inseriscono inspiegabili foto satellitari prese da Google Maps pure ruotate di 90 gradi!

La pagina di presentazione dell'iniziativa si conclude con il solito richiamo alla scarsità delle frequenze di cui si dice esserci grande richiesta: In realtà lo stesso Presidente dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni Corrado Calabrò ha appena sottolineato ( http://today.reuters.it/news/newsArticle.aspx?type=internetNews&storyID=2007-06-04T152327Z_01_L04286021_RTRIDST_0_OITIN-TV-DIGITALE-CALABRO.XML ) come nonostante sia praticamente in atto la gara di assegnazione NON DELLE FREQUENZE ma del 40 % DELLA BANDA DIGITALE a disposizione, non sembrano esserci file per accaparrarsela, non c'è "effervescenza" nella produzione di contenuti... A pensarci bene perchè i "produttori di contenuti", che oggi sono società come Endemol, dovrebbero essere interessate a creare e pagare una capacità di trasmissione accesa 365 giorni l'anno? Forse non si è accorto nessuno che la legge praticamente favorisce la nascita di un "terzo anello" della catena, gli acquirenti del 40% che necessariamente non possono essere i "produttori di contenuti", i quali sono interesessati, appunto, a produrre e vendere i loro contenuti, non a "gestire un palinsesto".
C'è tempo fino a luglio di questo anno. Chissà se il Ministro avrà, all'epoca, la correttezza di ammettere che mettere a dispozione un'autostrada (a pagamento) non significa vedere milioni di italiani festanti percorrerla ringraziando il centrosinistra: mancano le macchine, cioè gli imprenditori che hanno voglia (o possibilità) di fare televisione, cioè palinsesto, non semplicemente programmi.

Teoria e tecnica della Comunicazione


Proprio ieri sera, nel sempre accattivante format di G. Minoli, si parlava di televisione e il ministro Gentiloni ha dato modo di riflettere su come "una certa sinistra" sia rimasta veramente indietro sul piano teorico della comunicazione. Eppure il servizio era stato chiaro, ma andiamo con ordine.

Si parlava di televisione, in particolare dell'ascesa di Murdoch come tycoon multimediale (nel senso proprio del termine). Più in particolare, una parte del servizio sull'ascesa di Fox Corporation era riservato non al "potere della televisione" (che non esiste) ma al puntuale potere di specifiche tecniche psicologiche di persuasione, quella che in parole povere si chiama "propaganda" ovvero quella strategia che con l'uso di particolari parole, particolari immagini, particolari temi e particolari modi di porgerli è in grado, anche senza l'uso della televisione, di influenzare l'opinione e quindi forse la reazione del pubblico. Nessuna novità, quindi, per chi è appena smaliziato nello studio oppure nella storia: ai tempi del fascismo, pur senza televisione, la propaganda funzionava lo stesso, con le stesse tecniche e con gli stessi risultati.

Quello che stupisce è che al ritorno in studio il ministro abbia commesso un paio di errori dal mio punto di vista imperdonabili (per il ministro della comunicazione): ha confuso il potere della "propaganda" con "la televisione" in senso generico, e già questo comporta il "si presenti al prossimo appello" ma ha pure sostenuto che in Italia il TG di R4 è fatto nello stesso modo! E se non è ottusità questa...

Ricevitore DVB-T con HDMI ma senza mhp (è MHEG5)

Si sente la mancanza, non tanto per particolari innovazioni nell'uso ma perchè è deprimente avere un TV LCD con risoluzione a 720 linee e poi collegarci una sorgente in videocomposito, di un ricevitore digitale terrestre con uscita video digitale (HDMI o DVI) ed un circuito che "amplifichi" le circa 500 linee standard della televisione PAL (i cui "numeri" sono ancora rispettati pur nel dominio digitale...) portandole almeno a 720. In questo modo l'immagine potrebbe essere molto migliore di quella attualmente visibile su uno schermo piatto, sempre a patto che il circuito di "upscaling" interno al ricevitore sia di qualità decorosa.
E' sul mercato, a prezzi stracciati, da qualche giorno il Goodman GDB15HD ma si tratta di un prodotto spiccatamente destinato al mercato inglese, infatti non incorpora il gestore "mhp" ma il meno noto, e meno performante, MHEG5 tipico dell'Inghilterra e della sua "piattaforma Freeview".
Sostanzialmente, quindi, non siamo interessati direttamente a questo prodotto ma al concetto che c'è dietro: un ricevitore interattivo mhp, con upscaling e uscita digitale. Se poi avesse anche una presa ethernet, un firmware upgradabile e un decompressore AVC o MPEG4 saremmo veramente soddisfatti...